L’Iran deve colpire Israele e fare molte vittime. L’uccisione dello scienziato a capo del programma nucleare, Mohsen Fakhrizadeh, come prevedibile, ha scatenato una ridda di reazioni scomposte in iran. Il quotidiano ultraconservatore Kayhan, ha sostenuto che un raid di rappresaglia di Teheran portato direttamente sul suolo di Israele, dovrebbe puntare a distruggere impianti e strutture urbane, soprattutto nella città di Haifa, snodo cruciale per le attività di import-export dello Stato ebraico e “provocare gravi perdite umane”. A parere dell’editorialista Sadollah Zarei, l‘agguato di venerdì in cui è stato ucciso lo scienziato dimostrerebbe che le risposte militari date in passato dalla Repubblica islamica non sono servite come deterrente a Israele e occorrerebbe un attacco missilistico ancora più potente di quello condotto nello scorso mese di gennaio contro le truppe americane in Iraq, compiuto dopo l’uccisione a Baghdad del comandante delle forze Qods dei Pasdaran, il generale Qassem Soleimani.
La testata Kayhan è ritenuta molto influente negli ambienti conservatori e nell’intero establishment iraniano. Il suo direttore, Hossein Shariatmadari, è stato spesso citato anche dall’ayatollah Khamenei, di cui in precedenza sarebbe stato anche consigliere.
L’Iran vuole una forte reazione
E appaiono chiare le intenzioni di Teheran: “L’Iran darà senza dubbio una risposta calcolata e decisiva ai criminali che hanno tolto il martire Mohsen Fakhrizadeh alla nazione iraniana”, ha dichiarato il capo del Consiglio strategico per le relazioni internazionali di Teheran, Kamal Kharrazi, dopo l’uccisione venerdì dello scienziato di punta del suo programma nucleare.
Il Parlamento iraniano, nella giornata di ieri, ha tenuto una riunione a porte chiuse sull’accaduto. “Il nemico criminale si pentirà solo con una forte reazione”, ha dichiarato alla radio statale il presidente del Parlamento, Mohammad Baqer Qalibaf, mentre durante una sessione pubblica dell’Assemblea un gruppo di deputati ha inneggiato slogan “Morte all’America” e “Morte a Israele”. Al termine della sessione, lo speaker Mohammad Baqer Ghalibaf ha tuonato: “Il nemico criminale non se ne pentirà, se non con una forte reazione”. Poche ore prima, l’ayatollah Ali Khamenei aveva promesso una “punizione definitiva per i sicari e chi l’ha ordinato”, avvisando Israele su una potenziale risposta militare.
Sullo sfondo dell’operazione di assassinio del capo del programma nucleare iraniano, il ministero della Difesa di Gerusalemme ha consigliato ai cittadini israeliani di astenersi dal visitare gli Emirati Arabi Uniti parlando “minaccia concreta di base”, un livello relativamente basso. Il quartier generale ha esteso l’avvertimento anche al Bahrein.
Le ambasciate israeliane nel mondo sono state poste in stato di allarme. Si temono attentanti contro le sedi diplomatiche dello Stato ebraico, le sinagoghe e i luoghi di incontro delle comunità ebraiche.
Le indagini sulla morte di Fakhrizade
Sul fronte delle indagini sull’eliminazione di Fakhrizadeh, le versioni fornite da Teheran appaiono contrastanti e inverosimili. Nei rapporti resi pubblici si parla di un commando di decine di “terroristi”, dell’uso di mitragliatrici telecomandate, del fermo di uno degli attentatori (non confermato). Il ministero degli Interni ha diffuso le foto di quattro sospettati, due dei quali ripresi probabilmente dal controllo passaporti dell’aeroporto di Teheran, che vengono attivamente ricercati. La realtà evidenzia invece come le autorità di sicurezza iraniane stiano brancolando nel buio alla ricerca di fantasmi che, presumibilmente, potrebbero già aver varcato i confini.
Rischio terrorismo anche in Europa
Ma i rischi non sono legati solo alla risposta militare di Teheran. “Questo atto terroristico contro un eminente scienziato del ministero della Difesa iraniano è una provocazione contro l’Iran, provoca le forze iraniane in azioni di ritorsione e quindi lancia attacchi massicci su obiettivi importanti del grande Iran a cui si dovrebbe rispondere ai sionisti, ai sauditi e ai terroristi americani con forze filo-iraniane nella regione: Hezbollah libanese, Jihad islamica palestinese, Ansar Allah yemenita (Houthi), gruppi iracheni e altre cellule dormienti nell’UE / America”. Questo il testo di un messaggio captato su una chat del gruppo VK Iran Army nella giornata di ieri. Non certo una prova, ma un indizio delle intenzioni di gruppi legati indissolubilmente ai Pasdaran che vogliono un’azione immediata che serva, a loro parere, come messaggio forte di resilienza agli attacchi e al rafforzamento delle determinazione iraniana di perseguire i suoi obiettivi nonostante le pressioni dell’Occidente. Il vero allarme è dato proprio dalla considerazione che una risposta militare viaggia in parallelo con azioni di stampo terroristico che potrebbero essere estese ai Paesi allineati alle posizioni di Usa e Israele, anche in Europa.
Stop ai controlli dell’Aiea
I vertici iraniani stanno valutando anche l’ipotesi di inibire le ispezioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che, dalla firma dell’accordo Jcpoa del 2015, ha avuto accesso senza precedenti al programma nucleare civile di Teheran. L’intesa è fallita nel 2018, quando gli Usa si sono ritirati, dando il via a sanzioni provocando la reazione iraniana che non si ritenne più vincolata ad alcuna limitazione all’arricchimento dell’uranio anche a scopi militari. A questo proposito, il Parlamento iraniano ha approvato a stragrande maggioranza una mozione che esorta a discutere con la “massima urgenza” un‘espansione del programma nucleare del Paese. Il testo della mozione ( varato dal Majlis, riunito in una sessione a porte chiuse con il ministro per l’Intelligence, Mahmoud Alavi, per indagare l’assassinio di Fakhrizadeh) punterebbe a ridurre drasticamente la presenza dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e l’aumento, da parte dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana, al 20% e oltre il livello di arricchimento dell’uranio (che il Jcpoa limita al 3,67%), e la sospensione l’applicazione del cosiddetto ‘Protocollo addizionale degli accordi con l’Aiea’, minando così la possibilità dell’Agenzia di condurre ispezioni nei siti nucleari sospetti.