a cura di Raja
In Inghilterra continua, inarrestabile, l’ondata di crimini violenti commessi tra i giovani. La notte di sabato 22 settembre, a Wilderton Road, una zona a nord di Londra, all’interno di un appartamento sono stati rinvenuti i corpi di due ragazzi di 17 e 20 anni, entrambi attinti da colpi di arma da taglio. Trasportati in ospedale, le loro condizioni sono apparse da subito critiche e il 20enne è deceduto poche ore il ricovero a causa delle lesioni riportate, mentre l’altro giovane è tuttora sottoposto a terapia intensiva, come riferito dalla Metropolitan Police. Gli inquirenti hanno avviato un’indagine per omicidio anche se la vittima non è stata ancora identificata e sono attesi i risultati dell’autopsia disposta dalla magistratura.
Centesimo omicidio dall’inizio dell’anno con armi bianche
Le statistiche redatte dagli apparati di sicurezza parlano del centesimo omicidio dall’inizio dell’anno compiuto con l’utilizzo di armi bianche in danno di vittime che, per un terzo, sono comprese nella fascia di età tra i 16 e i 24 anni. All’inizio di quest’anno, l’Office of National Statistics, ha pubblicato i dati relativi ai crimini commessi nel 2017 con armi da punta e taglio, che rappresentano ben il 22% di quelli registrati in tutta l’Inghilterra e il Galles.
In aumento i crimini violenti, anche fuori Londra
Nel settembre 2018, i dati della polizia metropolitana di Londra mostrano che il crimine violento è aumentato del 16% nella sola Capitale, pur considerando che la criminalità continua a colpire senza sosta anche al di fuori di Londra. L’8 agosto scorso, il 18enne Sait Mboob è stato soccorso nel Manchester’s Moss Side poichè colpito da pugnalate alla schiena, braccia e gambe, decedendo poche ore dopo in ospedale. Gli inquirenti di Manchester hanno ricostruito la dinamica dei fatti accertando che Mboob e i suoi amici sostavano all’esterno del New Welcome Store di Great Western Street quando qualcuno li ha avvisati che i membri di una gang locale si trovavano nella zona intenti a minacciare i passanti. Poco dopo, anche il gruppo di ragazzi tra cui Mboob, sono stati improvvisamente aggrediti con coltelli e machete da alcuni soggetti scesi da un’auto arrivata a grande velocità. Per l’aggressione, il Tribunale competente ha condannato 7 persone di età compresa tra i 16 e i 23 anni, grazie alla legge denominata “joint venture”, che permette di ritenere responsabile di omicidio un intero gruppo, sia per l’eventuale pianificazione dell’atto e indipendentemente dal soggetto che ha inflitto il “colpo fatale”.
Il tema relativo alla costante crescita dei crimini violenti in UK era stato già affrontato da Ofcs.Report lo scorso 5 maggio, in occasione dei ripetuti episodi di accoltellamento nella capitale britannica che pareva non avere fine. Nei mesi successivi, infatti, si sono registrati oltre 20 episodi che hanno visto le vittime pugnalate a morte, come nel caso del 23 giugno a Romford, dove Jordan Douherty, di soli 15 anni, è rimasto ucciso dopo essere stato attinto da colpi di pugnale, diventando, suo malgrado, la più giovane vittima di un accoltellamento a Londra. Il 16 agosto successivo, 4 ragazzi hanno subito un attacco con machete da parte di una “gang knife fight” a Camberwell, mentre, il 18 settembre è stato pugnalato a morte un 25enne nei pressi del Tufnell Park.
Londra come la Chicago di 20 anni fa
Proprio nel nostro precedente articolo di maggio, si parlava di uno scenario divenuto “troppo locale”, concentrato in determinate aree, dove la detenzione e il porto di coltelli serviva per autodifesa e sottolineando le allarmanti dichiarazioni dell’ex capo della Met, Leroy Logan, che definiva la drammatica situazione come un “virus diffuso a Londra”. In base alle parole dell’ex ufficiale, un recente articolo della Bbc ha pienamente reso l’idea di “epidemia” e “contagio”, paragonando l’ondata di crimini a Londra con la Chicago di 20 anni fa dove, tra il 1994 e il 1999, erano state uccise 4.663 persone. Tale cifra era stata messa a confronto con la realtà di Los Angeles che, pur avendo avuto una popolazione più alta, aveva registrato 3.380 omicidi.
Sull’argomento, si è espresso anche il dottor Gary Slutkin, epidemiologo dell’Organizzazione mondiale della sanità, ritornato a Chicago nella metà degli anni ’90, dopo anni di lotta contro le malattie infettive in Asia e in Africa, in special modo in Uganda. Di rientro negli States, rimase esterrefatto per la realtà del nuovo crimine violento paragonandola proprio alla diffusione di un virus. “Quando sono ritornato qui – ha detto – ho visto sui giornali e in TV che c’erano 14enni che sparavano alla testa di 13enni, uccidendoli. Ragazzini che si sparano a vicenda…”.
Il progetto del dottor Sluktin che arginò la violenza a Chicago
Il dottor Sluktin iniziò a fare ricerche, rendendosi conto che gli episodi violenti si verificavano in gruppo e in determinati luoghi e momenti. La violenza si replicava come una malattia infettiva, aumentando come un’ondata epidemica. Slutkin ottenne finanziamenti da un’università locale e dall’Istituito Cure Violence, un progetto che si occupa di utilizzare metodi di sanità pubblica per contrastare il crimine violento. La metodologia da applicare seguiva l’esempio della lotta all’Aids: “La violenza non dovrebbe essere considerata come un problema con persone cattive”, ma dovrebbe essere trattata come “un virus che ha contagiato le persone”. Si trattava, perciò, di occuparsi della prevenzione prima ancora che della cura.
Adottando quindi lo stesso tipo di approccio sperimentato in Uganda, ricreò la medesima situazione a Chicago, dove reclutò ex membri di bande per rieducare le gangs, intervenendo nelle liti e cercando di risalire alla fonte per impedirle. “Abbiamo usato persone che avevano lo stesso accesso e la stesso comportamento dei soggetti attivi”. Gli effetti furono rapidi, facendo crollare il livello di crimini nell’area che il dottore scelse come esempio “pilota” e il progetto venne applicato anche in altre zone della città, utilizzando sempre i “Violence Interrupters”, che impiegati come intermediari tra bande e forze dell’ordine, riuscivano a prevenire le violenze intervenendo nelle controversie allo scopo di mantenere le situazioni in piena sicurezza.
In Scozia, la città di Glasgow ha adottato il progetto inserendolo nell’area di sanità pubblica che coinvolge anche i servizi sociali ed educativi registrando un calo di oltre la metà nel numero di omicidi tra il 2004 e il 2017. Il progetto della Violence Reduction Unit ha ricevuto 7,6 milioni di sterline dal governo scozzese tra il 2008 e il 2016 e, ultimamente, ha attirato l’attenzione anche del sindaco di Londra, Sadiq Khan, alla ricerca di una soluzione concreta al fenomeno dei crimini violenti dilagante tra i giovani.