In Francia lo spettro di una rivolta patriottica contro l’arroganza islamista attraversa il Paese.
Dopo le lettere dei militari in servizio e in pensione del 14 aprile e quella più recente dell’11 maggio, rivolte a Macron in chiave di “extrema ratio” per l’aumentare dell’arroganza delle masse di immigrati che sempre più tendono ad occupare spazi di territorio con l’ipocrita silenzio delle istituzioni, il Governo d’oltralpe prende atto e pare scuotersi dal torpore.
Parigi ha attraversato un doloroso periodo condito da attentati continui e sanguinosi che hanno messo a dura prova l’apparato di sicurezza. Ma all’indomani delle stragi e delle azioni coordinate, si trova oggi a dover fronteggiare una minaccia interna più delocalizzata, un conflitto a “bassa intensità”, ma con assoluto carattere di continuità.
Le rivolte e gli scontri quotidiani con le forze di polizia non hanno scosso più di tanto la politica francese che tende quasi a minimizzare il problema intervenendo con discorsi ridondanti di un ritorno alla legalità, all’unità del Paese e al dialogo con le minoranze etniche. Proclami che sanno di nulla e che non hanno comunque ridato fiducia all’intero comparto sicurezza, dalle forze armate a quelle di polizia.
Ad aprile scorso, un gruppo di ufficiali delle varie Forze armate francesi, in una “Lettera aperta ai nostri governanti” hanno evidenziato come “ l’islamismo e le orde suburbane, portino al distacco di molteplici parti della nazione per trasformarle in territori soggetti a dogmi contrari alla nostra Costituzione. Ogni francese, qualunque sia il suo credo o il suo non credo, è a casa ovunque in Francia; non può e non deve esistere nessuna città, nessun distretto in cui non si applicano le leggi della Repubblica”.
Nella missiva si sottolinea: “Chi avrebbe previsto dieci anni fa che un giorno un professore sarebbe stato decapitato dopo aver lasciato il college? Tuttavia noi, servitori della nazione, che siamo sempre stati pronti a mettere la nostra pelle alla fine del nostro impegno, come richiedeva il nostro stato militare, non possiamo essere spettatori passivi di fronte a tali azioni”.
Viene citato anche il cardinale Mercier, Primate del Belgio, che ha dichiarato: “Quando la prudenza è ovunque, il coraggio non è da nessuna parte”.
I sondaggi premiano la destra di Marine Le Pen
In un recente articolo pubblicato sulla pagina di Scenari economici l’allarme per la sicurezza in Francia porterà ad uno spostamento di consensi elettorali verso l’estrema destra, come testimoniato dall’ultimo sondaggio elettorale del Center for Political Research of Sciences Po (Cevipof), condotta da Ipsos dal 9 al 15 aprile 2021. “In una parte dello studio che ‘Il Parere’ rivela in esclusiva, scopriamo che la polizia e l’esercito voterebbero al 44% Marine Le Pen alle elezioni presidenziali del 2022, il 24% per Xavier Bertrand e il 20% per Emmanuel Macron. Nel secondo turno presidenziale del 2023, il 60% sceglierebbe Marine Le Pen contro il presidente uscente. Un passo in avanti dal momento che, secondo lo stesso studio, il 57% della polizia e dei militari dichiara di aver votato a favore nel secondo turno del 2017”.
Questo mentre il presidente Macron appare paralizzato davanti alla gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico, favorendo la decisa ascesa di Marine Le Pen che si conferma come l’espressione più credibile della Francia dell’Ordine. La lettera dei generali, infatti, non nasce dal nulla, ma da un sentito malessere che percorre tutto il Paese e che i cinque anni di Macron hanno decisamente acuito.
Macron, c’è posta per te
L’11 maggio scorso, un ulteriore inquietante missiva è stata inviata al presidente francese da un altro gruppo di militari d’Oltralpe.
La lettera aperta a Macron reca il titolo: “La guerra civile è in fermento in Francia e lo sapete”.
I militari francesi avvertono Macron del rischio di una “rivolta delle uniformi”, provocata dalle ampie e ingiustificate “concessioni” rivolte alle frange islamiste del Paese per ottenere in cambio la stabilizzazione dei rapporti interni.
Pubblicata sulla rivista conservatrice Valeurs Actuelles, la lettera ha un tono simile a quello utilizzato nella precedente missiva del mese di aprile ma, a differenza di quella, firmata da 25 generali in pensione e soldati in servizio attivo, la nuova lettera è anonima ed è aperta alla firma del grande pubblico. A mezzogiorno di lunedì, aveva attirato oltre 100.000 firme.
Nel corpo della missiva gli anonimi interlocutori si descrivono così: “Siamo ciò che i giornali hanno chiamato ‘la generazione del fuoco’. Uomini e donne, soldati attivi, di tutti gli eserciti e di tutti i ranghi, di tutte le opinioni, tutti amiamo il nostro paese. Queste sono le nostre uniche pretese di fama. E mentre non possiamo, per legge, esprimerci a faccia scoperta, è altrettanto impossibile per noi rimanere in silenzio”. Nella lettera si accusa apertamente, in continuità con lo scritto degli ufficiali del maggio scorso, il presidente Macron di fare “concessioni all’islamismo sul suolo francese, mentre i militari del Paese hanno versato il suo sangue per combatterlo in Afghanistan, Mali, Central Repubblica africana o altrove “.
