L’avventura russa in Siria ha favorito il riemergere delle guerre per procura, aprendo una nuova stagione di confronti geopolitici in regioni geografiche dove le controversie locali evocano un rischio di contagio a livello transcontinentale.
La crisi ucraina ha sicuramente risvolti politici ed economici a livello mondiale e potrebbe quindi rappresentare una minaccia sistemica. La stessa valutazione del potenziale effetto delle sanzioni su un grande paese di riferimento come la Russia non ha precedenti, benché gli Stati Uniti sembrino ritenere questi rischi politici ed economici relativamente contenuti.
Le recenti mosse in Ucraina e le conseguenti prese di posizione europee, turche e israeliane, invece, denotano timori più concreti rispettivamente per i riflessi sulle economie del vecchio continente e il coinvolgimento diplomatico e militare del vicino Medio Oriente, segnatamente, di Turchia e Israele.
Nel merito, la cooperazione fra Washington e Mosca, per contenere l’influenza iraniana in Siria nell’ultimo quinquennio, aveva rassicurato Israele che, per bocca del suo ministro degli esteri Yair Lapid, evidenziava che “Abbiamo una specie di confine con la Russia” riferendosi al confine Nord; la Federazione russa, dal canto suo, affermava di avere “interessi chiave nella regione”; più recentemente, criticava gli attacchi missilistici israeliani e iniziava una cooperazione più stretta con le autorità siriane a ridosso delle alture del Golan.
Nello stesso quadrante, la cooperazione russa con la Turchia, che non aveva digerito il diniego americano per l’estradizione di Gülen, aveva favorito la politica turca anti-curda fino a quando il partner russo, fautore con la Turchia di numerose iniziative geopolitiche caucasiche, mediorientali e nord africane, irritato per l’aiuto economico e militare offerto all’Ucraina e ai Tartari di Crimea oltre che dal rifiuto di riconoscere l’occupazione della Crimea del 2014, sosteneva già dal 2021 un coinvolgimento curdo nel futuro assetto della Siria.
Un’ulteriore convergenza fra le due crisi, la principale a parere dell’autore, è rappresentata dalle politiche energetiche di Russia e USA. Tralasciando la preoccupazione all’interno della comunità internazionale per le sue possibili ripercussioni geopolitiche sul Nord Stream 2, la Russia, si è assicurata, attraverso Turkish Botas, la dipendenza di una parte del mercato contrastando il sostegno di Stati Uniti agli sforzi regionali che, attraverso l’utilizzo del gasdotto Eastmed, intendono rafforzare il programma 3 + 1 a cui partecipano la Repubblica di Cipro, la Grecia, e Israele.
La Siria, come l’Ucraina e la Bielorussia, è comunque un paese importante a livello geopolitico nella regione “confinante con la via di accesso terrestre meridionale dell’Europa attraverso la Turchia, e con le rotte marittime verso i principali hub del petrolio e del gas in Grecia e in Italia, oltre ad essere vicina all’Arabia Saudita, al Qatar, all’Iraq e all’Iran.” “L’Iran, poi, ha annunciato qualche tempo fa che costruirà una raffineria di petrolio in Siria, … proprio vicino a Homs”.
A questo si aggiunge la concessione siriana a tempo indeterminato fatta ai russi della base di Hmeimim e l’uso della struttura navale di Tartus fino al 2065 e rinnovabile di comune accordo. Tuttavia, l’affitto di Latakia, feudo assadista in Siria, anche agli iraniani ha complicato grandemente i piani di Mosca che volevano il controllo dell’accesso al Mediterraneo dei prodotti petroliferi.
Ai pubblici interni, Putin ha spacciato le costose e plateali incursioni in Ucraina adottando una narrativa basata sull’autodeterminazione dei popoli e ignorando apertamente la sovranità e l’integrità territoriale di un Paese che, afferma, non essere mai stato indipendente.
In realtà, il trionfo controverso dello zar dei petro-rubli è molto effimero. Il conferimento di bonus economici e incentivi “a pioggia”, in stile italico, non rappresentano una prospettiva sostenibile. La Federazione ha fame di riforme che aiutino a superare un’economia asfittica, creazione di posti di lavoro, attirino migranti qualificati, nonché l’attuazione di misure di sostegno e assistenza socioeconomica.
Nella realtà, l’attuale leadership non dimostra minimamente la lungimiranza per mettere in atto iniziative virtuose e di lungo respiro; per Putin e la sua coorte di oligarchi, infatti, l’unica vera priorità è tutelare il flusso finanziario derivante dai proventi della vendita dei prodotti di natura petrolifera che li ha tenuti al potere fino ad oggi.
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