In questi ultimi anni la regione euroasiatica si è riconfermata come il centro di gravità del nuovo equilibrio mondiale di potenza. Dal 2008, il mondo osserva da vicino l’alternanza di vicende politiche e militari fra Siria e Europa orientale; i pubblici sono apparentemente disorientati e le diplomazie si esprimono in giochi di alleanze effimere e in continuo divenire.
Le uniche costanti sono valoriali e metafisiche: uno scontro si ripropone costante fra Atene e i persiani fra Costantinopoli e i Selgiuchidi, fra la libertà e l’autoritarismo asiatico, in ultima analisi, fra democrazia e autoritarismo.
In Nord Africa, in Libano e in Siria, l’ago della bilancia lo rappresentano la Turchia e Israele, anch’essi rispettivamente espressione di principii autocratici e democratici.
Questi due Paesi rivestono, in termini geo strategici, un ruolo di saldatura fra due teatri, quello mediorientale e quello europeo orientale, entrambi dichiaratamente insidiati dal rinnovato dinamismo di una Federazione russa, che si ritiene erroneamente sedotta e tradita dall’Occidente.
Il punto geografico oggetto del contendere, il vero punto nevralgico della attuale crisi ucraina sono gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, dopo la firma della Convenzione di Montreux aspramente criticata nel 1945 dall’URSS, protetti da un Paese che, per questo motivo ancora oggi, potrebbe invocare l’art.5 del Trattato Nord Atlantico. Con cognizione di causa, l’ambasciatore Vasyl Bodnar dichiara oggi che Kiev ha chiesto ad Ankara di chiudere ‘lo spazio aereo, il Bosforo e i Dardanelli’.
Al sultano si presenta la possibilità irripetibile di offrire i suoi buoni offici in campo internazionale: una occasione, peraltro, di riscatto e di recupero dei suoi rapporti interrotti con l’Occidente oltre che una insperata opportunità di abbandonare un compagno di sventura che storicamente non ha mai rispettato il suo Paese.
L’Italia, invece, in questa partita entra a pieno titolo per il suo specifico compito nel teatro aeronavale mediterraneo e per il suo dichiarato interesse geopolitico manifestato con il suo documento Programmatico Pluriennale 2021-2023 approvato con la Legge di Bilancio 2021, che afferma testualmente che lo scenario di riferimento è caratterizzato dal fatto che “il bacino del Mediterraneo si conferma un epicentro dell’instabilità globale, con le inevitabili conseguenze che ciò comporta per la nostra sicurezza” e che, pertanto, riconferma che la nostra presenza nei principali teatri di crisi rimane indispensabile, per tutelare gli interessi strategici nazionali.
Il nostro Paese, pertanto, non si trova ai margini della crisi ma nel suo “occhio del ciclone”. Per questo motivo, una assunzione di responsabilità che, con determinazione e capacità di iniziativa politica e diplomatica, offra proattivamente la necessaria mediazione che la situazione richiede in tempi brevi: abbiamo bisogno tutti del nostro Traiano ai confini dell’impero.