Hamas, epurato dal Qatar, viene accolto da Erdogan. Successivamente ad una sorta di “epurazione” da parte di Doha, sancita da accordi segreti tra la leadership qatariota, gli Usa e Israele, il gruppo terroristico è riuscito nell’intento di stringere un accordo riservato con la Turchia. Se il regime qatariota pare abbia concesso libertà di azione ad Israele e Usa per colpire i leader di Hamas, tra questi il famigerato Khaled Meshaal, l’organizzazione terroristica non si è fatta cogliere impreparata ed ha sancito ulteriori accordi con Ankara. Nelle scorse settimane, infatti, si sono rincorse notizie su un possibile trasferimento della leadership politica di Hamas dal Qatar verso altri paesi tra i quali Siria, Iraq e appunto Turchia. Una notizia che, però, attraverso l’alto funzionario Mousa Abu Marzouk, Hamas ha smentito bollando le indiscrezioni come “propaganda mediatica”. L’esponente del gruppo terroristico ha poi aggiunto che se mai dovessero decidere di lasciare Doha, ma non sarebbe questo il caso, “potrebbe trasferirsi in Giordania”.
Tuttavia, informazioni sempre più univoche sulla sorte dei leader di Hamas, che vivono nel lusso mentre la popolazione palestinese subisce la guerra nella Striscia di Gaza, vorrebbero un trasferimento dei leader da Doha ad Ankara. Il Qatar, infatti, potrebbe non essere più un posto sicuro per i terroristi, al netto dell’effettiva attuazione da parte di Doha degli accordi con USA e Israele, anche per il rischio di eventuali sanzioni o boicottaggi commerciali nei confronti del Paese del Golfo che pesano in maniera non indifferente sulla lealtà dei qatarioti. Ma è bene ricordare la pratica coranica della Taqyyia (dissimulazione) sconosciuta ai più, che potrebbe comunque fare la differenza tra parole e azioni di Doha.
Erdogan e il suo doppiogiochismo islamista
Al netto di quello che farà il Qatar, il presidente turco appare ben lieto di accogliere nel suo Paese l’organizzazione terroristica che più delle altre si è dimostrata spietata nei confronti di Israele, soprattutto in occasione della strage perpetrata il 7 ottobre scorso in danno della popolazione civile stanziata a nord della Striscia di Gaza. È quanto emerge da documenti rinvenuti dall’Israel Defence Forces che rivelano che Hamas ha pianificato di stabilire inizialmente una base segreta in Turchia così come, in chiave prospettica, creerà ulteriori sedi in Occidente per coordinare attacchi contro obiettivi israeliani presenti nel Continente europeo.
Un documento in particolare, intitolato “Fondazione di una base in Turchia” rinvenuto nell’appartamento di tale Hamza Abu Shanab, soggetto vicino a Yahya Sinwar, ammette che “gli sforzi di Israele per reprimere la Striscia di Gaza negli ultimi dieci anni hanno posto Hamas sulla difensiva”. Proprio in risposta a tale situazione ’emergenziale’, l’organizzazione terroristica avrebbe previsto di stabilire nuove basi in diverse località, allo scopo di rafforzare “le forze della resistenza militarmente, diplomaticamente e moralmente”. Queste sedi rappresenterebbero degli hub per condurre operazioni speciali e, nella fattispecie, “in grado di svolgere operazioni militari e di intelligence in futuro”, tra queste omicidi mirati di “ufficiali e comandanti del Mossad” e “israeliani influenti” nonché rapimenti e sabotaggi di navi militari israeliane. Tutto ciò è parte di una pianificazione triennale che includerebbe dettagli sui soggetti appartenenti alla leadership di Hamas che saranno destinati a tali scopi e sulla metodologia da seguire per il finanziamento del piano gestito da Zaher Jabarin, già di stanza ad Istanbul.
La Turchia, il paese NATO che sostiene Hamas
Nei giorni scorsi Erdogan ha rivelato che negli ospedali turchi vengono curati circa un migliaio di membri di Hamas ed ha tenuto a ribadire il suo sostegno ai terroristi definendo l’organizzazione come “un gruppo di liberazione”. Secondo il presidente turco, Hamas non ha condotto operazioni terroristiche dalla Turchia e, grazie a numerosi incontri con i suoi leader, non ultimo Ismail Haniyeh, è stato concesso il permesso al gruppo palestinese di mantenere uffici a Istanbul. Proprio nel corso del mese, il Premier turco aveva emesso l’ordine di porre fine a tutti gli scambi commerciali tra Turchia e Israele, ma alcuni funzionari israeliani, hanno tuttavia riferito che si è trattato di un’ordinanza che non ha avuto alcun seguito ed in effetti gli scambi commerciali tra i due Paesi sono di fatto continuati.
Scontata la riflessione che si impone: la Turchia, Paese aderente all’Alleanza atlantica, rappresenta una serpe in seno? Il doppio gioco di Erdogan è palese. Il presidente turco mantiene, infatti, il “piede in due scarpe” intendendo apparire come una sorta di pacere nella crisi russo-ucraina senza prendere una specifica posizione, ma anche come paladino dei diritti dei “palestinesi” ad ottenere benefici territoriali a discapito di Gerusalemme.
La vicinanza del presidente turco ad Hamas, organizzazione che in quasi tutto l’Occidente viene ovviamente tacciata di essere “terroristica” tranne che dalla Turchia, rappresenta di fatto un angosciante rischio per tutto l’Occidente.
La Turchia per la sua posizione strategica nonché per l’ appoggio pseudo religioso fornito alla “causa palestinese”, potrebbe infatti fornire un’utile itinerario verso l’Europa per cellule terroristiche, nonché per il passaggio di finanziamenti occulti alle basi occidentali di Hamas.