Narcotraffico, prostituzione, traffico di esseri umani. La criminalità gestita dai nigeriani spaventa l’Italia e non solo. La reputazione di chi arriva dalla Nigeria è seriamente compromessa a causa del numero di reati che commettono quotidianamente. Una situazione che si verifica anche in altri paese europei e in America. Uno dei tanti allarmi, rimasti inascoltati, è arrivato a novembre 2017 dal presidente del Senato nigeriano, Bukola Saraki, il quale aveva descritto l’immigrazione clandestina come una seria minaccia sia per la sicurezza nazionale sia anche per l’immagine distorta del suo Paese che viene fornita.
Non è la prima volta, però, che alti esponenti del governo nigeriano esprimono la loro contrarietà al fenomeno dell’emigrazione dal Paese verso l’Europa. Nel febbraio 2016, infatti, in un’intervista concessa al Telegraph, il presidente Muhammadu Buhari, aveva chiaramente sottolineato che l’emigrazione dal Paese non riguarda soggetti abili al lavoro, ma ex galeotti o giovani inoccupati che vedono nell’Occidente una facile via di uscita da una realtà di lavoro e sacrificio in favore di un’esistenza al di fuori della legalità e, nella maggior parte dei casi, a un futuro di illegalità.
I sodalizi nigeriani
La prevalenza dei nigeriani, oltre 37mila nel 2016, tra le nazionalità dichiarate al momento dello sbarco sulle nostre coste, la dice lunga sull’ampiezza del fenomeno migratorio clandestino proveniente da quel paese africano. E, successivamente all’ingresso in Italia, come sottolineato ancora una volta nella Relazione dei servizi segreti del 2016, “tra le matrici criminali straniere che hanno evidenziato un’elevata strutturazione e i caratteri della transnazionalità, emergono – tra gli altri – i sodalizi nigeriani, particolarmente attivi nel narcotraffico, nella tratta degli esseri umani, nell’immigrazione clandestina di connazionali e nello sfruttamento della prostituzione”.
Ampio spazio, quindi, a una vasta gamma di reati ai quali dedicarsi senza sottovalutare, peraltro, la diffusione delle bande organizzate ‘cultiste’, “dotate di elevate capacità intimidatorie” che le rendono particolarmente idonee al controllo della comunità etnica di riferimento, che viene esercitato con modalità mafiose e finalizzato al reclutamento di soggetti da avviare al crimine.
Boko Haram
Da non sottovalutare, in chiave prospettica, anche il ruolo svolto dai seguaci del gruppo nigeriano “Boko Haram” che, sebbene da ritenersi almeno per il momento estraneo a una internazionalizzazione delle attività, dopo l’alleanza sancita con l’Isis, nel marzo 2015, deve ritenersi come un fenomeno in crescita, soprattutto in considerazione della capillare presenza in Italia di soggetti “a rischio radicalizzazione” provenienti da quell’area geografica.
Il conferimento di “governatore dell’Africa occidentale dello Stato islamico”, del quale è stato insignito Abu Musab al Barnawi, leader di una parte del gruppo nigeriano, da parte del Califfato di al Baghdadi, pur nella sua fatuità potrebbe costituire un pericolo in vista dell’invio dei nostri militari in Niger, paese coinvolto dalle attività di Boko Haram. La scissione del gruppo terroristico in due fazioni, una delle quali controllata da Abu Bazar Shekau e l’altra dal citato Barnawi, deve considerarsi come fattore di rischio poiché il dualismo della leadership rende incontrollabili le iniziative delle due frange antitetiche. Quindi, non si può escludere a priori un loro interesse ad allargare i confini della jihad con il rischio che il nostro Paese, dove la presenza di clandestini nigeriani ha raggiunto livelli di guardia, finisca con il confrontarsi con nuove realtà islamiste fino ad oggi semi-sconosciute.