Il conflitto Israele-Gaza si rivela essere in realtà una guerra iraniana combattuta per procura. Con la tipica codardia palesata in più occasioni dal regime degli ayatollah, l’Iran si schiera dalla parte delle milizie terroriste che imperversano a Gaza e delega a loro l’opposizione al “nemico sionista”. E questo non solo in chiave di appoggio diplomatico, ma anche e soprattutto nell’organizzazione dell’apparato logistico ed in quello degli approvvigionamenti.
A tale proposito, mentre il diabolico ministro degli esteri iraniano Javad Zarif si è recato in visita a Damasco, almeno ufficialmente per “discutere degli sviluppi dell’aggressione israeliana a Gaza”, come per incanto sono comparsi alcuni leader di Hezbollah e Hamas che hanno partecipato attivamente alla visita del rappresentante diplomatico di Teheran.
La visita di Zarif in Siria coincide con l’escalation del conflitto israelo-palestinese che negli ultimi giorni ha visto innalzarsi il livello dello scontro non solo con l’utilizzo dei terroristi di Hamas/Jihad islamica di testate di fabbricazione iraniana lanciate contro gli insediamenti urbani ebraici, ma con una sollevazione all’interno dei confini dello Stato ebraico degli arabo-israeliani regolarmente integrati nel tessuto sociale. Una rivolta fomentata dai continui incitamenti alla sollevazione contro “gli occupanti israeliani” diffusi via etere e social media dalle varie entità filo-palestinesi.
Ma a margine dell’estensione dei combattimenti, è necessario approfondire la tematica dell’incredibile quantità e qualità degli armamenti utilizzati dai miliziani della Striscia di Gaza contro Israele.
Un stima approssimativa delle testate in possesso dei gruppi terroristici, ammonta a circa 180.000, tra quelli a breve e media gittata e con testate esplosive. A questi va aggiunta una quantità non nota di Uav e di batterie stanziali e mobili utilizzate per il lancio delle testate.
Hamas sta utilizzando questa enorme quantità di testate per compiere “attacchi a sciame” con batterie mobili attivate in contemporanea allo scopo di giungere alla saturazione delle batterie israeliane del sistema di intercettazione “Iron dome”, come verificatosi nei giorni scorsi quando la quantità di missili in arrivo sul territorio israeliano si è rivelata superiore alle capacità di abbattimento.
Ma questa spropositata quantità di armamenti non può essere stata accatastata dalle sole milizie di Gaza in autonomia, anche per gli alti costi di acquisto-trasporto e manutenzione. È noto, infatti, che dietro alla cosiddetta “resistenza palestinese” vi sia l’ombra del regime degli ayatollah che, incapace di affrontare in campo aperto le forze israeliane, ha preferito percorrere la via più vile, quella della guerra per procura.
I Pasdaran, i guardiani della rivoluzione, da anni addestrano i terroristi di Hezbollah in Libano e Siria e quelli di Gaza all’utilizzo di armamenti sempre più sofisticati e Teheran finanzia le spese di tutto l’apparato bellico di Hamas e della jihad islamica, dalle buffetterie (le uniformi) alle armi portatili al munizionamento.
A sostegno della tesi di un intervento indiretto dell’Iran, il segretario generale della Jihad islamica, Ziad al-Nakhaleh, il 16 febbraio 2020 ha dichiarato apertamente, durante un suo intervento alla tv di stato iraniana che per la supervisione e il trasferimento di armi, missili e tecnologie belliche a Gaza, l’incarico era stato affidato al defunto Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds dell’IRGC.
Del medesimo tenore le rivelazioni di Ahmad Abdolhadi, rappresentante di Hamas in Libano e quelle di un alto funzionario della Jihad islamica palestinese che ha affermato che la maggior parte delle loro risorse sono fornite dalla Repubblica islamica dell’Iran e che la maggior parte delle case a Gaza contengono immagini di Hajj Qassem Soleimani.
Anche le Brigate izz eddine Al Qassam hanno recentemente dichiarato di avere iniziato ad utilizzare i missili Sejjil forniti da Teheran per gli attacchi su Beer Sheva che si sarebbero rivelato determinanti per colpire i bersagli senza essere intercettati dal sistema antimissile israeliano Iron Dome.
La Jihad islamica palestinese ha annunciato che il bombardamento di Sderot è stato effettuato facendo ricorso al missile Badr 3, anch’esso di fabbricazione iraniana.
Hamas ha invece mostrato gli UAV in dotazione esibendo ampio materiale video-fotografico e video. Tra questi droni, alcuni quadricotteri da ricognizione iraniani Ababil-3.
Sono quindi pochi i dubbi circa le responsabilità di Teheran nel continuo approvvigionamento di materiale bellico in favore sia delle milizie terroriste di Gaza sia anche a beneficio dei ribelli sciiti Houthi dello Yemen.
Molti si sono domandati come una tale quantità di razzi, missili, armi portatili, abbiano potuto bypassare l’embargo imposto alla Striscia di Gaza da Israele.
Ebbene, alcune rivelazioni da noi ottenute nei giorni scorsi, hanno disegnato il quadro di una strategia sperimentata e comune anche nell’ambito del contrabbando di merci e nell’immigrazione clandestina.
Il trasporto dei materiali avviene via terra sulla direttrice Iran – Iraq – Siria raggiungendo il porto di Beirut dove verrebbe imbarcato sul naviglio mercantile iraniano impegnato nel trasporto commerciale. L’equipaggio stiverebbe, quindi, una parte dello scafo con cassoni contenenti gli armamenti che successivamente, al giungere del natante in prossimità delle acque territoriali della Striscia di Gaza, i cui limiti sono stati imposti da Israele, nelle ore notturne verrebbe riversato in pescherecci camuffati, nel frattempo giunti da Gaza, che provvederebbero al successivo scarico in terraferma e nel trasporto nei tunnel sotterranei dell’enclave palestinese.
Proprio allo scopo di bloccare questi trasporti, la marina militare dello Stato ebraico ha schierato nei giorni scorsi alcune unità al largo di Gaza con l’intento di intercettare i trasporti.
L’appoggio di Teheran al terrorismo palestinese
L’Iran stanzia mensilmente circa 30 milioni di dollari per la “causa palestinese” dai proventi delle attività commerciali del regime con Cina e Turchia ed a quelle “di contrabbando” con alcuni Paesi europei.
A questi stanziamenti ha concorso la generosa elargizione di 152 miliardi di dollari di credito dell’amministrazione Obama che durante il suo mandato ha democraticamente sostenuto gli impegni di Teheran alla limitazione delle ricerche sul nucleare avanzato permettendo di ottenere crediti non più esigibili e utilizzati dall’Iran per scopi militari.
La dissidenza iraniana all’estero ha più volte rimarcato questi aspetti anche sui social media denunciando lo sperpero di denaro pubblico che il regime devolve in favore dei gruppi terroristi a fronte di una grave crisi interna che sottopone la sua popolazione a stenti e sofferenze indicibili anche in considerazione della pandemia da “Coronavirus” che imperversa nel Paese ed ha già provocato circa 800.000 morti, ovviamente non dichiarati da Teheran.
Un intreccio di interessi non facile da smantellare anche per la contiguità delle attività iraniane con quelle di Turchia e Qatar meno palesi ma, sicuramente, ancora più inquietanti non solo per il Medio Oriente.