L’inasprirsi delle tensioni internazionali nel golfo Persico e l’intransigenza del regime di Teheran in merito al rispetto del trattato di non proliferazione nucleare, potrebbe portare gli iraniani a intraprendere la strada di una guerra asimmetrica diretta contro gli interessi britannici, non escludendo l’utilizzo di cellule terroriste. E’ quanto riportano le versioni web di alcune testate giornalistiche, tra le quali The Sun, Telegraph e Forbes.
Formalmente, la crisi tra Londra e Teheran si è innescata con il sequestro, avvenuto a Gibilterra, della superpetroliera Grace 1 caricata con greggio iraniano, dopo un blitz condotto dalle forze speciali britanniche. Un affronto non digerito dai persiani che, dopo pochi giorni, hanno inteso rispondere a loro volta con l’abbordaggio della nave cisterna Stena Impero nello stretto di Hormuz, arrivando a provocare ulteriormente il Regno Unito innalzando la bandiera iraniana al posto della “Union jack” sul pennone del natante. Un gesto poco più che simbolico che non ha mancato, comunque, di provocare la reazione stizzita dei vertici governativi e militari britannici.
L’innalzarsi delle tensioni tra i due Paesi ha condotto gli strateghi militari iraniani a prendere atto dell’estrema pericolosità di un confronto diretto con il Regno Unito che coinvolgerebbe gli alleati occidentali, Stati Uniti in primis, quindi Israele e, probabilmente, i partner europei in una guerra che non lascerebbe scampo alle forze persiane.
Proprio a riguardo degli Stati Uniti, proprio ieri sono state emesse le prime condanne contro la rete spionistica formata dalla Cia in Iran e smantellata dagli agenti del contro-spionaggio persiano. Una rete composta da 17 cittadini iraniani, tra i quali alcuni esponenti del movimento dei Mojaheddin e-Khalk, dissidente dalla governance di Teheran e impegnata, anche in Occidente, ad estendere la sua rete in funzione anti-governativa.
Per Teheran, l’opzione terrorismo
Una considerazione che avrebbe convinto i vertici politici e religiosi di Teheran ad intraprendere una strategia diversa, quella del conflitto “non ortodosso” condotto da cellule terroristiche formate per lo più da miliziani di Hezbollah, addestrati nei campi dei Pasdaran, create nei Paesi occidentali e preparate ad azioni anche di martirio. L’intelligence britannica ritiene che un numero cospicuo di cellule dormienti di Hezbollah siano pronte all’azione anche in considerazione della loro ampia diffusione in Europa e, soprattutto, nel Regno Unito.
Nel 2015 l’Mi5 smantellò una vasta organizzazione composta da miliziani iraniani basati alla periferia di Londra che aveva accumulato una grande quantità di esplosivo, tre tonnellate di nitrato di ammonio.
Secondo fonti dei servizi britannici, l’innesco dell’esplosivo avrebbe potuto provocare ingenti danni nella Capitale anche se nulla emerse in merito agli obiettivi prefissati dal gruppo e assegnati loro dalla leadership di Hezbollah.
Nel mirino di Teheran, alla fine del 2018, finirono anche le reti informatiche governative, bancarie e postali del Regno Unito, con hackeraggi e blocchi delle comunicazioni.
Un tipo di guerra “ibrida”, portata avanti con l’utilizzo del mezzo informatico, militare, civile che non manca di inquietare le forze preposte alla sicurezza del Regno.
Il coinvolgimento di Hamas
Proprio nella giornata di ieri, una delegazione del gruppo terrorista palestinese Hamas si è recata in visita a Teheran e ricevuta dalla guida suprema dell’Iran, Ali Khameney.
Nel corso dell’incontro, il numero due e capo della delegazione, Saleh Aruri, ha affermato che “Hamas rappresenta la prima linea a difesa dell’Iran”, confermando il suo impegno nella lotta armata contro Israele “tenendosi pronti agli sviluppi futuri sviluppando le proprie capacità offensive”.
A sostegno di quanto espresso da Aruri, fonti militari israeliane hanno affermato che l’organizzazione terroristica Hamas avrebbe a disposizione circa 5.000 razzi e migliaia di bombe da mortaio nel suo arsenale con base nei sotterranei di Gaza.
Con gli armamenti in suo possesso Hamas potrebbe insidiare le zone di confine con Israele e rappresentare un diversivo non indifferente teso ad attirare le forze dell’Idf nella zona distogliendole dagli obiettivi di Hezbollah situati a nord dello Stato ebraico.
Un incontro non casuale quello tenutosi a Teheran che la dice lunga sulla volontà del regime degli Ayatollah, di rinforzare le proprie alleanze in vista di un conflitto generalizzato con l’Occidente e Israele, che, sebbene non offra speranze di vittoria nel campo strettamente militare, con l’utilizzo di una strategia “non convenzionale” potrebbe recare danni ragguardevoli per i Paesi coinvolti e provocare un progressiva incrinatura del fronte anti-iraniano.