La Russia cerca una base navale nel Mediterraneo. Dopo la caduta di Assad in Siria, Mosca è stata costretta ad abbandonare la struttura navale di Tartus e la base aerea di Hmeymim, a sud-est di Latakia. Due asset strategici per le operazioni russe in Africa, fungendo da centri logistici per il supporto delle campagne militari nel Continente Nero. E adesso Putin cosa farà? Dove andrà per trovare nuovi sbocchi sul Mediterraneo? Sono le domande che tutti gli osservatori si pongono e che si intrecciano con il complesso panorama geopolitico non solo mediorientale.
Mentre l’Occidente cerca di capire fino a che punto i ribelli siriani che hanno destituito Assad siano terroristi (appellativo sul quale non dovrebbero esserci dubbi), la Russia ragiona in termini strategici e militari. Secondo alcune fonti Mosca sarebbe addirittura vicina a un accordo con la nuova leadership siriana per mantenere la sua presenza militare presso il porto navale di Tartus e la base aerea di Hmeymim. Ma le varianti in campo rispetto a questa ipotesi sono numerose. Intanto la volontà di al Jolani, ex esponente di Jabhat al Nusra, proxy di al Qaeda, e oggi leader del gruppo ribelle Hayat Tahrir al Sham (HTS) che ha di fatto conquistato la Siria, occupato a fornire all’Occidente un’immagine ‘ripulita’, mostrandosi moderato e distante dalle ideologie del gruppo terroristico. Ma la storia insegna che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Quindi, eventualmente, Putin dovrebbe relazionarsi con questo personaggio che potrebbe sempre contestargli il fatto di avere offerto asilo e riparo ad Assad. Capiremo cosa succederà e se Mosca riuscirà a trovare un accordo. Nel frattempo, le navi e gli aerei russi stanno lasciando le basi di Tarturs e Hmeymim. Mentre il leader di HTS, alla presenza di una delegazione turca, avrebbe incontrato privatamente a Damasco funzionari americani e francesi per discutere il futuro della Siria.
La Russia cerca uno sbocco nel Mediterraneo e punta alla Libia
Il primo Paese in cui la Russia pensa di stabilire basi logistiche per navi e aerei è la Libia. Un luogo in cui è già presente e dove ha un alleato: il generale Khalifa Haftar padrone della Cirenaica. La ricerca va avanti da tempo, e la crisi in Siria ha forse reso più impellente l’impegno. Infatti, analizzando le mosse della Russia, la necessità di diversificare l’accesso al Mediterraneo era già sentita da oltre un anno.
A settembre 2023, a Bengasi si, sarebbe svolto un incontro tra il viceministro della Difesa russo, Yunus-bek Yevkurov, e Haftar. Erano i giorni immediatamente successivi all’alluvione di Derna, che ha causato migliaia di morti, e Mosca si è offerta di inviare “tutto il sostegno necessario alle città e alle regioni colpite”. Ma l’incontro, come accaduto un mese prima, ad agosto, si sarebbe concentrato proprio sulla possibilità di accesso della flotta russa nei porti di Bengasi e Tobruk. Un incontro sfociato, nel giugno di quest’anno, nella visita in Libia delle navi della flotta russa, l’incrociatore Fariaj e la fregata Ammiraglio Shabashnikov, aprendo di fatto alla possibilità, indotta da Putin, di ottenere uno “scalo” sicuro nel Paese nordafricano.
Ma Haftar non gestisce tutta la Libia. Sono note le divisioni all’interno del Paese che vedono contrapposti due governi, quello di Tripoli e appunto quello di Bengasi, in una lotta per il potere che ancora non trova soluzioni. Nonostante i numerosi tentativi occidentali di stabilizzare il Paese, la situazione è ancora estremamente frammentata.
