Ancora una volta per un soffio, sempre grazie a una manciata di voti, anche se un po’ più del previsto, Theresa May e la sua tiratissima maggioranza ai Comuni riescono a salvare il salvabile di fronte all’esame di uno dei primissimi provvedimenti “hard” della costruenda Brexit.
La cancellazione dello storico European Communities Act che, nel 1972, sancì la potestà della Comunità Europea a legiferare nel territori di Sua Maestà è, quindi, dalla mezzanotte di ieri, operativo. Grazie a una complessa legge quadro, infatti, l’attuale corpus normativo dell’Unione europea che ammonta a circa 20000 atti verrà sottoposto a un attento vaglio per poi decidere, tra i tanti, quali assorbire nella legislazione britannica e quali, invece, abrogare ed espellere dall’ordinamento.
Passate di nuovo le forche caudine di Westminster e scongiurato così un pericoloso vuoto legislativo ora la May dovrà riaffrontare lo scivoloso e frammentato panorama interno del Regno Unito, sempre più spaccato da spinte centrifughe. Alla Scozia, ormai da anni in procinto di abbandonare l’Unione che dal lontano settecento la lega obtorto collo a Londra si è ora unito anche il Galles guidato da un governo laburista. Senza una legislazione certa e garanzie di una sicura autonomia i due dei quattro “stati” che compongono il Regno Unito saranno di nuovo in prima fila per distaccarsi e nonostante il risultato elettorale più deludente della recente storia del Partito Conservatore britannico la May non appare preoccupata. Anzi, fa trapelare, riesumando la gloriosa e tagliente frase di Margareth Thatcher “la lady non torna indietro” che intende addirittura ricandidarsi alle prossime elezioni generali del 2022 al motto “non sono una che lascia”.
Per ora, la tenuta del pur debole governo della premier al netto di questa lunga serie di improvvise dichiarazioni e con la fronda sempre più ampia che annida nel suo partito conservatore, non sembra in serio pericolo: con la Brexit si continuerà a tappe forzate, tra infinite mediazioni e trappole interne ed esterne. Rimane ora da comprendere se la premier riuscirà a strappare condizioni favorevoli a Bruxelles o se, come sembra, l’Europa continuerà con i niet che, giocoforza, presteranno il fianco all’ennesima riesumazione degli aforismi thatcheriani, coniati per Michail Gorbaciov, e, all’occorrenza, riutilizzabili per Jean-Claude Junker, il più temibile avversario in circolazione dell’attuale inquilina di Downing Street.