L’Europa nel mirino di Hezbollah. Durante la scorsa settimana il Comandante in Capo delle guardie rivoluzionarie islamiche, il Generale Hussein Salami, ha minacciato un’andata di terrorismo in Europa dichiarando che “se qualcuno vuole giocare con la nostra religione e il nostro Corano, noi giocheremo con tutto il loro mondo”. In tale contesto è lecito proporre un parallelo tra il modus operandi di Hezbollah e quello dell’Olp posto in essere a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.
Infatti, l’organizzazione di Yasser Arafat era composita: una parte rappresentava l’ala politica del movimento con vaste diramazioni in tutto il globo ed un’altra componeva la fazione terroristica, con al Fatah, in apparenza anch’essa branca politica, e le sue ulteriori frange ed alleanze con il FPLP, il FDLP e il gruppo di Abu Nidal, il FPLP Comando generale.
Hezbollah, considerato da molti un mero partito politico libanese dedito al servizio della popolazione, in realtà rappresenta una minaccia incombente non solo in Medio Oriente, ma anche nell’Occidente europeo.
Nel video:miliziani di Hezbollah superano il confine sotto lo sguardo della missione UNIFIL
Proprio in queste ore, ai confini tra Libano e Israele. sono in corso varie operazioni dell’organizzazione sciita sotto la guida di istruttori iraniani e dietro ordine diretto del leader Hasan Nasrallah. Dall’altra parte, Gerusalemme si prepara a fare fronte a un conflitto generalizzato che travalica gli scontri limitati al confine.
Ma anche l’intera Europa, in particolare la Svezia e la Danimarca per i recenti roghi del Corano, oltre a Germania, Belgio, Italia e Francia, corrono il serio rischio di coinvolgimento in azioni eclatanti che si riportano ai modus operandi attuati negli anni ’70.
Sotto l’ombrello protettivo di Teheran, infatti, i movimenti di elementi terroristici legati ad Hezbollah possono valersi di passaporti diplomatici e bagagli personali che sfuggono ad ogni controllo, così come gli automezzi con targhe di ambasciate e consolati che, sebbene non utilizzabili per operazioni terroristiche, possono sicuramente fornire un valido aiuto a livello logistico.
Secondo recenti report dell’intelligence israeliana, Hezbollah “intende infliggere danni fisici e psicologici significativi nel prossimo conflitto militare con Israele. Un alto comandante di Hezbollah ha recentemente avvertito che il gruppo bombarderà Tel Aviv e invaderà il nord di Israele in caso di guerra.
L’enorme arsenale di Hezbollah include missili precisi che possono colpire il centro di Israele. Le stime variano tra dozzine e centinaia di tali vettori attualmente nella disponibilità del gruppo.
Parallelamente, la Radwan Force si prepara a lanciare raid in territorio israeliano da posizioni vicino al confine con il Libano. L’obiettivo chiave dell’IDF nel prossimo conflitto sarà dunque quello di annientare le truppe d’élite di Hezbollah.
Uno scontro militare con Hezbollah potrebbe rientrare in un conflitto più ampio tra Israele e l’asse iraniano. L’IDF ha recentemente stimato che 100 israeliani potrebbero rimanere uccisi e circa 1.000 feriti in un attacco missilistico per vendicare un eventuale attacco israeliano al programma nucleare di Teheran o alle guarnigioni di Hezbollah in Libano.
Il ramo dell’intelligence militare di Gerusalemme stima che il pericolo di uno scontro armato con Hezbollah sia il più alto dalla guerra del Libano del 2006, riferisce Ynet. Miliziani di Hezbollah sono stati avvistati durante questa settimana in più occasioni al confine nord.
Ma, in particolare negli ultimi mesi, Hezbollah ha aumentato significativamente il suo dispiegamento lungo la frontiera. Le forze d’élite del gruppo si stanno anche addestrando per i raid nel territorio israeliano.
Con l’aumentare delle tensioni, l’asse iraniano ha tenuto una riunione ad alto livello per discutere la battaglia congiunta contro Israele. Gli iraniani stanno coordinando le loro mosse con Hezbollah e Hamas, valutando che Israele e le sue forze militari siano ora più deboli. Per ora, Teheran e i suoi alleati stanno solo guardando e pianificando. Successivamente, potrebbero decidere quando sia il momento giusto per attaccare.
