Alla fine, più che indipendenza, la volontà di dichiararla. Ma nulla più. E’ finita così la lunga attesa per il discorso del leader della Catalogna Puigdemont, pronunciato con quasi un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto inizialmente. Dopo un lungo riepilogo sulle fasi che hanno riguardato le numerose istanze di Barcellona a Madrid, sempre secondo Puigdemont rigettate al mittente, l’agognata parola “indipendenza” ha fatto finalmente capolino all’interno del gremito Parlamentino di Barcellona. Ma con una variabile.
Se il popolo catalano, il primo di ottobre, “ha chiaramente manifestato la sua intenzione di autogovernarsi”, ponendo così fine a seicento anni di unione con la monarchia castigliana, Puigdemont ne ha, di fatto, sospeso gli effetti, subordinando la dichiarazione d’indipendenza ad un non meglio identificato “dialogo” con Madrid. Una proposta quasi indecente che il portavoce di Rajoy ha immediatamente respinto pochi minuti dopo, in virtù della manifesta illegittimità del referendum dichiarata dal Tribunale costituzionale spagnolo. Un arzigogolo dialettico che darà ancora spazio a retroscena e innumerevoli interpretazioni. Tra una settimana si riunirà di nuovo il Parlamento catalano che, presumibilmente, sancirà la nascita della repubblica catalana. A meno di altri colpi di scena che, stando a quanto già accaduto in meno di dieci giorni, non verranno di certo a mancare. La partita continua.