“Sappiamo per certo che per il Daesh è in corso un’imminente grave crisi finanziaria minata dai bombardamenti e dall’attività militare che viene condotta nei confronti di uno Stato assolutamente non convenzionale, ma che sarà sconfitto”. A parlare delle nuove sfide dell’intelligence nazionale e di quella europea, della possibile sconfitta di Daesh, e del futuro dopo le visite in Medio Oriente del presidente Trump, è Riccardo Palma, esperto in metodologie di indagine e di intervento, vice procuratore onorario con funzioni di pm.
Dottor Palma, a un giorno dal terribile attentato eseguito a Manchester, che idea si è fatto?
“Dunque, l’utilizzo di esplosivo, probabilmente da parte di un terrorista suicida, segnerebbe un salto di qualità in Inghilterra che dimostra e sottintende l’esistenza di una cellula organizzata. Non credo alla tesi del lupo solitario esplosivo”.
Quali sono attualmente le migliori strategie di prevenzione del terrorismo islamico?
“L’unica strategia possibile e doverosa è quella del monitoraggio del web, che dovrebbe avvenire attraverso un sistema di centralizzazione dell’operatività. Che cosa significa? Semplicemente che ci sono troppe strutture, quando invece la grande quantità di comunicazione che ci arriva dal web dovrebbe essere monitorata da un’ unica attività operativa. E’ necessario centralizzare le attività all’interno di un ufficio che si occupi solo di queste. Inoltre allo stato dei fatti è fondamentale questa attività di monitoraggio perché serve per poter gestire i flussi di quelle persone che tecnicamente potrebbero risultare non controllabili. In questo momento storico l’ unico vero problema è l’ individuazione ante fatto di soggetti che possono agire o per spirito emulativo o per spirito di fede pura come lupi solitari, come persone che non hanno dietro sostanzialmente un sistema organizzativo. La seconda prevenzione deve essere fatta su un medio e lungo termine e andrà valutata nel momento stesso in cui Daesh perderà la guerra, sappiamo per certo che per il Daesh è in corso un’ imminente grave crisi finanziaria minata dai bombardamenti e dalla attività militare che viene condotta nei loro confronti, e nei confronti di uno Stato assolutamente non convenzionale, ma che finirà con la sua sconfitta. Quindi sicuramente avremo un reingresso in termini di ritorno, ma anche in termini di arrivi. Mi spiego: un ingresso in termini di ritorno di persone appartenenti all’area europea, che hanno di questa area la cittadinanza, è il campanello di allarme che ritengo più importante. Questo significa che bisogna potenziare la rete di controlli identificativi, anche di quelli che saranno i migranti e che potrebbero essere coloro facenti parte di cellule terroristiche e che mireranno a commettere attentati”.
Partendo da quest’ottica, secondo lei, quali sfide l’intelligence, specialmente quella italiana, ha davanti?
“A livello nazionale l’intelligence ha la sfida, come già accennato, dell’identificazione che avverrebbe attraverso due tipologie di canali. Il primo è relativo all’utilizzo di fonti Humint (Human Intelligence ndr), attraverso il sistema dell’infiltrazione di persone appartenenti alla “seconda generazione italiana”, che comprendono perfettamente la lingua araba e che possono essere dei riferimenti di inserzione di quelle che possono essere le comunicazioni tra persone in ambienti sensibili, come i centri culturali e le moschee. Quindi si tratta di fonti umane, accompagnate da una pressante attività di monitoraggio di siti a rischio che non sono necessariamente quelli dell’ISIS. Possono essere anche siti che dialogano con l’Islam, piuttosto che altri “forum” che circolano. Spesso sono frequentati sia da extracomunitari che vivono in Italia o anche da italiani convertiti. Questi ultimi, specialmente nella fascia di età che va dai 20 ai 40 anni, a causa di una crisi di valori (determinata soprattutto dalla politica), ed economica, possono sentirsi emarginati e trovare una ragione di vita nella fede islamica. Quando parlo di fede islamica, parlo di quella radicalizzante e sinonimo di integralismo islamico”.
Sempre a riguardo delle nuove sfide dell’intelligence, nasce la forte necessità di un coordinamento tra i servizi europei. Secondo lei, in Europa, a seguito dei numerosi attentati negli ultimi due anni, sono stati fatti passi avanti in questo?
“Le rispondo che sono stati fatti su carta, nel senso che, non ci sono delle infrastrutture che operano in maniera effettiva, strutture operative intendo. C’ è una latenza di protocolli e trasmissioni di comunicazione di notizie tra una polizia e l’ altra, ma non mi pare che l’Europol, come unico organo attualmente ufficiale della polizia Europea, abbia creato una struttura ad hoc atta al contrasto del terrorismo. Aggiungo un’altra cosa, non so se lei conosce quelle strutture “para private” che vengono utilizzate negli Stati Uniti a fini di monitoraggio e quant’altro. In Europa e in Italia manca un’effettiva gestione della sicurezza e manca un’ effettiva “educazione” a essa. Inoltre la sicurezza in questo momento storico dovrebbe passare anche attraverso enti privati. Probabilmente perché sono maggiormente specializzati e possono svolgere sicuramente un’attività rilevante per poter utilizzare notizie e farle utilizzare agli enti istituzionali. Di fatto a livello europeo e centrale non si nota una struttura operativa di questo tipo concretamente funzionante”.
Quanto sono pericolosi i Balcani?
“In un’ottica di medio e lungo termine, saranno pericolosissimi perché saranno una delle vie di passaggio di tutti i “fuori – usciti” dalle vie del teatro siriano – iracheno. E’ possibile che in quelle zone troveranno un’ottima piattaforma di logistica, tra le enclavi integraliste, che consenta loro di recuperare armi e contatti per trasferirsi in Europa”.
In questi ultimi giorni c’ è stata la visita ufficiale di Trump in Arabia Saudita e il 22 maggio, quella in Israele. Il Presidente ha visitato le pietre miliari della nostra attuale storia. Quanto cambierà il mondo dopo queste visite?
“Bella domanda. Allo stato dei fatti gli Usa non stanno compiendo niente di particolarmente diverso da quello che è stato compiuto negli ultimi 17 anni. Tenga presente che questa è una mia valutazione che è più di carattere politico, e ritengo che le iniziative ufficiali di visita di Trump non vadano comunque a risolvere problematiche più concrete. Abbiamo una serie di problemi pratici e sicuramente il disegno di tutta l’ area integralista islamica è quello di accerchiare ed eliminare Israele. Il secondo obiettivo è quello di utilizzare l’Europa. Questi progetti risalgono già all’11 settembre del 1683, data della Battaglia campale di Vienna. Sostanzialmente non sono mutati, quindi ‘interesse Europa’ passa attraverso l’eliminazione di Israele. Questo è un ragionamento storico, la cui attendibilità è da discutere, però ripeto le necessità pragmatiche attuali non credo possano essere risolte con delle visite ufficiali”.