L’ennesimo misterioso incendio si è sviluppato nella giornata di ieri all’interno di un impianto petrolchimico iraniano. Questa volta ad essere colpito è stato lo stabilimento di Tondgooyan a Mahshahr, a sud-ovest dell’Iran, teatro del secondo “incidente” negli ultimi dieci giorni. Un colpo non indifferente alle capacità produttive iraniane in tema di approvvigionamento di risorse per uso interno e per la loro commercializzazione verso Paesi compiacenti e complici delle continue violazioni del Regime degli ayatollah alle misure sanzionatorie adottate dalle organizzazioni internazionali.
Oltre a questo, l’ennesimo presunto attacco alle infrastrutture dell’industria iraniana ha decisamente minato il morale dell’establishment impegnato nel continuo sforzo di rincorsa allo sviluppo del Paese e della ricerca sul nucleare.
La nuova fase del tentativo di munirsi di ordigni nucleari da parte iraniana era iniziata nel dicembre 2019 con la riattivazione del reattore ad acqua pesante di Arak, danneggiato da un’altra misteriosa esplosione nel 2008, in grado di produrre plutonio da destinarsi a scopi militari.
Al pari di Arak, nel giugno 2010 un attacco informatico attuato col virus Stuxnet, ideato da israeliani e americani, danneggiò l’intera rete informatica di gestione delle centrifughe di Natanz. In seguito, a gennaio del 2013, un attentato condotto con esplosivi rese inservibili numerose centrifughe dell’impianto di ricerca e proliferazione di Fordow.
L’incidente di Natanz
Ma il più grave “sabotaggio” condotto contro i piani di armamento iraniani è stato condotto Natanz il 2 luglio scorso, con conseguenze pressoché catastrofiche. A parere di alcune fonti della sicurezza israeliana, precedentemente all’ultima esplosione a Natanz, avvenuta nelle sede dell’ICAC – Iran Centrifuge Assembly Center, l’Iran era vicino alla soglia della produzione di 25 chilogrammi di uranio arricchito al 90%, sufficienti all’assemblaggio di un singolo ordigno nucleare.
Le immagini satellitari ad alta risoluzione del 4 e 5 luglio scorso, mostrano che l’Iran Centrifuge Assembly Center (ICAC) nel sito di arricchimento di Natanz ha subito danni significativi, estesi e probabilmente irreparabili. Questa nuova struttura era stata inaugurata nel 2018 ed era ritenuta fondamentale per la produzione in serie delle centrifughe avanzate IR-2m, IR-4 e IR-6 e, in particolare, per l’assemblaggio di gruppi di rotori. In uno degli edifici del complesso, inoltre, si svolgeva l’assemblaggio dei componenti elettrici delle centrifughe, compresi i motori.
L’esplosione ha rappresentato una significativa battuta d’arresto per i piani e la capacità dell’Iran di produrre in serie centrifughe avanzate
Le reazioni di Teheran
In una conferenza stampa convocata lo scorso 7 luglio, il portavoce del governo Ali Raibiei ha dichiarato che l’Iran è in attesa dei rapporti finali del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano per determinare la causa delle ripetute esplosioni, avvertendo Israele che qualsiasi danno alle strutture nucleari dell’Iran rappresentava una decisa escalation contro l’Iran e ha affermato che l’incidente nella struttura di Natanz non ha influito sul processo di arricchimento.
L’asse del male
Negli ultimi mesi, la minaccia contro Israele è aumentata a causa dell ‘”asse del male” che l’Iran sta intessendo con Hezbollah, Hamas ed i congrui finanziamenti ai gruppi terroristici operanti in Iraq, Gaza e Libano meridionale. Secondo alti funzionari della sicurezza dello Stato ebraico, l’assassinio del generale Qassem Suleimani ha rappresentato un risultato importante, ma non fondamentale nel fermare il regime di Teheran nei suoi sforzi volti ad ottenere l’egemonia politica e territoriale in Medio Oriente.
In parallelo alla corsa al nucleare, l’Iran prosegue nel suo rafforzamento della presenza in Siria dove ha condotto un rischieramento delle forze in campo con l’invio di nuovi contingenti di Pasdaran e di batterie antimissile.
Israele non ha confermato la responsabilità di nessuna delle misteriose esplosioni avvenute in Iran nelle scorse settimane, pur non negandone la paternità, ma gli incidenti hanno inciso in modo deleterio sui servizi di intelligence iraniani e sulla stessa popolazione.
In contemporanea alla politica, aggressiva solo a parole, contro Israele, l’Iran attende con fiducia l’esito delle prossime consultazioni presidenziali americane, confidando nella sconfitta di Donald Trump a favore di Joe Biden considerato più disponibile ad un deciso ammorbidimento delle sanzione contro il regime degli ayatollah e magari ad un ritorno al tavolo delle consultazione per un nuovo accordo sul nucleare. La leadership iraniana teme, infatti, che qualsiasi attacco perpetrato in danno di obiettivi americani o israeliani darà al presidente Trump la possibilità di colpire duramente l’Iran per stabilizzare il consenso elettorale.
Le minacce “delegate” a Hezbollah
Sullo sfondo, comunque, in Iraq si continuano a esercitare pressioni sull’esercito americano per il ritiro dal territorio. Le milizie filo iraniane “Al-Hashad al-Sha’abi” continuano ad attaccare obiettivi statunitensi in Iraq, mentre il noto analista iracheno Hisham Al-Hashmi è stato assassinato da un commando presumibilmente composto da sicari del Vevak, dopo aver criticato i miliziani sciiti appellandoli come “fuorilegge e terroristi” nella sua ultima intervista rilasciata al canale “Elhoreh”.
In un video diffuso di recente dalla tv Al Manar, il leader sciita Hassan Nasrallah afferma che Hezbollah è in grado di colpire, con l’immancabile aiuto di Allah, la città di Tel Aviv e qualsiasi altra località della “Palestina occupata”.
A seguito delle dichiarazioni bellicose di Nasrallah, un alto funzionario libanese teme che Israele sia in procinto di colpire la centrale missilistica dei terroristi di Hezbollah, in fase di deciso rafforzamento e ritenuta una “spada di Damocle” per la sicurezza di Israele. Lo stesso funzionario ha dichiarato che la guerra sotterranea tra Israele e l’Iran si intensificherà nei prossimi mesi, ma non raggiungerà livelli di guerra regionale. Sempre secondo esponente libanese, l’Iran e Hezbollah tenteranno di colpire Israele in maniera non ortodossa attraverso attacchi terroristici su obiettivi sensibili, come già tentato con il recente piano del Vevak (il servizio segreto iraniano), sventato dal Mossad, di colpire le ambasciate israeliane in Europa.