Se da un lato il valore del dollaro è tale da rappresentare uno strumento di controllo e condizionamento del sistema economico e finanziario globale, dall’altro le criptovalute unite ad una presenza di gruppi criminali nei social network, costituiscono una minaccia sempre più sofisticata per il finanziamento delle attività terroristiche. Infatti, sul fronte della lotta al Daesh è sempre intenso l’impegno degli Stati Uniti nel monitoraggio del ruolo delle criptovalute e dell’uso “innovativo” del sistema finanziario virtuale a scopo criminale terroristico.
A tal proposito, l’House Financial Services Committee (FSC) nel corso della recente udienza sul tema “A Persistent and Evolving Threat: An Examination of the Financing of Domestic Terrorism and Extremism”, ha evidenziato che le criptovalute rappresentano uno strumento importante per il finanziamento di crimini dettati dall’odio e che molto spesso la ricerca dei fondi necessari per tali condotte viene promossa tramite popolari piattaforme social, con campagne di finanziamento e crowdfunding in bitcoin, ovvero attraverso vendite in criptovalute di merci contraffatte, droga, armi e tabacchi. Per questo la nuova sfida è rappresentata dall’affrontare la minaccia terroristica nell’ecosistema digitale che ha reso più “liquido” e “decentralizzato” il meccanismo di finanziamento on line dei gruppi terroristici.
Le conoscenze sui bitcoin si sono molto evolute nel tempo e questo ha consentito di sviluppare metodi molto più sofisticati per raccogliere donazioni a sostegno delle campagne terroristiche. Ad esempio, di recente è stata rilevata la creazione di un sito web contenente una pagina con una richiesta di finanziamento che genera un nuovo indirizzo unico per la donazione di bitcoin ogni volta che la pagina viene aggiornata. Tuttavia, nessuna transazione viene registrata su blockchain di modo che ad ogni indirizzo generato non corrispondano flussi finanziari tracciabili. E questo introduce il secondo step dell’attività che è quello dell’adesione ad un gruppo social per potere ottenere un nuovo indirizzo univoco (che solo il donante potrà visualizzare) da associare ad una donazione, persino schermata da un sistema di anonimizzazione della transazione, sviluppato da alcuni gruppi terroristici.
Sebbene alcuni analisti americani ritengano che le criptovalute non siano adatte a soddisfare le necessità dei terroristi, il livello di attenzione, su scala globale, deve comunque rimanere alto, sia per la carenza, almeno negli Stati Uniti, di una specifica normativa che assicuri trasparenza tra gli exchange, sia per l’introduzione di sempre maggiori restrizioni internazionali sui flussi finanziari, tra le quali degna di nota è ad esempio la recente stretta del premier israeliano Netanyahu sui fondi che Israele trasferisce all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), dalla quota sui dazi doganali sulle merci destinate al mercato palestinese.
Diversamente, l’Europa, dallo scorso 10 gennaio si è già dotata di uno strumento che ha legalmente definito le criptovalute e ne ha disciplinato le piattaforme di exchange ed i providers di wallet elettronici. Si tratta in particolare della quinta Direttiva Europea Antiriciclaggio 2018/843 (5AMLD) che introduce maggiori controlli per gli Exchange di criptovaluta al fine di prevenire il fenomeno criminoso del finanziamento al terrorismo.