Hezbollah si rifà vivo e cresce nel sud del Libano a confine con Israele.
Nella tarda serata di ieri, i caccia da combattimento israeliani hanno preso di mira una base radar aerea a Tartus, in Siria, dove sono stanziati gruppi filo-iraniani, colpendo le installazioni e un trasporto di missili diretti verso il Libano dove operano i miliziani di Hezbollah, nella zona dei monti di al-Qalamun.
L’azione è stata condotta nell’ambito dell’operazione “Breaking Dawn” rivolgendo l’attenzione alla sicurezza nel nord di Israele.
Sono aumentati, infatti, i rischi per Israele dopo le recenti dichiarazioni del numero due di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, che ha sottolineato che la “Resistenza” sta crescendo e non si accontenta più di “reazioni limitate contro l’arroganza israeliana”.
I commenti dello sceicco arrivano mentre l’organizzazione sciita è impegnata in un braccio di ferro con Israele sulla delimitazione dei confini marittimi meridionali con il Libano e sull’esplorazione del gas offshore. La formazione filo-iraniana sta attualmente moltiplicando le minacce contro lo Stato ebraico, che accusa di voler privare il Libano dei suoi diritti di sfruttamento delle risorse di gas, mentre i negoziati indiretti tra Beirut e Gerusalemme rimangono bloccati.
Ai confini a nord dello Stato ebraico, presso Dovev, un piccolo villaggio popolato da poco più di 400 abitanti, gli osservatori israeliani dicono di aver visto uomini, oltre la “Linea blu” che separa il Paese dal sud del Libano, intenti a scattare foto alla zona da un avamposto di osservazione formato da una roulotte e da una torretta. La piccola struttura è adornata da una bandiera del gruppo ambientalista “Verdi senza frontiere” che, secondo fonti libanesi, sarebbe ufficialmente impegnata nell’attività di “birdwatching”.
Funzionari israeliani, interpellati in merito, affermano che la postazione appartiene a Hezbollah ed è parte dei 22 avamposti che sono apparsi negli ultimi tre mesi lungo la Linea Blu monitorata dalle Nazioni Unite. “Questo è un grande cambiamento rispetto a quello che abbiamo visto negli ultimi anni”, afferma un l’alto funzionario militare che ha sottolineato come la presenza lungo i confini di “Hezbollah stia diventando molto, molto palese” ed è parte di un’improvvisa e preoccupante escalation che ha portato Israele a mettere le sue forze settentrionali in massima allerta.
L’esercito israeliano, infatti, sostiene che Hezbollah sta rinforzando la sua presenza lungo la Blue Line in violazione degli accordi internazionali.
Israele ha chiesto alla Forza internazionale delle Nazioni Unite schierata in Libano (Unifil) di intervenire, ma i Caschi blu sostengono di avere le mani legate.
Un portavoce dell’Unifil ha dichiarato di essere a conoscenza delle 22 postazioni apparse di recente, ma di non poterle ispezionare perché il governo libanese le ha dichiarate di proprietà privata. “Unifil non ha osservato persone armate non autorizzate nei siti né ha trovato alcuna base per segnalare una violazione – ha dichiarato il portavoce Andrea Tenenti – Da parte nostra, Unifil rimane vigile e continua a monitorare da vicino tutti questi siti e la Linea Blu”.
Da parte sua, il Comandante della Forza UNIFIL, Generale Maggiore Aroldo Lázaro, del contingente spagnolo, durante una riunione “tripartita” tenutasi il 12 agosto con ufficiali libanesi e israeliani, si è concentrato sugli incidenti lungo la Linea Blu e sulle continue violazioni aeree. Nell’affrontare gli incidenti lungo la Blue Line, ha esortato entrambe le parti ad evitare qualsiasi azione che possa mettere a rischio la cessazione delle ostilità: “La stabilità della Blue Line non deve essere data per scontata. La retorica bellicosa fa salire la tensione e aumenta il senso di apprensione delle popolazioni locali”.
Le attività di Hezbollah, che secondo i funzionari israeliani includono il raddoppio del numero e delle dimensioni delle pattuglie vicino al confine, sono compiute in concomitanza con una serie di incursioni con i droni e un ritmo incalzante di minacce da parte dei leader di Hezbollah, mentre i mediatori americani fanno a gara per risolvere la disputa tra i due Paesi sui giacimenti di gas naturale nel Mar Mediterraneo.
Dopo due anni di estenuanti trattative, entro settembre Israele dovrebbe iniziare a estrarre gas dalla piattaforma Karish Field che il Libano continua a sostenere come parte della sua sovranità nonostante le reiterate minacce da parte del Libano e di Hezbollah che, nei mesi scorsi, ha inviato droni verso il giacimento di gas, compresi tre velivoli senza pilota che sono stati abbattuti da Israele. I droni, seppur disarmati, hanno lasciato intendere la capacità di Hezbollah di colpire l’impianto offshore in qualsiasi momento.
All’inizio del mese di agosto, il capo delle forze armate israeliane ha informato il gabinetto di sicurezza che la situazione rischiava di trasformarsi in un’escalation militare con Hezbollah, secondo quanto riportato dai media israeliani. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) avrebbero avvertito Hezbollah tramite intermediari che qualsiasi attacco, da terra o verso il mare, provocherà una feroce rappresaglia.
Il picco di tensione arriva mentre Israele guarda nervosamente agli sforzi internazionali per ripristinare un accordo con l’Iran sul programma nucleare che, secondo Gerusalemme, potrebbe alleggerire le sanzioni economiche contro Teheran, e rischierebbe di dare ulteriore potere anche alle organizzazioni sciite contigue, tra le quali Hezbollah e la Jihad islamica palestinese.