In Iran un 60enne di origine armena, di fede cristiano-ortodosso è stato condannato a 10 anni di detenzione per aver professato la propria fede e promosso l’insegnamento ad altri all’interno della propria abitazione. Una volta scontata la pena il 60enne dovrà subire per altri 10 anni la “privazione dei diritti sociali”. Un’ulteriore condanna a una pena che limita le possibilità di lavoro nella Repubblica islamica.
Il Tribunale ha infatti decretato che Anooshavan Avedia si sarebbe macchiato del reato di “propaganda contraria e offensiva nei confronti della santa religione islamica”. La sentenza risale al mese scorso ma è stata diffusa solo in questi giorni.
In concorso con l’uomo, sono stati condannati altri due membri della comunità: il 45enne Abbas Soori e la 46enne Maryam Mohammadi, entrambi convertiti al cristianesimo ortodosso. Entrambi hanno evitato il carcere ma, anche per loro, è stata sancita la pena della “privazione dei diritti sociali” per un decennio e per i successivi due anni non potranno viaggiare all’estero, fare parte di gruppi politici o sociali e risiedere a Teheran o nella provincia. I due convertiti sono stati anche multati di 50 milioni di tomans (2.000 dollari) ciascuno con l’imposizione, quale sanzione accessoria, di presentarsi regolarmente agli uffici del ministero dell’Intelligence (MOIS).
Tutti e tre i condannati hanno fatto ricorso contro il verdetto, che è stato emesso l’11 aprile presso la 26esima sezione della Corte rivoluzionaria di Teheran dal giudice Iman Afshari, che è anche il capo dell’intelligence presso il tribunale e che si è costruito una reputazione negli ultimi anni emettendo alcune dure condanne contro i cristiani.
È stato anche giudice del caso di Fariba Dalir, una donna cristiana convertita di 51 anni che ha recentemente iniziato a scontare una condanna a due anni di reclusione a seguito di una condanna con accuse simili.
La vicenda di Anooshavan, Maryam e Abbas risale all’agosto 2020, quando è avvenuto il primo arresto, ma è rimasta a lungo sotto silenzio, denuncia Article18. Secondo la ricostruzione degli attivisti, almeno 30 agenti dell’intelligence avevano fatto irruzione nella casa a Narmak, a nord-est della capitale, mentre vi erano una ventina di fedeli intenti alla preghiera e alla lettura di testi sacri. Durante il raid sono state sequestrate copie della Bibbia, telefoni cellulari e altri apparecchi informatici. I presenti, inoltre, sarebbero stati costretti a fornire la password di smartphone e profili social. Nel tempo intercorso fra l’arresto e la condanna, i fermati hanno trascorso alcuni periodi nella famigerata di prigione di Evin, alla periferia di Teheran, dove hanno subito interrogatori, torture psicologiche e abusi. I tre cristiani sono stati infine rilasciati il 23 settembre dopo aver depositato atti di proprietà per coprire le richieste di cauzione di 1 miliardo di toman ($ 50.000) per Anooshavan e 500 milioni di toman ($ 25.000) ciascuno per Abbas e Maryam.
La condanna di Anooshavan Avedian e degli altri due convertiti rappresenta l’ultimo episodio di una lunga serie di arresti e condanne di cristiani iraniani, in una escalation che esperti e attivisti definiscono una “preoccupante” violazione della libertà religiosa. Fonti locali riferiscono di palesi violazioni del diritto alla difesa, con insulti alle loro persone e alla fede professata contestualmente al processo. E la sola prova utilizzata per la condanna è quasi sempre un rapporto compilato dall’intelligence, che comprende anche “confessioni” estorte con la forza o con l’inganno durante la prigionia.
I tre cristiani erano stati chiamati ad affrontare le accuse di “attività di propaganda contro il sistema” e di “agire contro la sicurezza del Paese attraverso l’organizzazione e la guida di una chiesa domestica cristiana evangelica”.
Nella sua condanna, il giudice Afshari ha ritenuto Anooshavan colpevole di “aver fondato e guidato un gruppo illegale con l’obiettivo di sconvolgere la sicurezza del Paese attraverso attività educative e di propaganda contrarie e disturbanti alla sacra religione dell’Islam, attraverso la diffusione di false affermazioni … nonché contatti con l’estero, o indicazioni organizzative dall’estero”. Questa formulazione è ripresa principalmente dall’articolo 500 modificato del codice penale, in base al quale molti altri cristiani sono già stati condannati per le loro attività religiose da quando gli emendamenti sono stati approvati all’inizio dello scorso anno. Anche Maryam e Abbas sono stati condannati secondo lo stesso articolo per appartenenza al gruppo “illegale” di Anooshavan.
Negli ultimi anni sono migliaia i cristiani appartenenti a chiese “domestiche” arrestati dalle autorità, centinaia quelli condannati al carcere con l’accusa di “agire contro la sicurezza nazionale”.
Eventi che smentiscono, nei fatti, i proclami di Teheran e delle rappresentanze diplomatiche iraniane nel mondo secondo le quali i cristiani “continuano a godere della libertà religiosa praticando il culto nelle loro chiese e dedicandosi ai propri programmi”, una strategia utile al regime per alleggerire il peso delle accuse di “dittatura islamista” del Paese sempre oberato dalle sanzioni internazionali.