Per il secondo giorno consecutivo, le strade di Gaza si riempiono di proteste contro Hamas. Voci che gridano slogan contro chi da anni tiene la Striscia sotto scacco. Dopo le prime proteste a Beit Lahiya, Jabalia e Khan Yunis, stamattina è toccato al quartiere Shejaiya di Gaza City. Di nuovo, a Beit Lahiya centinaia di persone sono tornate in piazza con un messaggio che non lascia spazio a interpretazioni: “Fuori Hamas”. In un contesto in cui il dissenso da anni è represso con la forza, queste proteste sono un evento raro, quasi impensabile. Ma forse la misura è colma, anche considerando il forzato, sconsiderato ed inumano utilizzo della popolazione locale come scudo umano.
Hamas controlla Gaza dal 2007, dopo aver estromesso al Fatah con le armi. Da allora nessuna elezione, nessuna alternativa, solo potere assoluto e corruzione. I soldi arrivati da vari finanziatori, anche istituzionali, in giro per il mondo, sono stati usati non per il benessere della popolazione ma per ingrassare le tasche dei vari leader del gruppo terroristico e costruire tunnel che sono serviti per attaccare Israele il 7 ottobre scorso. Nella Striscia tutti sapevano e pochi hanno avuto, nel corso degli anni, la forza o la voglia di ribellarsi.
Gaza: proteste contro Hamas dopo 17 mesi di guerra
Ma adesso che, sempre secondo i dati diffusi da Hamas sui quali le verifiche indipendenti scarseggiano, i morti a Gaza dall’inizio del conflitto sarebbero circa 50.000, in gran parte terroristi, forse quel velo di omertà e connivenza sta svanendo. Solo nelle ultime ore, altri 830 palestinesi hanno trovato la morte sotto le bombe israeliane indirizzate contro cellule terroristiche che, come consuetudine consolidata, si mischiavano a gruppi di civili. E il bersaglio delle proteste, questa volta, non è solo Gerusalemme. La rabbia è rivolta contro Hamas, accusato di aver trasformato Gaza in una trappola mortale.
Dopo 17 mesi di guerra, nella Striscia mancano acqua, cibo, medicine, rifugi. La popolazione è allo stremo. E per qualcuno, ora, è chiaro: chi governa da anni senza dare risposte, chi terrorizza e usa i civili come scudi umani, chi si arricchisce mentre la gente muore è Hamas.
E anche dal sud della Striscia alcune famiglie avrebbero lanciato l’appello a scender in strada per protestare contro Hamas, accusato di aver causato un “assedio ingiusto” a “causa delle loro decisioni. Scendiamo in strada e facciamo sentire la nostra voce: Gaza tornerà ai suoi abitanti!”.
Gaza, al Fatah dopo le proteste contro Hamas: “Si faccia da parte”
Anche Fatah alza la voce. Munther al-Hayek, portavoce del partito di Abu Mazen a Gaza, è stato netto: “Hamas deve farsi da parte per il bene del popolo”. Un appello che arriva dopo anni di silenzi e tensioni interne. Ma oggi, con Gaza in ginocchio, i nodi vengono al pettine. Certo, la posizione di al Fath, il partito paramilitare dell’Olp, non poteva che essere contro Hamas. Ma per anni hanno taciuto, forse per comodo o per scarso sostegno da parte della popolazione. E adesso prova a rialzare la testa.
Hamas: “Colpa di Israele se muoiono gli ostaggi”
Nel frattempo Hamas prova a deviare l’attenzione sugli ostaggi israeliani. “Stiamo cercando di tenerli in vita, ma i bombardamenti sionisti mettono tutto a rischio”, afferma in un comunicato. Un disperato tentativo di spostare l’attenzione, forse, mentre sul campo il rischio è quello di perdere consensi e credibilità. Ma è troppo presto per cantare vittoria. Hamas è radicata nella Striscia, dove i suoi esponenti, affiliati e simpatizzanti sono numerosi ed operano in concorso con le molte famiglie che vantano legami con il gruppo terroristico.
Israele risponde: “Aumenteremo la pressione”
Dall’altra parte del confine, Netanyahu non mostra segni di cedimento. Alla Knesset, il Primo Ministro israeliano ha promesso nuove misure, compresa la possibilità di confiscare territori nella Striscia se Hamas non cede sugli ostaggi. Il ministro Katz, pochi giorni fa, aveva già parlato di annessioni.
Razzi, evacuazioni e nessuna tregua in vista
Nel frattempo, la Jihad Islamica ha rivendicato due razzi lanciati da Gaza. Nessuna vittima, ma l’IDF ha ordinato nuove evacuazioni. Ma a Gaza qualcosa si è rotto. Per la prima volta la rabbia popolare non è diretta solo contro il “nemico esterno”. A finire nel mirino è chi, da anni, governa con violenza. E che oggi, forse, inizia davvero a perdere il controllo.