Alcuni tra gli autori della lettera hanno preso parte all’operazione “Sentinelle”, dedicata alla sicurezza di obiettivi sensibili sul suolo francese, lanciata dopo gli attacchi terroristici del 2015, e hanno assistito alle rivolte di alcune comunità etno-religiose dimostratesi completamente distaccate dal resto del Paese. Nel documento si legge che per tali comunità “la Francia non significa altro che un oggetto di sarcasmo, disprezzo o addirittura odio”.
Anche questa nuova lettera mette in guardia le autorità della repubblica del rischio di una guerra civile imminente, con in gioco l’esistenza stessa della Francia. “Non stiamo parlando di estendere i tuoi mandati o di conquistare altri. Stiamo parlando della sopravvivenza del nostro paese, della sopravvivenza del tuo paese”.
Gli autori della lettera hanno anche espresso un forte sostegno nei confronti dei firmatari della prima missiva e criticato aspramente la risposta “repressiva” del governo ad essa.
Il governo francese corre ai ripari
A fronte delle polemiche sulle falle della sicurezza e sul mancato contenimento dell’espansionismo islamista in Francia, che hanno trovato ampio consenso tra la popolazione, il governo ha presentato un nuovo disegno di legge sulla lotta al terrorismo di matrice islamista che concederebbe maggiori poteri alle forze dell’ordine.
Se è vero che l’avvertimento inviato dai militari a Macron, che stigmatizzava il pericolo derivante dalle “orde islamiste delle banlieue”, è stato respinto dal governo, è chiaro che è valso comunque a scuotere le coscienze e a rivalutare il bisogno di sicurezza della popolazione d’Oltralpe.
Negli ultimi quattro anni, 14 attacchi compiuti in nome dell’Islam radicale hanno provocato la morte di 25 persone in Francia e altre 36 imminenti azioni terroristiche sono state sventate. Un chiaro segnale di una sottovalutazione del fenomeno della radicalizzazione di stampo islamista tra ampie fasce della popolazione di fede musulmana residente in Francia, con il reale rischio di un aumento vertiginoso della contrapposizione di culture differenti e non integrabili.
150 quartieri interamente islamizzati
Il ministro dell’Interno, Christophe Castaner, è venuto a conoscenza di un documento della Dgsi classificato come segreto, contenente la mappatura di circa 150 quartieri “occupati e governati” dagli islamisti.
Sono definiti “Micro-territori che vengono salafizzati in aree improbabili” e la mappa comprende le periferie delle maggiori realtà urbane della Francia: Parigi, Marsiglia e Lione, ma anche diverse città del dipartimento del Nord e, tra queste, Maubeuge dove l’Unione dei Democratici Musulmani di Francia (UDMF) ha raggiunto il punteggio del 40% in un seggio elettorale, e dove “la situazione è allarmante”.
Il 27 novembre scorso, Castaner ha inviato una direttiva a tutti i prefetti di Francia con la quale viene richiesto un maggiore impegno nella lotta all’islamismo e al controllo dei quartieri a maggior densità di immigrati.
Un interessante articolo a firma di Giulio Meotti pubblicato su quotidiano “Il foglio” il 22 aprile 2018, riportava che la recensione di un saggio sulla “Tentation radical” ad opera dei ricercatori Anne Muxel e Olivier Galland. Il libro è l’analisi di un sondaggio condotto su settemila studenti delle scuole superiori. E i risultati si sono rivelati scioccanti.
“Un terzo dei giovani intervistati ritiene che sia normale “partecipare a un’azione violenta per difendere le proprie idee”. Quasi un terzo non si è sentito coinvolto dal minuto di silenzio in omaggio alle vittime di Charlie Hebdo. Condotto nell’arco di tre anni in ventitré scuole superiori di Lille, Créteil, Aix-Marseille e Digione, questo studio ambizioso sui giovani tra i 15 e i 17 anni non ci parla del passaggio all’azione di una piccola minoranza che cade nel terrorismo, ma piuttosto di uno stato mentale più generale che governa un pezzo di Francia”.
Sempre secondo il testo, “Il 32 per cento dei musulmani è “assolutista” nella religione, rispetto al sei per cento dei cristiani. Il 20 per cento dei musulmani dichiara “accettabile in alcuni casi nella società di oggi combattere con le armi in pugno per la propria religione”. Un quarto degli studenti interpellati non condanna gli attacchi contro Charlie Hebdo e il Bataclan, mentre l’80 per cento ritiene che non si deve fare satira sulle religioni. Il campione scelto non è deliberatamente rappresentativo: i questionari sono stati inviati a chi vive dove ci sono state rivolte, scontri con la polizia, caos sociale, ovvero i quartieri settentrionali di Marsiglia, la regione di Lille, la città di Créteil nei sobborghi parigini … Il cocktail più esplosivo è formato da studenti delle scuole superiori tolleranti nei confronti della violenza e radicali nella propria visione religiosa: tra questi, il 70 per cento non condanna gli attacchi a Charlie Hebdo e all’Hyper Cacher. Estratti del sondaggio pubblicato dal Monde riportano testimonianze di chi crede che i giornalisti di Charlie “se la sono cercata”.
