Europa- Medio oriente: il fronte islamista sfida l’Occidente
Nel mese di giugno scorso, a Teheran, si è tenuto un maxi incontro al quale hanno partecipato i vertici della Forza Quds, delle guardie della rivoluzione, quelli di Hamas ed Hezbollah e della formazione terroristica Houthi, AnsarAllah.
Durante il summit è stata delineata una specifica strategia di infiltrazione in Occidente a sostegno delle proteste scatenatesi a fronte degli eventi occorsi dal 7 ottobre scorso a tutt’oggi, con le varie manifestazioni condite da disordini che hanno coinvolto il Continente europeo e gli USA.
Vi è da evidenziare il filo rosso dell’ antisionismo-antisemitismo, che connette i movimenti pseudorivoluzionari dell’estrema sinistra agli anarchici (gli utili idioti), alle masse di immigrati islamici e islamisti, tutti a protestare contro Israele e la sua lecita reazione al massacro dell’ottobre scorso, pur dimostrando un’assoluta ignoranza non solo sull’evento specifico, ma protratta anche agli avvenimenti del passato.
In aggiunta ai rischi connessi alle violente manifestazioni, che coinvolgono la popolazione autoctona, gli esercizi commerciali e le proprietà private, vi è il pericolo che questa ondata di psicosi antiebraica possa sfociare in veri e propri attacchi terroristici, che siano essi commissionati a gesta isolate di lone wolf o, come nel caso degli Europei di calcio o delle prossime Olimpiadi di Parigi, ad allarmi estemporanei di attentati multipli, contemporanei compiuti da più cellule connesse tra loro ma di per sé completamente autonome.
Gli accordi stretti a Teheran accertati da Israele
Gli accordi stretti tra Hezbollah-Iran-Hamas, prevedono, infatti, una stretta collaborazione sia in merito all’approvvigionamento dei miliziani libanesi sciiti stanziati nel sud del Libano in chiave anti-israeliana, sia anche nella perpetrazione di attacchi rivolti ad Occidente.
I servizi di intelligence di Israele, hanno da tempo allertato i partner europei e gli USA, dopo avere constatato che il regime iraniano è il principale attore protagonista nel dirigere, finanziandole, le reti terroristiche intessute in Europa, nel dettaglio quelle interessate a colpire obiettivi dello Stato ebraico nel Continente. Il rapporto ha evidenziato, in particolare, le attività di due gruppi criminali, gli svedesi Foxtrot e Rumbia.
Infatti, secondo quanto comunicato, l’incidente che ha portato all’indagine è stato l’attacco con granate dello scorso gennaio all’ambasciata israeliana a Stoccolma, che i funzionari di Gerusalemme sostengono sia stato effettuato da membri della banda Foxtrot.
Nel dettaglio, il Mossad ha voluto sottolineare che il leader di Foxtrot , tale Rawa Majid, un cittadino turco con cittadinanza svedese, noto come “la volpe curda”, sia stato reclutato da Teheran per impegnarsi in attacchi terroristici contro obiettivi israeliani ed ebrei in Europa dopo essere fuggito in Turchia a settembre a causa di un mandato di cattura internazionale emesso dall’Interpol.
I funzionari dell’intelligence di Stoccolma, non certo noti per la loro scaltrezza, hanno confermato i risultati, accusando la Repubblica islamica di operare illecitamente nel suo paese già da diversi anni. Con buona pace dello stato che solo recentemente si è svegliato dal suo storico torpore pur essendo stato già invaso da masse di clandestini disadattati, arroganti e in preda a smanie di conquista.
Ora le autorità svedesi hanno accusato il gruppo Foxtrot di essere stato coinvolto in omicidi, traffico di droga e attentati dinamitardi anche in un recente passato.
L’altro gruppo estremista “Rumbia”, una banda rivale guidata da Ismail Abdo, è stata implicata nella sparatoria del 17 maggio scorso nei pressi dell’ambasciata israeliana di Stoccolma. In quell’occasione, è stato arrestato un sospetto di 14 anni che avrebbe confessato alla polizia locale che la Legazione di Israele era effettivamente il suo obiettivo.
Le informazioni sono giunte in Europa dopo che il direttore del Mossad David Barnea ha annunciato, nel settembre 2023, che la sua agenzia, in coordinamento con i suoi alleati stranieri, aveva bloccato ben 27 piani operativi posti in essere da parte del regime iraniano di prendere di mira obiettivi israeliani in diversi continenti, in primis, proprio l’Europa. La direzione strategica, ovviamente, quella ordita dall’Iran e dal suo principale servizio di Intelligence, il Vevak.
Il ruolo iraniano nelle proteste anti israeliane
Con il tempo, I’Iran è riuscito a infiltrarsi nelle proteste contro la guerra a Gaza che hanno scosso anche le università statunitensi. L’intelligence statunitense sottolinea che agenti iraniani avrebbero fomentato simpatizzanti e studenti sulle varie piattaforme sul web giungendo persino a fornire il sostegno economico ai manifestanti.
Questo rivelato ai mass media dal direttore dell’intelligence degli Stati Uniti, Avril Haines che, in una dichiarazione specifica del giugno scorso, aveva affermato che il regime degli ayatollah si è anche infiltrato in quelle proteste con agenti preposti a fomentare le masse e a dirigere i disordini.
“Nelle ultime settimane, gli attori del governo iraniano hanno cercato di approfittare opportunisticamente delle proteste in corso sulla guerra a Gaza, usando un copione che abbiamo visto usare da altri attori nel corso degli anni”, ha dichiarato Haines.
