Funzionari statunitensi accusano l’Iran di aver assaltato e sequestrato la scorsa settimana, una nave cargo battente bandiera del Vietnam che trasportava prodotti petroliferi, mentre navigava al largo dell’Oman.
La petroliera MV Sothys si trova da giorni attraccata al largo del porto meridionale iraniano di Bandar Abbas, sullo stretto di Hormuz, come riportato dal Marine Traffic Terrestrial Automatic Identification System, ma la notizia è trapelata solo nei giorni scorsi nonostante il fatto sia avvenuto il 24 ottobre.
Giovedì, durante un’apparizione pubblica, il portavoce del Ministero degli Esteri vietnamita, Pham Thu Hang, ha dichiarato che Hanoi è in contatto con le autorità iraniane per risolvere al più presto lo “spiacevole incidente” e per assicurarsi che i 26 uomini dell’equipaggio della Sothys siano trattati con dignità e nel pieno dei loro diritti. Il comandante della nave ha riferito che stanno bene e che non hanno subito soprusi.
L’episodio è stato solo l’ultimo di una serie di provocazioni avvenute nelle acque mediorientali mentre le tensioni tra Iran e Stati Uniti si intensificano a causa del controverso programma nucleare di Teheran.
In queste acque sono avvenuti recentemente diversi attacchi contro imbarcazioni occidentali da parte (si presume) della compagine iraniana del IRGC, dalle mine che nel 2019 hanno danneggiato le petroliere Kokuka Courageous e la Front Altair, all’uso letale di droni kamikaze di Teheran che hanno ucciso due membri dell’equipaggio della nave cisterna israeliana Mercer Street, fino al dirottamento pochi mesi fa della tanker panamense Asphalt Princess. Naturalmente l’Iran nega ogni addebito nei suoi confronti.
Dopo la rottura nel 2018 da parte di Donald Trump del trattato JCPOA, gli Stati Uniti hanno mantenuto le sanzioni internazionali sull’Iran, compreso il divieto di esportazione del greggio. E inoltre è previsto che le sanzioni siano rivolte anche a qualsiasi paese che acquisti petrolio iraniano.
Ciononostante Teheran viola con continuità l’embargo sul greggio perché ritenuto fonte vitale di entrate per il suo governo.
Si sospetta che navi cargo iraniane, o di altri paesi collaboranti, traffichino il petrolio esportandolo soprattutto in Asia orientale.
L’assalto e il sequestro della Sothys – dai contorni degni di una trama in chiave moderna delle epopee di Salgari – pare sia avvenuto ad opera di diverse imbarcazioni leggere iraniane, quali i ben noti motoscafi veloci armati che, unitamente a una motovedetta a doppio scafo Shahid Nazeri, accerchiarono la petroliera vietnamita mentre elicotteri Bell 412 trasportavano a bordo del tanker un commando di militari dell’IRGC che in breve tempo hanno preso il controllo della nave dirigendola poi verso le acque territoriali di Teheran.
Il tutto sotto gli occhi dei cacciatorpediniere missilistici di classe Arleigh Burke, USS The Sullivans e USS Michael P. Murphy e della motovedetta veloce di classe Sentinel della Guardia Costiera degli Stati Uniti, che arrivando sulla scena dell’abbordaggio hanno semplicemente assistito e monitorato il susseguirsi degli eventi senza però intervenire attivamente.
Ma naturalmente la propaganda di Teheran non ha perso tempo a ricostruire la vicenda in maniera fantasiosa e tutt’altro che corrispondente alla verità dei fatti, secondo i funzionari statunitensi.
Pare infatti che Teheran abbia diffuso in questi giorni un video effettuato con un drone di sorveglianza dove vengono immortalate le azioni, sia del commando dell’IRGC a bordo della Sothys, che le manovre di accerchiamento delle sue imbarcazioni veloci, le quali sembravano persino rallentare il passo e provocare le grandi cacciatorpediniere statunitensi tenute sotto la mira delle mitragliatrici iraniane.
Teheran ha diramato una sua versione dei fatti dell’accaduto, sostenendo che il sequestro del cargo vietnamita sia avvenuto come conseguenza dei tentativi da parte delle navi americane di far trasbordare il greggio iraniano contenuto nelle cisterne della Sothys su un’altra petroliera di cui non viene fatto il nome.
Quindi secondo la teoria iraniana l’azione di pirateria è da addebitarsi agli Stati Uniti, mentre la Marina iraniana ha compiuto un vero “atto eroico”.
Ma a quanto affermano altre fonti ci sarebbe un’altra possibilità per spiegare l’accaduto ed in generale la rete di esportazione illecita del greggio iraniano verso l’Asia Orientale.
Pare esista una organizzazione apartitica e senza scopo di lucro, United Against Nuclear Iran – UANI, costituita per combattere le minacce poste in essere dalla Repubblica islamica dell’Iran.
Durante le sue attività di monitoraggio UANI ha isolato attraverso delle immagini satellitari gli immensi illeciti compiuti da alcune navi tanker, che usavano trasbordare da ponte a ponte il petrolio iraniano nelle acque dello stretto dell’Oman, così da poterlo esportare e rivendere a stati dell’Asia orientale e principalmente alla Cina.
Persino la nave cisterna Sothys sembra (secondo il Ministero del Tesoro americano) aver ricevuto in giugno petrolio iraniano – così come in questo particolare frangente – dalla petroliera di nome Oman Pride.
La suddetta nave cargo battente bandiera liberiana potrebbe essere parte di un presunto schema di contrabbando ben architettato per eludere le sanzioni internazionali promosse dagli Stati Uniti e arricchire le casse del Quds.
Non è chiaro del tutto perché l’Iran abbia sequestrato la petroliera Sothys, ma di certo le acque dello stretto mediorientale, in cui è concentrato il traffico mondiale del greggio asiatico, si rivela ancora una volta teatro di un conflitto dai contorni fumosi tra l’Iran e i paesi occidentali.