Nella guerra in Siria l’Iran è alleato del regime di Bashar al-Assad e sostenitore del gruppo sciita libanese di Hezbollah. La cooperazione tra Damasco e Teheran va avanti da oltre un quarto di secolo. E nonostante le trasformazioni politiche avvenute in entrambi i Paesi e la mutevole situazione che li circonda, i rapporti tra le due potenze sono sempre più forti. La base della cooperazione siriano-iraniana sono gli interessi regionali comuni e la similarità delle posizioni su questioni chiave del Medio Oriente. Iran e Siria manifestarono comuni interessi già negli anni ’80, essendo entrambi ostili all’Iraq di Saddam Hussein. La posizione dura contro Stati Uniti e Israele ha contribuito al consolidamento dell’alleanza.
Dal 2011, dall’inizio della guerra civile in Siria, Teheran fornisce armi, soldi e uomini all’esecutivo di Damasco nella lotta contro i ribelli sostenuti dai paesi arabi del Golfo e dalle potenze occidentali. Per molto tempo l’esecutivo iraniano si è limitato ad ammettere in Siria solo la presenza di suoi consiglieri militari. Oggi, caduto il velo di reticenze che cercava di nascondere il coinvolgimento militare della Repubblica islamica nel conflitto, si parla apertamente di diverse migliaia di iraniani impegnati nella lotta contro il sedicente Stato Islamico. Le motivazioni, o almeno parte di esse, sono legate al timore che il Califfato possa rappresentare un pericolo concreto anche per l’Iran.
“La prima linea per la difesa della nostra patria è in Siria e in Iraq”, hanno dichiarato alcuni dei volontari pronti a partire per Damasco, all’emittente televisiva di Hezbollah in Libano, Al Manar. Come dire, meglio fermare i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi fuori dai confini di Teheran. E in effetti mentre Iraq, Libano, Siria e Turchia continuano a fare i conti con i terroristi al servizio del califfo, finora l’Iran ne è uscito illeso, anche se gli stessi mezzi di informazione locali hanno dato più volte notizia di diverse cellule del sedicente Stato Islamico smantellate nel Paese. Con il sostegno dell’Iran, inoltre, anche Hezbollah è diventato un esercito ben attrezzato e dai migliori combattenti. Secondo i media libanesi, durante la guerra in Siria, sono caduti circa duemila militari del gruppo sciita libanese.
Tuttavia, come spesso accade in Medio Oriente, politica e religione camminano insieme. In Iran, i combattenti in Siria sono chiamati “Difensori di Sayyida”, in riferimento alla moschea nei pressi di Damasco nella quale è sepolta una delle nipoti del profeta Maometto, una figura fondamentale per il culto sciita. Per questa ragione, il mausoleo è stato spesso teatro, in questi anni, di sanguinosi attentati, così come molti altri i luoghi sacri in territorio siriano che le milizie sciite sono impegnate a difendere.
Gli interessi dell’Iran in Siria
Gli interessi dell’Iran in Siria sono comprensibili. Il Paese, avendo grandi prospettive geopolitiche, ha bisogno di un accesso diretto al Mediterraneo. L’Iran ha stabilito i collegamenti con il vicino Iraq. Hezbollah e la posizione stabile della comunità sciita forniscono una forte posizione in Libano. L’unico punto debole è la Siria, dove da sei anni imperversa una guerra civile che sembra non avere una fine. La Siria è uno dei pochi Paesi dall’ideologia anti-Usa e anti-saudita nel mondo arabo. Essendo l’Iran il principale avversario ideologico, militare, economico e politico dell’Arabia Saudita, lo è anche di Washington in Medio Oriente.
In aggiunta, oltre a rafforzare l’influenza politica nella regione, l’Iran partecipa al conflitto siriano anche per i propri interessi economici.Il Paese vuole tornare sul mercato mondiale del petrolio da attore chiave. Mentre i Paesi occidentali tolgono le sanzioni, l’Iran vuole rifornire di “oro nero” l’Europa e costruire un gasdotto attraverso Iraq e Siria.Mentre Bashar al-Assad è ancora alla guida del Paese e del governo fedele all’Iran, questo progetto è possibile. Nel caso della sua caduta, le prospettive sul petrolio possono essere dimenticate.
E poi c’è la Russia di Vladimir Putin che punta a sostituire gli Stati Uniti e i suoi alleati sunniti storici come “dominus” del Medio Oriente. Nel mezzo, ancora una volta, la popolazione civile di Aleppo e delle tante città e paesi che attendono, da sei anni, la soluzione di una crisi con troppi attori e troppi interessi sovrapposti.
@la_sirianni