Nella recente e difficile situazione che avvolge il Mar Cinese Meridionale, in molti continuano a chiedersi quale sarà il destino dell’alleanza tra gli Stati Uniti e le Filippine.
Alcuni giorni fa, il presidente Rodrigo Duterte, rivolgendosi alle proprie Forze armate in occasione di una visita dedicata alle tecnologie aeronautiche recentemente acquisite da Manila, ha tuonato contro gli Stati Uniti che avrebbero dovuto pagare per poter mantenere in piedi il trattato che consente alle loro forze armate di stazionare nelle Filippine, ribadendo che “… è una responsabilità condivisa, ma la tua parte di responsabilità non è gratuita, dopotutto, quando scoppia la guerra paghiamo tutti …”, alludendo naturalmente alle frizioni in essere tra Washington e Pechino nel Mar Cinese Meridionale.
Il trattato in questione è il VFA – Visiting Forces Agreement, un accordo bilaterale del febbraio 1998 diventato poi efficace il 27 maggio 1999, che consente di fatto agli Stati Uniti di poter compiere ogni anno centinaia di esercitazioni militari ed attività congiunte nelle Filippine. Inoltre, l’accordo contiene una serie di facilitazioni per tutto il personale militare e civile degli Stati Uniti in materia di ingressi e partenze dalle Filippine, guida e immatricolazione di veicoli, la giurisdizione cosìdetta “criminale”, reclami, importazioni ed esportazione di materiali o attrezzature ed infine la movimentazione di navi e aeromobili.
Una delle peculiarità è appunto quella di garantire agli Stati Uniti la competenza sui reati eventualmente commessi dal proprio personale militare o civile di stanza nelle Filippine, salvo quelli riconosciuti di “particolare importanza” dalle autorità locali. Ciò significa che per crimini senza questa connotazione, gli Stati Uniti possono rifiutarsi di detenere o arrestare il personale imputato, oppure possono perseguirlo sotto la giurisdizione Usa. L’accordo, inoltre, impedisce al personale militare statunitense di essere processato nei tribunali religiosi o militari filippini.
Allo stesso modo il governo delle Filippine può richiedere agli Stati Uniti di essere informato preventivamente sull’eventuale arresto e/o detenzione di propri cittadini a seguito della commissione di reati perseguibili sul territorio americano e di rinunciare dunque alla giurisdizione statunitense (aspetto particolarmente complesso questo), favorendo la competenza dei tribunali di Manila, tranne che per eventi di particolare rilevanza per i Dipartimenti di Stato e di Difesa Usa. Inoltre, il personale filippino è esonerato ugualmente dalle formalità sui visti di frontiera verso gli Stati Uniti godendo di una procedura facilitata in ingresso e uscita dal paese d’oltreoceano. L’accordo garantisce infine le stesse agevolazioni così come avviene per il personale degli Stati Uniti.
Ma questo accordo è sempre stato in bilico in tutti questi anni, sia per reati complessi consumati nel territorio filippino ad opera di personale americano (vedi baia di Subic, ecc.), dove gli Usa si opposero alla giurisdizione locale, sia perché una parte del governo filippino è tutt’altro che filo-americano e ha dato modo più volte di seguire con interesse le relazioni sia con la Russia che addirittura con la Cina – nonostante (ma non solo loro) si contendano da sempre la sovranità delle isole Spratly nel Mar Cinese Meridionale.
Dopo l’ascesa nelle Filippine di Rodrigo Duterte nel 2016, i rapporti tra i due paesi si sono incrinati irrimediabilmente, si dice a causa della dura critica da parte degli Stati Uniti durante la presidenza di Barack Obama, il quale accusò Duterte di aver condotto una cinica e sanguinosa repressione anti droga scatenando oltretutto le Ong per i diritti umani. Inoltre alcuni diplomatici filippini si videro allora rifiutare i visti in ingresso negli Stati Uniti. Questi furono i pretesti che spinsero il premier filippino ad inviare l’11 febbraio 2020 all’ambasciata Usa la formale disdetta del patto di sicurezza VFA (con scadenza a 180 giorni dalla notifica), asserendo che le Filippine avrebbero d’ora in poi combattuto i ribelli ed estremisti musulmani senza l’aiuto americano.
Considerato che l’Accordo ha portato finora e continuerebbe a portare comunque benefici per entrambi, Duterte è stato poi convinto a prorogarlo ulteriormente per permettere ai due paesi di ridiscuterlo in una forma per essi più vantaggiosa, fino alla scorsa settimana quando i rappresentanti di Usa e Filippine si sarebbero dovuti incontrare per appianare le problematiche poste sul tavolo.
La disdetta unilaterale del VFA renderebbe a sua volta vuoto di significato il Trattato di mutua difesa tra la Repubblica delle Filippine e gli Stati Uniti d’America (MDT) del 1951, così come l’Accordo di cooperazione per la difesa rafforzata (EDCA) del 2014, i quali prevedono che i due paesi accorrano l’uno in difesa dell’altro nel caso di conflitto o attacco straniero nei propri confini.
Le Filippine non devono dimenticare che la presenza americana sul suo territorio ha permesso di ottenere gli ingenti aiuti e i finanziamenti da parte degli Stati Uniti durante le recenti catastrofi naturali ma anche durante il contrasto all’insorgenza di gruppi estremisti islamisti dell’Isis che stavano flagellando il paese. Inoltre sono sempre nell’aria le scaramucce con la Cina per la contesa del Scarborough Shoal, nel Mar Cinese Meridionale.
D’altro canto gli Usa non possono permettersi di rinunciare all’alto valore strategico costituito dalla posizione chiave delle Filippine nel Mar Cinese Meridionale, così da mantenere il dominio sulla prima catena di isole, che va dal Giappone attraverso il sud-est asiatico. L’alleanza tra i due paesi fa sì che si possa adeguatamente sorvegliare il passaggio da e verso il Pacifico occidentale, essendo comodo per entrare ed uscire nel Mar Cinese Meridionale, caratteristica che altre nazioni come la Malesia e il Vietnam non hanno.
La Cina sarebbe l’unica a guadagnarci dalla cessazione del trattato VFA, soprattutto ora che ha dato mano libera alla sua Guardia Costiera (CCG) autorizzandola, di fatto, per mezzo di una legge entrata in vigore lo scorso 1 febbraio, all’uso delle armi nei confronti di imbarcazioni straniere al fine di far fronte a violazioni della giurisdizione territoriale di Pechino o in caso di pericolo imminente alla propria incolumità.
Gli Usa saranno oggi in grado, con la nuova amministrazione Biden, di ripristinare e migliorare l’accordo VFA con le Filippine garantendo così un baluardo nei confronti della spregiudicatezza della Cina che avanza spedita alla conquista del mar Cinese Meridionale?