La popolarità di Abu Mazen in calo da nuova linfa per Hamas. Secondo i dati rilevati da un sondaggio condotto dal dottor Khalil Shkaki per conto dell’Istituto PCPSR, il Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah, pubblicato questa settimana, Abu Mazen dovrebbe essere più preoccupato per il suo status che per quello dell’Autorità nazionale palestinese.
I risultati della ricerca, infatti, hanno rilevato che quasi l’80% dei palestinesi invoca le dimissioni di Abu Mazen, mentre Hamas guadagna l’80% di consensi soprattutto in relazione alla credibilità dell’opposizione violenta a Israele.
Inoltre, quasi il 60% vede l’ANP unicamente come un peso per i palestinesi e oltre il 60% ritiene la soluzione dei due Stati come una soluzione irrealizzabile.
Un ulteriore dato, di per sé positivo, è fornito dalla fiducia nell’opposizione armata contro lo Stato ebraico ritenuta plausibile e sostenuta dal 48% delle persone interpellate a fronte del 60% di un analogo sondaggio condotto nel mese di giugno 2021.
Abu Mazen all’Onu: “Israele deve ritirarsi”
A fronte dei dati riportati, l’atteggiamento di Abu Mazen durante il suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu è apparso contenere un cambio di direzione rispetto alle precedenti aperture nella politica con Israele.
Per il presidente dell’ANP, infatti, “Israele ha un anno per ritirarsi ai confini del ’67 e se non lo farà ci rivolgeremo alla Corte internazionale di giustizia per quanto riguarda la legalità dell’occupazione della terra palestinese”. Stante la dichiarazione, Abu Mazen ha proseguito avvisando che “l’occupazione della terra araba da parte di Israele è stata troppo lunga, è ora di farla finita”.
La dichiarazione del leader dell’ANP prescinde, comunque, da un errore storico. Non ci furono delimitazioni di confini nel 1967. Si trattava di una linea di cessate il fuoco risalente al 1949, ovvero quella tracciata alla fine della guerra dell’indipendenza iniziata nel 1948 tra Israele e la Giordania e che i palestinesi chiamano “confini”, in una sorta di auto convincimento dell’esistenza di linee confinarie tra Israele e la Palestina, in realtà mai esistite.
Nuove unità per l’Idf per fronteggiare eventuali offensive
Mentre il ministro della Difesa israeliana, Binyamin Gantz, già nel mese di agosto aveva sottolineato l’alto rischio di nuove azioni offensive da Gaza e le attività di Hamas, in accordo con Hezbollah, per creare nuove infrastrutture terroristiche anche nel sud del Libano, la Jihad islamica e lo stesso Hamas hanno strutturato piani per il rapimento di civili e soldati israeliani allo scopo di ottenere nuova merce di scambio con Israele. Per questo sarebbero state create nuove unità di miliziani e individuate le strutture di prigionia e le vie di fuga per il trasferimento degli ostaggi.
Hamas, inoltre, avrebbe aumentato la sua dotazione di droni e batterie lanciamissili con il fondamentale arrivo di nuovi fondi e materiali giunti “misteriosamente”, ma non troppo, dall’Iran.
Le batterie, in particolare, sarebbero state montate e rese mimetiche nella zona di Khan Younis, prediletta per l’estrema vicinanza agli insediamenti ebraici oltre il confine.
Per contrastare le minacce sempre meno latenti, soprattutto ai confini nord del Paese, l’IDF ha creato una forza di riserva di emergenza per rintuzzare nell’immediatezza le potenziali incursioni terroristiche.
Centinaia di veterani sono stati reclutati nella nuova unità di pronto intervento che trae spunto dal modello della forza antiterrorismo LOTAR stanziata ad Eilat, istituita per offrire un’ampia capacità di risposta rapida nella località turistica nel sud di Israele.
Lo stanziamento delle nuove unità aumenterebbero in maniera esponenziale le capacità di risposta dell’Idf a qualsiasi tentativo di infiltrazione in territorio israeliano anche in virtù dell’estrema capillarità delle basi individuate per i nuovi reparti.
Lo Shin Bet in azione contro la cyber jihad di Hamas
Un’altra insidiosa attività, sventata dallo Shin Bet in collaborazione con la Cyber unit 8200, è quella relativa agli attacchi informatici di Hamas lanciati con l’obiettivo di infettare i telefoni cellulari dei soldati IDF attraverso i social media.
Sono stati infatti innumerevoli i tentativi di Hamas di “infettare” gli smart phone dei militari tramite i social network sollecitando il download di applicazioni dannose.
L’IDF, in collaborazione con l’ISA, ha contrastato con successo l’infrastruttura dei server dell’organizzazione terroristica che cercava di raccogliere informazioni con l’utilizzo di appositi troyan.
Già nel 2020 il dipartimento di intelligence aveva identificato sei diverse identità utilizzate dalla cyber unità di Hamas per raggiungere i soldati con un’operazione denominata “Ricochet”. Si trattava di account intestati a”Sarah Orlova, Maria Jacobova, Eden Ben Ezra, Noa Danon, Yael Azoulay e Rebecca Aboxis”, presentatisi come “nuovi immigrati in Israele” e giustificando così la loro mancanza di conoscenza della lingua ebraica.
Nell’operazione, l’IDF aveva identificato tre applicazioni “Catch&See”, “ZatuApp”, “GrixyApp”, utilizzate da Hamas.