E’ terrorismo. Commenta così il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, gli incendi che da quattro giorni stanno devastando il Nord di Israele. Più di 75mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Al momento non ci sono vittime o feriti gravi, ma 35 persone sono state soccorse dalle autoambulanze perché intossicate dalle inalazioni di fumo. Le zone più colpite sono quelle intorno a Gerusalemme, nella parte occidentale del paese: Haifa – terza città dello Stato ebraico – dove sono state distrutti più di 600 alloggi e Zichron Yaacov. Brucia il centro del paese vicino Modiin, dove si è reso necessario lo sgombero del villaggio di Neve Shalom. Fiamme anche in Cisgiordania, nei pressi dell’insediamento ebraico di Talmon.
Già nella giornata di mercoledì Netanyahu ha chiesto aiuto ai paesi vicini per fermare le devastazioni e all’appello hanno risposto, finora, Grecia, Croazia, Cipro, Italia e Turchia. Gli aerei giunti in Israele per aiutare nello spegnimento delle fiamme sono almeno dieci. Ieri, inoltre, il premier di Tel Aviv ha avuto un colloquio telefonico con il presidente russo, Vladimir Putin, chiedendo soccorso per una situazione ormai “critica”. La Russia ha promesso di inviare subito due aerei antincendi mentre dagli Stati Uniti, entro 24 ore, arriverà il Supertanker 747, un Boeing appositamente modificato per essere impiegato come aereo antincendio.
Aiuto immediato ad Israele è giunto anche da parte dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), che ha messo a disposizione quattro squadre antincendio per domare le fiamme. Il coordinatore delle attività di governo nei Territori ha così supervisionato la collaborazione tra i camion dei pompieri palestinesi e i vigili del fuoco dello Stato ebraico. Intanto, per le Forze di sicurezza israeliane (Idf) appare ormai evidente che l’ondata di incendi scoppiata nel paese non può essere riconducibile né alle condizioni atmosferiche né può avere origine casuale.
Nella serata di ieri, infatti, il ministro della Sicurezza di Tel Aviv, Gilad Erdan, ha stimato che circa il 50 per cento delle fiamme divampate in Israele potrebbe dipendere dalla mano dell’uomo. La minaccia terroristica, se confermata, non sarebbe una novità. “Una cosa è chiara – ha spiegato al quotidiano Jerusalem Post Boaz Ganor, fondatore e direttore dell’International Institute for Counter-Terrorism – questa non è una forma nuova di terrorismo. Incendi dolosi in boschi e aree abitate sono una tattica già nota a diversi gruppi terroristici, e non solo in Israele”.
“Ad esempio, il numero 9 della rivista in lingua inglese Inspire pubblicato nel 2012 (guida pratica per il terrorismo fai-da-te fondata dal carismatico sceicco di origine yemenita ma di nazionalità Usa Anwar al Awlaki) – ha continuato Ganor – esortava i propri seguaci a compiere attacchi incendiari”. La rivista indicava anche i materiali necessari per appiccare incendi boschivi e istruiva i terroristi a prestare attenzione a due fattori meteorologici nello specifico: la siccità e i venti forti.
Dello stesso parere anche il ministro della Cultura di Tel Aviv, Miri Regev: “Chiunque abbia occhi per vedere capisce che così tanti incendi in più luoghi diversi non possono avere natura spontanea”, ha dichiarato Regev. “Dobbiamo trovare i terroristi che stanno bruciando il nostro paese – ha aggiunto – e mettono in pericolo vite umane”. Più pragmatico il ministro dell’Interno, Aryeh Deri, che al margine della riunione di emergenza convocata nella giornata di ieri dal gabinetto di sicurezza del governo Netanyahu ha assicurato: “Nei limiti dei poteri di cui dispongo sto valutando la possibilità di privare i responsabili delle devastazioni della cittadinanza israeliana”.
Gli incendi scoppiati in questi giorni in Israele sono i peggiori dal 2010, quando le fiamme hanno divorato migliaia di ettari della foresta del Carmel, nel nord del paese, uccidendo 42 persone. La mobilitazione della comunità internazionale al tempo fu decisa per porre fine, dopo quattro giorni, al rogo più devastante che Israele abbia mai dovuto affrontare. Fino a questa mattina le persone arrestate sono almeno 12, tra cui un uomo di 24 anni.
Fermata dalla polizia anche una seconda persona, accusata di aver appiccato l’incendio che ha distrutto dieci abitazioni nel villaggio di Beit Meir, situato tra le colline di Gerusalemme, durante la notte. Secondo il sito di notizie locali Ynetnews sono loro i sospetti piromani che stanno consegnando ancora una volta alle fiamme lo Stato ebraico.