Un drone Usa ha eliminato un generale dei Pasdaran. Mentre Teheran è ancora scossa dalla morte dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh, un altro duro colpo viene inferto agli apparati militari iraniani al confine siro-iracheno dove un drone americano ha eliminato il generale Muslim Shahdan, uno dei comandanti della Forza Quds legata ai Pasdaran. L’alto ufficiale iraniano stava viaggiando a bordo di un’auto insieme a tre guardie del corpo quando, dopo la localizzazione satellitare, un drone statunitense si è diretto sulla verticale della vettura colpendola con un missile e distruggendola completamente.
Il generale Muslim Shahdan aveva il comando della logistica, in relazione all’approvvigionamento di missili e armamenti leggeri dai depositi irakeni alle basi operative di Pasdaran e Hezbollah sulle alture del Golan e nelle basi a sud di Damasco.
Secondo fonti siriane, i cacciabombardieri appartenenti alle forze della coalizione statunitense hanno effettuato attacchi su 10 diversi obiettivi vicino alla città di confine di Al-Bukamal, eliminando diversi membri delle milizie filo-iraniane e distruggendo depositi di munizioni e rampe di lancio per missili a media gittata.
Allarme per attacco imminente
Da Teheran, intanto, Khamenei e Rouhani, sotto le forti pressioni politiche e militari a seguito dei due attacchi mirati consecutivi che hanno eliminato il capo del programma nucleare e il generale dei Pasdaran, sebbene inizialmente propensi a ritardare una risposta armata dopo l’insediamento di Biden alla Casa Bianca, avrebbero ordinato nel tardo pomeriggio di ieri di attuare i piani già prestabiliti per un attacco contro obiettivi israeliani.
L’azione è data come imminente, così come riferito da fonti iraniane, e, come già sottolineato in articoli precedenti, potrebbe comportare l’attivazione di cellule in sonno legate a Hezbollah e Vevak celate in Occidente, con l’obiettivo di rispondere agli attacchi sullo stesso terreno in cui Teheran è stato più volte sconfitto, quello dell’infiltrazione. Pare che questa sia la strada privilegiata dalla leadership iraniana che vorrebbe colpire chirurgicamente obiettivi e/o personalità legati a Israele e Usa senza escludere il ricorso a sequestri di militari dei Paesi legati all’Alleanza.
Un attacco armato su vasta scala contro Israele sembra escluso. Ogni azione comporterebbe il deciso intervento delle Forze Usa oltre che una immediata risposta israeliana sia in termini di deterrenza sia in quelli di un’offensiva contro lo schieramento delle milizie sul Golan e, da parte americana, una ritorsione contro i siti nucleari iraniani.
Il ruolo dei Mujaheddin e Khalq (i mujaheddin del popolo)
Accusati da Teheran di avere partecipato attivamente agli attacchi mirati contro esponenti dell’Amministrazione e dei vertici militari, i dissidenti iraniani all’estero riuniti nell’organizzazione del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, non hanno fornito spiegazioni.
La loro leader in esilio forzato, Maryam Rajavi, ha però fatto sentire la sua voce dichiarando che “è giunto il momento per il rovesciamento del regime clericale. La politica di pacificazione non può essere ripetuta, e anche se lo si facesse, non risolverebbe nessuno dei problemi del regime. Il tempo è scaduto per le politiche che legate ai mullah. Questa politica ha raccolto solo danni e perdite”. Una dichiarazione che la dice lunga sulla crisi interna al Paese che pone in discussione le stesse basi che condussero alla “rivoluzione iraniana” che dal 1978 ha portato al potere gli Ayatollah con tutto quello che ne è conseguito.