Chiaro che alle spalle di tali affermazioni e delle relative posizioni intransigenti da parte dei giovani immigrati, vi sia una infernale macchina di propaganda di stampo islamista che, dagli autoproclamati imam salafiti delle moschee semi-clandestine, giunge a livelli assai più alti, come nel caso della stampa turca che, sotto la spinta del sultano Erdogan, sostiene apertamente la crescita esponenziale dell’Islam radicale sul suolo europeo.
Turchia: i media del regime di Erdogan si mobilitano per difendere la campagna per l’islamizzazione dello spazio pubblico francese.
L’inaspettato tradimento di alcuni militari
Ma le minacce alla stabilità dell’ordine e della sicurezza in Francia, giungono anche da fronti inaspettati.
Infatti, secondo uno studio condotto dal think-tank francese Centre d’analyse du terrorisme (CAT), dozzine di ex militari francesi si sono uniti ai ranghi dei gruppi terroristici. La maggior parte di questi jihadisti ha prestato servizio in operazioni speciali o unità d’élite, una delle quali è la Legione straniera francese.
Il quotidiano Le Figaro ha ricevuto alcuni estratti del rapporto. Questi estratti descrivono che circa 23 ex militari sono stati identificati all’interno di organizzazioni terroristiche o sono stati coinvolti nella pianificazione di attacchi terroristici. Il rapporto afferma che alcuni degli ex militari “si sono radicalizzati dopo essere entrati nell’esercito francese, mentre altri hanno iniziato a radicalizzarsi dopo aver lasciato l’esercito, tuttavia, alcuni avevano intenzione di unirsi a gruppi jihadisti prima di essere reclutati dalle forze armate francesi. “
Più di un terzo di questi ex militari si era convertito all’Islam.
“La questione di individuare le persone che rischiano di diventare radicalizzate mentre prestano servizio [nelle forze armate] è capitale. Anche se l’esercito è una formidabile istituzione per l’integrazione e la coesione, il rischio è reale “, ha detto al Telegraph Thibault de Montbrial, ex paracadutista e presidente del Centre de Réflexion sur la Sécurité Intérieure, un think-tank francese che si concentra su sicurezza interna.
Un ulteriore fondato rischio per la sicurezza nazionale francese che paga lo scotto di un’accoglienza indiscriminata di masse di immigrati frutto delle politiche di governanti irresponsabili. E l’Italia ne sa qualcosa…
L’unica arma disponibile per la Francia e l’intera Europa è creare un serio e deciso argine al fenomeno dell’immigrazione clandestina, ricorrendo ad un approccio più severo e al ricorso ad espulsioni multiple nei confronti dei clandestini che, grazie alla tattica del “passaparola”, giungono sul suolo europeo consci del fatto che godranno di benefici incommensurabili a fronte di un buonismo esasperato propagandato soprattutto dalle formazioni politiche di sinistra in cerca di nuovi consensi.
Islamizzazione forzata?
Il presidente dell’Observatoire du Patrimoine Religieux (Osservatorio del patrimonio religioso) di Parigi, Edouard de Lamaze, ha lanciato l’allarme sulla rapida erosione del patrimonio culturale francese. “Una moschea viene eretta ogni 15 giorni in Francia, mentre un edificio cristiano viene distrutto allo stesso ritmo”. Appena ovvio ritenere che chiunque, cristiano o non cristiano, sia preoccupato per il futuro della Francia.
In un articolo di Robert Spencer, responsabile dell’osservatorio Jihad watch, l’autore cita l’appello di Lamaze per una maggiore consapevolezza, giunto dopo che un incendio ha distrutto la chiesa di Saint-Pierre del XVI secolo a Romilly-la-Puthenaye, in Normandia, nel nord della Francia. L’incendio, ritenuto accidentale, è avvenuto il 15 aprile, esattamente due anni dopo l’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame a Parigi “. Inoltre, “Lamaze ha detto alla CNA in un’intervista che oltre a un edificio religioso che scompare ogni due settimane – per demolizione, trasformazione, distruzione per incendio o crollo – due terzi degli incendi negli edifici religiosi sono dovuti a incendi”.
Tutto questo, ha osservato Lamaze, in un contesto di incomprensione e indifferenza: “L’attuale ministro della cultura sta cercando di stabilire una carta di protezione, ma la situazione è estremamente grave e, ahimè, non vedo crescere alcuna consapevolezza reale, né alcun senso di responsabilità di fronte a questa sfida cruciale per il nostro patrimonio nazionale “.