Kosovo: 22 anni dopo la guerra, KFOR ancora indispensabile. E Guerini annuncia l’aumento della presenza italiana.
“Gli ultimi attacchi al nostro monastero risalgono nel 2016”, afferma l’elettrico priore del Monastero di Decani della Chiesa serba ortodossa (leggi Deciani) padre Sava, montenegrino d’origine ma da anni riferimento spirituale (e umano) delle comunità serbe del nord-ovest del Kosovo.
In un inglese fluente, il Padre ripercorre le traversie dei kossovari di origine serba: il dopoguerra difficile, la campagna anti ortodossa del 2005 e ancora questo ultimo episodio che, però, avrebbe pochi riscontri.
In effetti, il Monastero di Decani è da due decadi sotto la tutela del contingente italiano di KFOR – Regional Command West che, oltre alla sicurezza del luogo, ne ha garantito parte del restauro, assicurandone altresì la tutela dei preziosissimi affreschi, unici nel loro genere. Sono gli stessi monaci a rammentare – con velato orgoglio – che solo a Decani è raffigurato un Cristo con la spada: “spada che taglia i peccati” spiegano.
Le parole di Padre Sava, dunque, per quanto profonde vanno prese con le “molle”: proprio perché, a 22 anni dalla fine della guerra, manca una completa integrazione, ciascuna “parte” difende la sua “versione” dei fatti.
Quel che, tuttavia, non sfugge all’occhio è il nazionalismo kossovaro-albanese che si manifesta con toponimi serbi cancellati (Peja è il termine più usato, Pec è serbo e si usa meno), con lastre di pietra che commemorano i caduti in ogni angolo della Rugova e con il maestoso monumento ai caduti dell’ Ushtria Çlirimtare e Kosovës in rr ( Rruga, via, ndr) Toni Bleri nel centro del capoluogo.
Sono proprio i monumenti ai morti che “spiegano” ai vivi quanto lunga sia ancora la strada non tanto per la pacificazione, semmai per una piena comprensione delle due comunità kosovare, serba ed albanese.
E forse è anche questo il motivo per il quale il contingente italiano di KFOR è aumentato. Il 10 ottobre, al termine della cerimonia a Pristina, che ha visto il Generale di Divisione Angelo Ristuccia investito dell’incarico di nuovo ComKFOR (Comandante di KFOR), il Ministro della Difesa (uscente) Lorenzo Guerini, ha annunciato che il numero di militari italiani di KFOR è salito a 715 unità, per un totale di 3762 fra uomini e donne in uniforme da 27 nazioni.
Guerini, che prima di abbandonare la capitale kosovara ha ringraziato l’impegno del personale militare italiano, rammenta l’importanza di una Missione attiva dal 1999 ed oggi quanto mai attuale specie, aggiungiamo noi, da quando gli attriti tra Belgrado e l’autorità kosovare sono riprese… per ragioni di fatto non di particolare rilievo come targhe e valichi.
Agli affari esteri ed alle criticità inter etniche, un alto tasso di disoccupazione ed un fragile tessuto industriale rendono il Kosovo la nazione più debole economicamente e socialmente dell’intera Penisola balcanica. Problemi che ne minano sviluppo e, potenzialmente, la stabilità. Altro valido motivo per proseguire la Missione NATO.