Durante i mesi di aprile, maggio e giugno, migliaia di studenti hanno occupato le università degli Stati Uniti con manifestazioni e tendopoli per protrarre nel tempo le proteste contro la guerra di Israele a Gaza, in una delle più grandi mobilitazioni di questo tipo da decenni.
Le proteste più violente sarebbero state innescate dai tentativi della polizia di smantellare un accampamento contro la guerra nella Striscia di Gaza alla Columbia University il 18 aprile. Questa azione ha provocato la diffusione delle proteste a più di cinquanta Campus universitari e più di 3.100 arresti, secondo il New York Times.
Le variabili indipendenti
E’ bene che il regime iraniano , con le sue manie di grandezza, si consideri, comunque, un target privilegiato, in cima alle agende non solo di Israele, ma di USA e Arabia Saudita, pur con metodologie di ingaggio assai diversificate tra loro.
Teheran da anni piange le eliminazioni mirate che hanno colpito numerosi esponenti dell’IRGC e del team di scienziati protesi allo sviluppo della potenza nucleare del paese.
Tali neutralizzazioni sono state portate a termine, ufficiosamente, come ovvio, da una stretta collaborazione tra le Agenzie di intelligence di Gerusalemme e il Centcom statunitense, ed hanno effettivamente ottenuto i risultati anelati.
Ma col regime iraniano teme che, soprattutto Israele, torni alle vecchie metodologie di azione, avvalendosi di nuclei compartimentali e addestrati a singole eliminazioni mirate anche di esponenti del regime, così come delle leadership di Hezbollah e di Hamas.
Inoltre, l’Intelligence iraniana e la stessa leadership di Teheran, sono angosciati dal pensiero di un ripetersi della clamorosa operazione che nel 2017 portò il Mossad ad impadronirsi dell’intero carteggio relativo ai piani di sviluppo del nucleare, una mole di file e documenti trafugati direttamente da un deposito dei Pasdaran a Teheran.
Un totale di 55.000 files e documenti del peso complessivo di 500 chilogrammi asportati dagli archivi e giunti in Israele via terra con un’operazione di Intelligence ingegnosa, rischiosa ma con un risultato clamoroso che, all’epoca, fece sogghignare e gioire più di un rappresentante degli stati non allineati alle politiche del regime iraniano.
Gli stessi stati che, però, non ammettono “infrazioni” comportamentali alle proprie agenzie di sicurezza e un’estrema intransigenza nel concedere autorizzazioni anche per le più semplici operazioni di routine.
L’insensatezza della politica europea mentre la storia si ripete
Senza il decisivo contributo di Israele, è palese constatare come i rischi di attacchi, anche condotti con armi biologiche e nucleari, in Occidente sarebbe cresciuto in modo esponenziale, anche considerando che in alcuni Paesi, come l’Italia, numerosi personaggi del mondo imprenditoriale non si attengono certamente ai divieti imposti dall’embargo contro l’Iran pur di arricchirsi imprudentemente e senza scrupoli.
Con Costituzioni antiquate, leggi inadeguate e forze di polizia e di Intelligence praticamente disarmate, l’essenza stessa dell’Europa è posta in discussione dall’atteggiamento di rassegnazione e buonismo esasperato che da troppo tempo muove i governi nonostante continui ricambi ai rispettivi vertici.
Con un doveroso dejavù per una riflessione che si imporrebbe, occorre ripercorrere la storia che narra dell’espansione islamica, avvenuta a partire dal VII secolo, portata avanti dai seguaci del Profeta Maometto, delle origini e, principalmente dagli Arabi.
Questi conquistarono un vastissimo impero che si estendeva in ben tre continenti, dall’Asia all’Europa all’Africa, muovendo gli eserciti su tre direzioni principali: ad est muovendo dal Medio oriente e bypassando gli attuali paesi dell’est europeo, dal Mediterraneo, conducendo sbarchi nel sud Italia e proseguendo la marcia verso nord, e dalla Spagna, sbarcando nel sud del paese e continuando la marcia verso Francia ed Italia del nord.
Nel dettaglio, le fasi dell’espansionismo islamico, si possono racchiudere in tempistiche cronologiche ben specifiche: il Califfato ortodosso che dal 632 al 661 d.c. che dalla morte di Maometto iniziarono il percorso di conquista di territori già bizantini e visigoti. La dinastia omayyade dal 661 al 750 d.c. consolidò le conquiste precedenti e di mosse attraverso la Spagna e la Sicilia. Successivamente i territori acquisiti furono la base per un impatto significativo nei campi della scienza, della cultura e della società, ma non sempre immuni da imposizioni alla popolazione e, molto spesso, da genocidi perpetrati in danno degli oppositori anti-islamici, anche in questo caso principalmente rappresentate dalle popolazioni ebraiche storicamente radicatesi in Europa durante i secoli precedenti.
Tutto ciò, narrato in estrema sintesi, dovrebbe portare molti a riflettere come la storia ciclicamente si ripeta in danno dei popoli più progrediti che, nel frattempo, hanno dismesso i panni dei conquistatori e dei portatori di cultura per indossare quelli di spettatori inermi alle barbarie compiute in loro danno, pur nella consapevolezza di potervisi opporre ma di non volerlo, preferendo demandare la propria difesa ad altri baluardi della democrazia. Guarda caso, sempre Israele.