Va detto che Haftar, secondo fonti locali di Ofcs report, starebbe lavorando per ampliare la sua rete di appoggi all’interno del Paese offrendo condizioni economiche molto allettanti a imprenditori e lavoratori libici che decidono di trasferirsi nella sua aerea di competenza. Una sorta di moral suasion che esclude l’uso delle armi. Questo anche per mostrare all’Occidente un’altra faccia. L’operazione sarebbe ben vista anche da Saif Gheddafi, il figlio del defunto Rais, che nonostante sia nel mirino dell’Occidente pare alquanto amato in patria. Contraddizione che forse sfugge agli attori internazionali che vorrebbero stabilizzare la Libia e che potrebbe anche essere una delle tante motivazioni alla base del caos libico.
Tornando ad Haftar, potrebbe non essere un buon alleato per Putin. Intanto, come detto, perché non gestisce tutta la Libia e quindi avrebbe qualche problema a stipulare accordi legali lunghi e duraturi, sul modello siriano. E comunque Tobruk a livello strutturale non sarebbe in condizioni ottimali. La Russia potrebbe comunque usarlo facendo di necessità virtù, oppure investendo nella realizzazione di infrastrutture adeguate. Ma non solo. Haftar dovrebbe dare i conti anche con le possibili pressioni che arriverebbero da potenze straniere (tra le altre Usa, Francia e anche Italia) che non vedrebbero di buon occhio l’ulteriore espansionismo della Russia nell’area, dove già i miliziani della Legione Wagner sono presenti numerosi. Un accordo del genere sicuramente genererebbe tensioni con Europa e Stati Uniti.
Putin, dunque, potrebbe guardare altrove. Magari in Sudan, che però non è affidabile a causa di una guerra civile lacerante. Da scartare anche Egitto e Algeria che pare non siano interessati a stringere legami così intimi con la Russia.
A riguardo, interessante l’analisi di Meduza relativa alle basi aeree. “Potrebbero esserci ancora meno opzioni per le basi aeree che per quelle navali. La Russia è circondata da stati ostili – spiega un esperto contattato dal sito di informazione russa con sede in Lettonia – L’Iran una volta si è rifiutato di affittare una base aerea alla Russia, anche durante la fase attiva della guerra in Siria. L’istituzione di una base aerea richiede il controllo del territorio reale, ha detto Mark Galeotti al servizio russo di Deutsche Welle. Ovunque vadano – Libia, Mali, Sudan – non avranno la stessa situazione che avevano in Siria”.
La Russia in crisi economica?
L’impegno della Russia in Ucraina avrebbe prodotto una serie di problemi per l’economia del Paese. L’economia russa sarebbe in grave crisi a causa delle spese belliche e della diminuzione delle riserve. Bloomberg Economics prevede un rallentamento della crescita economica russa all’1% per l’anno prossimo da un 3,1% stimato nel 2024. Anche il Fondo Monetario Internazionale vede un forte calo, all’1,3% l’anno prossimo, trainato da consumi e investimenti più deboli del settore privato. La Russia, dunque, starebbe entrando in una “economia di guerra”, non in grado di bilanciare le spese militari con le esigenze sociali.
In base ad una recente analisi sempre di Meduza, le politiche interne, oltre alle sanzioni occidentali, stanno influenzando negativamente l’economia russa creando un ambiente economico instabile e imprevedibile. Inflazione in aumento, debolezza del rublo, carenza di manodopera e incertezza economica per il 2025, disegnano un quadro non roseo per il Paese. A questo, ovviamente, va aggiunto lo sforzo profuso in Ucraina che avrebbe ridotto al minimo le risorse di armamenti, seppur potendo contare su una sorta di “riconversione industriale”, a livello nazionale, in chiave bellica.
Questi dati potrebbe essere utile a comprendere le difficoltà che potrebbe avere Putin nella ricerca di una base navale ad esempio in Libia. Il porto di Torbuk, infatti, sarebbe un’alternativa a Tartus (non è chiaro quanto valida), ma lo Zar potrebbe garantire sostegno da Haftar in caso di bisogno, anche a livello economico? Domande che riecheggiano tra analisti e osservatori che guardano alle mosse della Russia in cerca di uno sbocco per arrivare in Africa e sfruttarne le risorse e non solo.