Fronti minacciosi contro Israele isolato dall’Occidente si palesano all’orizzonte.
L’intero establishment di Gerusalemme, all’indomani della strage di ieri, al momento senza colpevoli, di Monte Meron, è in allarme per la preoccupante situazione geopolitica che l’area mediorientale sta attraversando. Le minacce, infatti, giungono da più fronti, da Gaza al sud del Libano, da Teheran alla Siria, dall’Iraq allo Yemen.
L’isolamento di Israele
Le aree di conflitto si sono moltiplicate anche a causa dell’isolamento che Israele sta patendo da parte di buona parte dell’Occidente e, in ultimo, anche dagli Usa, da dove il neo eletto Joe Biden non ha risparmiato di manifestare la propria simpatia per la causa “palestinese” sbloccando i fondi che ufficialmente verrebbero devoluti in beneficenza per la popolazione di Gaza tramite le Ong e il governo dell’Autorità nazionale palestinese.
Seppur ritenendo meritevoli i fini di tali elargizioni, non si può ignorare che le sofferenze degli arabo palestinesi non vengono certo alleviate dalle varie leadership dei gruppi terroristici che controllano buona parte delle zone di confine con Israele. Tali entità, piuttosto, devolvono gli aiuti economici acquisiti nell’acquisto di armamenti e nell’arruolamento di miliziani con l’aiuto di Iran e Siria e la silenziosa benevolenza di Ankara, non scevra da un inquietante appoggio esterno al terrorismo palestinese.
Da mesi Gerusalemme si trova di fatto assediata da fronti diversi, sia dall’esterno che all’interno dei confini di Israele.
Oltre che i soliti lanci di razzi dal sud del Golan e da Gaza, le forze armate israeliane si confrontano anche nel Golfo persico dove l’Iran è teso a spadroneggiare con l’aiuto dei ribelli sciiti yemeniti, gli Houthi, che minacciano il naviglio mercantile.
Il premier Benyamin Netanyahu, la scorsa settimana ha convocato d’urgenza una riunione con il ministro della Difesa Benny Gantz e gli alti gradi dell’esercito al termine della quale ha dichiarato di aver dato ordine “di prepararsi ad ogni scenario”.
Scontri a Gerusalemme e razzi da Gaza
In cima alle inquietudini di Gerusalemme vi è la situazione di estrema tensione nella zona della Striscia di Gaza da dove in una settimana sono stati lanciati circa 100 razzi e innumerevoli palloncini esplosivi contro gli insediamenti ebraici vicini ai confini.
La reazione non si è fatta attendere e i raid condotti dall’aviazione israeliana e dall’artiglieria dell’esercito hanno colpito obiettivi di Hamas a Gaza.
In merito non rassicurano le dichiarazioni palestinesi delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, legate a Fatah, la componente politica del presidente Abu Mazen, quelle di Abu Ali Mustapha del Fronte popolare della liberazione della Palestina (Fplp) e il gruppo salafita ,rivendicando la responsabilità del lancio dei razzi, hanno incoraggiato la rivolta scoppiata nei giorni scorsi a Gerusalemme contro la popolazione civile ebraica e le forze dell’ordine, minacciando che “la risposta maggiore deve ancora arrivare”.
Hamas si è ovviamente schierato con i rivoltosi, definendo in un comunicato, gli scontri alla Porta di Damasco della Città Vecchia come un “complotto israeliano contro la Moschea di Al-Aqsa” ed esortando gli insorti e le fazioni militanti a Gaza a “tenere il dito sul grilletto ed a preparare missili pronti a sparare” contro Israele.
Khaled Mashaal, leader di Hamas all’estero ha dichiarato: “Dobbiamo trasformare Gerusalemme in un centro di conflitto, quindi tutte le fazioni e le forze palestinesi devono unirsi contro l’occupazione. Faremo del mese di Ramadan un momento importante per la resistenza contro l’occupazione e i suoi coloni”.
Il prossimo obiettivo dei palestinesi, secondo alcune fonti, sarebbe stato individuato in una escalation della rivolta da attuarsi durante gli eventi legati alle celebrazioni del “Giorno della Liberazione di Gerusalemme” il 9 maggio.
La spada di Damocle iraniana
In relazione alla minaccia iraniana, le Guardie della rivoluzione di Teheran hanno fatto sapere che se le tensioni tra Gerusalemme e l’Iran dovessero sfociare in una guerra, Israele potrebbe affrontare attacchi di fazioni sostenute dall’Iran da ben quattro paesi della regione.
Infatti, secondo shafaq.com, testata web irachena, il Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane (IRGC) avrebbe stabilito una vasta rete di emissari sciiti s in tutto il Medio Oriente agli ordini di Teheran.
