Israele, 3 ostaggi liberi. E a Gaza si esulta per i terroristi scarcerati
Mentre scrivo, negli stessi istanti, Ronen Gonen 23 anni, Emily Damari 27 anni e Doron Steinbrecher di 30, sono rientrate in terra di Israele, accolte dalle loro mamme nella base di Re’im e stanno per essere trasportate a Tel Aviv, nell’ospedale che curerà le loro ferite fisiche e morali di una prigionia lunga 471 giorni. Tra le lacrime di commozione è tanta la rabbia nel vedere le scene di giubilo della popolazione “civile” palestinese, una folla adorante i terroristi che li rappresenta e che forse, un po’ ingenuamente, pensiamo che la tenga in scacco, ma che in realtà gode dell’appoggio popolare.
Le tre ragazza esposte al pubblico ludibrio dell’odio antiebraico profondo della folla e le immagini viste, hanno ricordato molto da vicino quelle del 7 ottobre 2023, quando le stesse ragazze arrivavano assieme agli oltre 300 rapiti a Gaza City e deportate dai nazi islamisti di Hamas. Il dramma cominciato 15 mesi fa non è finito, perché quell’odio non è sopito. Un sentimento ostile troppo radicato che dura almeno da un secolo, ancora prima che nascesse lo Stato di Israele con l’arrivo dei tanti ebrei in quelle terre che si riunivano alle comunità ebraiche locali presenti lì da sempre.
Vedere in mezzo a quella folla esaltata decine di bambini festanti, lascia intuire che il futuro non può essere roseo e che la speranza di pace che comunque conserviamo è flebile. Lo sarà finché il mondo non capirà che la questione è di educazione, di cultura e non può essere delegata a un mondo come quello palestinese che non sa governarsi e che mantiene il potere nelle mani di gente feroce e barbara.
Israele non può e non deve essere lasciato solo come avamposto di questa guerra per la sopravvivenza.
Il costo dell’accordo di queste ore é salatissimo e tra le centinaia di detenuti palestinesi che verranno liberati dalle carceri israeliani, ci saranno decine di criminali colpevoli di stragi inaudite, una per tutte lo sterminio della famiglia Fogel nell’insediamento di Itamar a Schechem. Di questo l’opinione pubblica e la classe politica di tutto il mondo deve essere consapevole. Il pianeta, con la liberazione di questi sanguinari, non sarà un posto migliore e la grande consolazione sarà sapere i rapiti israeliani di nuovo a casa, tra le calde braccia dei propri cari, e non più degli aguzzini che li stanno tenendo in cattività da oltre un anno.
In tanti, tra media e commentatori, hanno fatto notare che l’accordo accettato da Israele in questi giorni é lo stesso proposto otto mesi fa e si sarebbero potuti risparmiare morti e combattimenti.
Una grande leggerezza ed un errore di valutazione non far notare che, se Israele avesse sottoscritto il piano a luglio scorso, avrebbe ricevuto in cambio nuovi attacchi dall’Iran, un Hezbollah ancora brillantemente in vita e un Hamas ancora estremamente minacciosa, nonché un Assad ancora in sella in Siria.
Sicuramente ora è il momento di avviare la strada per una soluzione definitiva alla crisi dell’area e per Gaza, a cominciare dagli Accordi di Abramo da riprendere. Ma Israele deve essere supportata in questo percorso dalle forze occidentali democratiche contro l’asse del male, del quale Hamas fa parte a pieno titolo. Tanto è il sollievo nel vedere tornare a casa i rapiti, ma le lacrime di gioia si confondono con la pena per chi è ancora nelle mani dei terroristi e le preoccupazioni per il futuro.