In Kazakhstan il clima diventa rovente a causa delle proteste che stanno dilagando in questi giorni. I cittadini si ribellano all’aumento indiscriminato dei costi energetici in vigore dal primo gennaio e stanno mettendo a ferro e fuoco varie zone del Paese, fronteggiando con violenza le forze di polizia che hanno impedito loro di manifestare.
I cortei sono iniziati il 2 gennaio in maniera pacifica nella città di Zhanaozen, nella regione di Mangghystau, precisamente nei villaggi di Akshukur e Kuryk. I dimostranti si sono presentati presso gli uffici governativi del ministero dell’Energia, dove hanno invitato il governatore della regione, Nurlan Nogayev, e l’akim (sindaco) della città, Maksat Ibagarov, a dare spiegazioni in merito al contestato aumento del gas liquefatto da parte del governo centrale.
Pare che proprio il gas sia aumentato senza ragione apparente fino a 120 tenge (circa 0,24 euro), in valuta kazakha. Gli insorti chiedono di calmierarlo almeno a 50 tenge, relazionandolo al salario minimo pro-capite, e facendo sì che esso sia sempre disponibile. Ma i rappresentanti locali, assistiti dalle forze dell’ordine, si sono rivolti ai dimostranti in maniera brusca, riferendo loro che qualunque manifestazione non autorizzata doveva cessare immediatamente e che qualsiasi lamentela doveva essere presentata attraverso i canali istituzionali. I manifestanti, circa un migliaio, si sono riversati allora per le strade, bloccando le principali arterie della zona.
In breve tempo la solidarietà verso gli abitanti di Zhanaozen si è sparsa a macchia d’olio in tutto il paese, dando vita a nuove manifestazioni in numerosi centri abitati.
Intanto, le comunicazioni via internet vengono soppresse o rallentate a causa degli scontri.
A partire dal 3 gennaio è la volta della regione di Atyrau, nelle cittadine di Kulsary, distretto di Zhylyoi e nel villaggio di Orlik, distretto di Indersky. Nelle piazze Isatay e Makhambet gli attivisti locali, Maks Bokaev e Alibek Musauly hanno guidato le marce di protesta, forti di centinaia di persone. La motivazione delle proteste si è allargata, portando a gran voce all’attenzione degli amministratori locali la grave e disastrosa situazione non solo del prezzo del gas ma anche dei generi alimentari, della benzina, dei materiali da costruzione e dei servizi pubblici. Il tenore delle famiglie a basso reddito sta sempre più peggiorando, ed aumenta il divario sociale tra gli amministratori pubblici che guadagnano fortune in confronto ai lavori più umili dove si portano a casa a malapena 60 mila tenge. Il livello di disoccupazione è allarmante, tenuto anche conto che gli abitanti della zona non hanno delle corsie preferenziali per essere assunte presso il mega insediamento petrolifero di Tengiz (il secondo più grande del paese). La polizia ha reagito prelevando di peso i leaders dei tumulti e disperdendo la folla.
Per solidarietà a Mangghystau, centinaia di operai presso il centro petrolifero di Tengiz ha incrociato le braccia astenendosi dal lavoro e improvvisando dei sit-in in fabbrica.
La situazione nelle regioni di Mangghystau e Atyrau diventa sempre più rovente. I manifestanti continuano ad aumentare bloccando tutti i centri nevralgici della zona e gli scontri con la polizia proseguono con sempre più violenza. Molti manifestanti vengono arrestati. Le piazze centrali di Isatay e Makhambet vengono invase da oltre cinquemila persone intonando i cori “Shal ket” e “Baғa arzandasyn”. Si uniscono alla marcia di protesta anche i cittadini del vicino villaggio di Koktogay e di Kurmangazy, così come i residenti della città di Kulsary. Intanto, i manifestanti del villaggio di Dossor nella regione di Makat hanno chiuso le autostrade Atyrau – Kulsary, Atyrau – Aktobe che passano dalla zona.
Gli amministratori locali finalmente intervengono per cercare di calmare gli animi e acconsentendo al rilascio delle persone arrestate in precedenza.
La situazione è grave e il presidente del Kazakhstan, Kassym-Zhomart Tokayev, dichiara lo stato di emergenza a partire dal 5 fino al 19 gennaio. Il capo di stato si rivolge ai suoi compatrioti in un accorato video diffuso su Facebook dichiarando “… Il potere non cadrà, ma non abbiamo bisogno del conflitto, bensì della fiducia reciproca e del dialogo …”.
Le manifestazioni si allargano con più violenza anche in altre zone del paese. Ad Almaty, nella Piazza della Repubblica, la polizia ha usato granate stordenti e lacrimogeni contro i rivoltosi. La folla esasperata prende d’assalto le auto delle forze di sicurezza dandole alle fiamme e lanciando pietre, spranghe contro le persone in uniforme.
Intanto, l’aeroporto internazionale di Aktau verrà chiuso al traffico aereo e tutti i voli cancellati.
Inaspettatamente il presidente Kassym-Zhomart Tokayev annuncia l’intenzione di rassegnare le dimissioni del governo a partire dalla mattinata successiva.
Finalmente la situazione comincia a placarsi e a partire dalla regione di Aktobe, il governatore Askhat Shaharov, annuncia di acconsentire alle richieste formulate dai manifestanti rilasciando tutti i prigionieri e portando il prezzo del gas a 50 tenge.