L’esperto iraniano Nader Uskowi ha detto che la forza extraterritoriale Quds dell’IRGC ha reclutato armato e organizzato fino a 200.000 combattenti sciiti in tutto il Medio Oriente.
L’analista ha dichiarato che “negli ultimi anni, l’IRGC ha fornito a molti di questi potenti gruppi missili e razzi sempre più precisi e a lungo raggio. Ha anche aiutato molti di loro a sviluppare la capacità di produrre localmente queste armi “.
Un documento di ricerca pubblicato dall’International Institute for Strategic Studies (IISS) dal titolo “Missile Multinational: Iran’s New Approach to Missile Proliferation” rileva che la Forza Quds, in collaborazione con l’industria missilistica iraniana, “sembra intenzionata a consentire a tutti i suoi principali proxy di essere in grado di produrre autonomamente razzi di artiglieria e missili a guida di precisione”.
“Il successo di questo progetto ‘multinazionale’ potrebbe avere significative ramificazioni strategiche e di sicurezza per Israele. E, a detta di molti, ha già compiuto progressi significativi negli ultimi anni. Dall’immediato nord del Libano fino al sud-est dello Yemen, Israele sta assistendo alla rapida proliferazione di missili sempre più letali nelle mani dei delegati dell’Iran “. La rivista forbes.com ha invece sottolineato che saranno i fronti che si apriranno contro Israele: il Libano, l’Iraq, lo Yemen e la Siria.
La rivista online statunitense evidenzia che “In Iraq, dove i gruppi armati più potenti che operano sotto l’ombrello delle Forze di mobilitazione popolare (PMF) a maggioranza sciita approvate dallo stato sono controllati dall’Iran, Teheran ha fornito ai suoi delegati della milizia razzi più avanzati e, più recentemente, persino armati. droni. “
“Nel 2018, l’IRGC ha trasferito un piccolo numero di missili balistici a corto raggio (SRBM) a queste milizie come parte di un piano di backup nel caso in cui l’Iran venisse attaccato da Israele o dagli Stati Uniti. “Ha aggiunto.
“I missili Zelzal, Fateh-110 e Zolfaqar in questione hanno una portata da circa 200 km a 700 km [approssimativamente da 120 a 430 miglia], mettendo la capitale dell’Arabia Saudita Riyadh o la città israeliana di Tel Aviv a una distanza impressionante se le armi fossero dispiegate in Iraq meridionale o occidentale “, ha osservato Reuters nel suo rapporto esclusivo del 2018 che ha rivelato questo trasferimento”.
“Più significativamente, l’Iran ha aiutato queste milizie a stabilire fabbriche in Iraq per costruire più di questi missili. Nel luglio 2020, l’Organizzazione irachena Badr sostenuta dall’Iran ha svelato razzi costruiti localmente che sono più o meno paragonabili ai razzi iraniani Naze’at e Zelzal “.
“Il trasferimento di successo della tecnologia, dei componenti e del know-how probabilmente rende più difficile prevenire la proliferazione di tali missili superficie-superficie negli arsenali di queste milizie”.
Un arsenale crescente di SRBM in Iraq potrebbe potenzialmente minacciare Israele in caso di una guerra tra Iran e Israele
in tutta la regione in futuro, così come i droni a lungo raggio.
Dal Libano la minaccia giunge da Hezbollah
Negli ultimi 15 anni, l’Iran ha contribuito ad armare le milizie di Hassan Nasrallah con un enorme arsenale di missili e razzi.
Oggi il gruppo ha accumulato un enorme arsenale di missili e razzi a lungo raggio che sfiorano i 100.000 vettori, molti dei quali hanno la portata di lancio per colpire qualsiasi parte di Israele compresi gli obiettivi civili.
Nella mentalità di Hezbollah e dei suoi sostenitori, infatti, le vittime civili sono accettabili “sulla via della liberazione”. Questo è lo stesso ethos che spinge Hezbollah a immagazzinare razzi all’interno di case civili nel sud del Libano ed a gridare al gioco sporco quando tali siti vengono bombardati da Israele.
Le basi di Teheran in Siria
Nella Siria del sud, come riferito da fonti di intelligence, l’Iran è impegnato nella costruzione di officine per l’ industria missilistica e delle armi in compound sotterranei preesistenti per sviluppare un arsenale sofisticato entro la portata dei centri abitati israeliani. Tale operazione è ritenuta più sicura diversamente da un trasporto via terra dei materiali necessari alla produzione.
La strategia dell’assemblaggio in loco di missili in grado di minacciare Israele sarebbe in procinto di essere esportata anche in Iraq e nello Yemen dove gli Houthi hanno ripetutamente preso di mira la vicina Arabia Saudita con missili balistici e droni sempre più letali e sofisticati forniti dal regime iraniano.
(crediti foto in evidenza: jpost.com)