La Crimea tra corsi e ricorsi storici
«[…] il fasto e l’ostentazione delle proprie armature costose, non era priva di effetto ed uso nel generare un eccitante terrore, … si presentava in modo fiammeggiante alla vista, … tanto che non voleva costringerli in una battaglia da cui volevano fuggire, e dovette rimanere fermo e resistere come meglio poteva, sotto lo sguardo dei barbari che lo insultavano con spacconate e risate.»
Il brano non descrive i carri e più in generale i soldati russi dei primi giorni dell’invasione della Ucraina, ma è la descrizione di Plutarco dei carri di Mitridate, un altro sovrano che tentò, come lo zar, una politica espansionistica nell’area del Mar Nero. Il re del Ponto, Mitridate VI, era convinto, infatti, che i Romani non fossero invincibili e sperava, per questo motivo, di creare un grande regno asiatico che potesse contrastare la crescente egemonia romana nel bacino del Mediterraneo convincendolo a condurre una nuova politica espansionistica. Questa vicenda storica ha, incredibilmente, numerose analogie con i fatti di cronaca di questi giorni, che derivano dalla speranza di un altro capo di stato di creare un grande regno asiatico che potesse contrastare la crescente egemonia di paesi democratici nel bacino del Mediterraneo.
Analogamente a Mitridate, che costrinse il sovrano della Bitinia a richiedere l’intervento dell'”alleato” romano in almeno tre circostanze, anche lo zar dei nostri giorni ha costretto la Georgia e l’Ucraina, due volte rispettivamente nel 2014 e in questi giorni, a chiedere aiuto alla Nato.
In occasione dell’ultimo incontro ravvicinato con le legioni romane, comandate in quell’occasione da Lucio Cornelio Silla, Mitridate mise in capo un’armata gigantesca, composta da circa 300.000 armati: il doppio di quella di Putin. Fortunatamente, sia Mitridate che Putin fecero male i conti con le loro capacità logistiche affamando i propri soldati, contrariamente a Silla.
Non dimentichiamo che, morto Mitridate, Pompeo, riuscì a garantire il limes orientale solo dopo aver portato a termine la guerra contro gli arabi Nabatei della città di Petra, il cui re si chiamava Areta III, e aver restituito Damasco agli Arabi, che giunsero a controllare così tutte le vie d’accesso alla Siria sul lato orientale. Inoltre, nei secoli successivi fino a Traiano, il regno d’Armenia costituirà sempre il punto cruciale in Oriente.
L’aspetto più interessante dell’opera di Pompeo, oltre che distruggere Mitridate nel 63 a.C. e battere Tigrane il grande, re di Armenia, è stato quello di imporre una riorganizzazione generale ai re delle nuove province orientali, tenendo intelligentemente conto dei fattori geografici e politici connessi alla creazione di una nuova frontiera di Roma in oriente.
Giovambattista Vico aveva chiarito come il cammino dell’umanità passi dal senso alla fantasia e alla ragione e poi, corrompendosi, ricada in basso, nello stato selvaggio, per riprendere di nuovo il processo ascensivo e iniziare il ricorso della civiltà.