Nel corso di un briefing tenutosi nell’agosto 2020 con l’allora ministro degli Esteri Luigi di Maio, l’ambasciatore Nathan Sales, a capo dell’antiterrorismo del Dipartimento di Stato americano, aveva rivelato che dal 2012 “Hezbollah ha spostato attraverso il Belgio grandi scorte di nitrato di ammonio, utilizzato per fabbricare bombe, in Francia, Grecia, Italia, Spagna e Svizzera”.
Questo spostamento è indicativo della volontà del gruppo terroristico sciita di condurre attacchi terroristici ogni volta e dovunque i suoi padroni a Teheran lo ritengono necessario, così come riferito dall’ambasciatore.
Inoltre, “importanti depositi di nitrato di ammonio sono stati scoperti o distrutti in Francia, Grecia e Italia”, sottolineando che gli USA hanno “motivo di credere che questa attività sia ancora in corso”. Al 2018, si pensava che depositi di nitrato di ammonio siano ancora presenti in tutta Europa, “forse in Grecia, Italia e Spagna”.
Nel 2010 nel container di una nave attraccata nel porto di Gioia Tauro furono scoperte sette tonnellate di T4 destinato a Hezbollah. All’epoca si ipotizzò un legame tra i terroristi libanesi e la ’ndrangheta calabrese, tornato d’attualità nel 2019 dopo un’operazione del Ros a Reggio Calabria (“operazione Edera”) quando venne smantellato un traffico internazionale di droga. Ma anche nel 2015, l’indagine Araba Fenice, coordinata dal pm Antonio Rinaudo a cui collaborarono anche l’Fbi e l’Europol emerse il riciclaggio di denaro per Hezbollah con una movimentazione di denaro di circa 70milioni di euro, in entrata e in uscita in Piemonte, Liguria e Toscana.
Ancora, all’inizio del 2020 ci fu il caso della nave battente bandiera libanese Bana, fermata dal mese di febbraio nel porto di Genova alla luce della denuncia di un marittimo che riferiva dell’imbarco di carri armati, mitragliatori e altre armi da guerra nel porto turco di Mersin destinate agli uomini di Fayez Al Serraj in Libia. In riferimento a quella nave e a quel carico OpenFacto.fr aveva rivelato un possibile collegamento tra il proprietario della nave e un cittadino libanese, Ali Abou Merhi, che tra il 2015 e il 2017, è finito sotto sanzioni Usa per supporto logistico ai narcotrafficanti legati a Hezbollah.
Infine, nell’estate 2020, 84 milioni di pasticche del tipo “Captagon” vennero sequestrate dalla Guardia di Finanza di Salerno. Inizialmente, la cosiddetta “droga della jihad” sembrava prodotta dallo Stato islamico, ma il gruppo non aveva capacità tecniche per determinate quantità, e soprattutto nel mercato della droga mediorientale ci sono realtà, come Hezbollah, più strutturata per questo tipo di traffici. Anche in questo caso si era ipotizzato un ruolo della ‘ndragheta che risulta, a tutt’oggi, essere l’organizzazione criminale italiana che più si è spesa nel settore, perfino in territorio campano, perché alla camorra basta per il momento controllare il mercato della cocaina.
Durante una conferenza internazionale “Iran e Hezbollah: ideologia, obiettivi, strategia e strategie dei proxies, terrorismo e propaganda in Occidente”, tenutasi presso Roma Eventi a marzo di quest’anno, il presidente di Europa Atlantica, Andrea Manciulli, ha dichiarato che “l’Iran sta intensificando la nascita di nuove sigle che si muovono in Cisgiordania, queste sono pericolose perché implementano l’asse della resistenza con un obiettivo preciso: minare gli accordi di Abramo. Siamo di fronte a una minaccia reale, che fa uso anche di piccoli movimenti jihadisti sunniti per la loro libertà d’azione. Questi possono creare un vortice di tensione che può colpire, non solo Israele, ma anche l’Europa”.
Considerato come un “franchise” della rivoluzione islamica iraniana, Hezbollah ogni anno riesce a raccogliere cifre attorno al miliardo di dollari, di cui 300 milioni attraverso attività illecite, in particolare il traffico di stupefacenti.
E, come sempre, Teheran nel nostro Paese può contare su una fitta rete di collaborazionisti e imprenditori senza scrupoli dediti al commercio con l’Iran in violazione dell’embargo cui è sottoposto il regime degli ayatollah, agevolati, come prassi consolidata, da qualche politico con interessi proprio in quel Paese.