Hamas cerca fondi. Dopo la Turchia fa tappa anche in Marocco. Prosegue la tournée internazionale di Ismail Hanyeh, leader del gruppo terrorista Hamas, improntata alla raccolta di fondi da devolvere al riarmo dell’organizzazione dopo il fallimento dell’offensiva contro Israele. Nel suo peregrinare alla ricerca di finanziamenti a sostegno della jihad contro lo Stato ebraico, Hanyeh, seppur gravato da provvedimenti di cattura, dopo il recente soggiorno a Istanbul, beneficia dell’ospitalità del Marocco.
Da mercoledì scorso, infatti, dietro invito di Saad Dine El Otmani, leader del locale Partito dello sviluppo e della giustizia (PJD), la delegazione di Hamas, guidata dallo stesso Hanyeh, è impegnata in serrati colloqui incentrati sulla “causa palestinese” a seguito dei quali chiederà il sostegno economico degli esponenti del partito islamista marocchino.
Non è solo un caso che la formazione di Rabat, sostenitrice del gruppo terrorista, si ispiri all’omonimo partito turco fondato nel 2001 da Recep Tayyip Erdogan che ha ospitato il leader di Hamas prima della sua tappa in Marocco garantendo il sostegno economico alla “causa”.
La visita a Rabat di Hanyeh non ha comunque sorpreso analisti e commentatori di settore.
Nonostante il processo di normalizzazione dei rapporti con Gerusalemme, il re Mohammed VI, in più occasioni, ha inteso esprimere la sua volontà di “difesa dei diritti dei palestinesi”, pur sottolineando che la visita di Hanyeh in Marocco non riveste caratteri di ufficialità. Ma tant’è. Il governo di Rabat dimostra una palese ambiguità in materia di politica estera, palesando un atteggiamento di malcelata arroganza ottenuto in forza del palcoscenico internazionale guadagnato con i ricatti contro l’Europa a forza di aperture e chiusure dei rubinetti del flusso di clandestini verso le enclavi spagnole in nord Africa, delle tensioni dovute alla questione del Polisario e del sostegno alla “causa palestinese”, in contrasto con i recenti accordi stipulati con Israele.
La rete di finanziamento del terrorismo si evolve con le criptovalute
Appena il 25 maggio scorso, durante una conferenza stampa a chiusura della sua visita a Gerusalemme, il segretario di Stato americano Antony Blinken, aveva sottolineato l’estrema difficoltà di contribuire al finanziamento di aiuti umanitari per Gaza evitando che i contributi finissero nelle tasche di Hamas.Ma il gruppo terrorista è subito ricorso al piano “B”, rivolgendo un appello alla contribuzione della causa alle reti di finanziamento stanziate in Europa, Africa e Asia.
Ne riferisce il website kharon.com, specializzato in materia di analisi del fenomeno terroristico.
Secondo quanto appreso, l’organizzazione Hamas avrebbe utilizzato la “Aqdar Yonetim Hizmetleri Limited Şirketi”, una società di recente costituzione in Turchia, per attingere a valute estere attraverso un conto corrente aperto in una banca turca.
In concomitanza con l’inizio dell’ultimo conflitto con Israele, la Palestinian Zakat Institution, legata ad Hamas e con sede a Gaza, ha istituito una campagna di soccorso d’emergenza sollecitando donazioni in euro e dollari statunitensi da dirottare nella banca turca di Istanbul, attraverso un conto intestato alla Aqdar Yonetim Hizmetleri.
Ufficialmente la società turca, secondo la profilazione alla Camera di Commercio di Istanbul, è impegnata in una serie di attività commerciali, tra cui importazioni di tecnologia informatica, servizi e riparazioni, beni immobili e servizi di viaggio, ma l’amministratore unico della Aqdar Yonetim risulta essere tra i proprietari del dominio web di una stazione televisiva gestita da Hamas.
Le elargizioni in favore di Hamas, ottenute per il tramite di enti di beneficenza, sono cresciute in modo esponenziale con l’utilizzo delle criptovalute, come riferisce il Wall Street Journal.
Nel solo 2020, gli Stati Uniti hanno provveduto al sequestro di ben 150 indirizzi di criptovalute associati alle Brigate Izz al-Din al-Qassam, ala armata di Hamas, provvedendo al blocco dei siti web coinvolti con transazioni.
Ma il canale Telegram delle Brigate al-Qassam continua, comunque, a sollecitare le donazioni in Bitcoin collegandosi a un sito di al-Qassam attivo da questo mese e di cui abbiamo riferito in specifico articolo.
Grazie alla rete precostituita di donatori, le Brigate al-Qassam, dall’inizio del 2021, hanno ricevuto fino a oggi ben 100.000 dollari in bitcoin, con un picco di elargizioni raggiunto a maggio durante il conflitto con Israele. Donazioni che non hanno raggiunto la popolazione di Gaza, ma che hanno contribuito a rinforzare gli arsenali di Hamas aggravando, di fatto, la persistente situazione di tensione nella regione.