Per una volta possiamo scrivere che un Presidente del consiglio italiano fa vedere i draghi, non solo quelli del capodanno cinese, a una sorta di piccolo alleato ipocrita e pericoloso dell’Occidente.
Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, è personaggio ben noto alle cronache internazionali per aver sostenuto e negoziato l’adesione della Turchia all’Unione europea, un’adesione non propriamente aderente ai canoni dello Stato turco, più vicino a quelli islamisti che a quelli Occidentali. Questo nonostante una decisa ripresa a seguito della crisi economica del 2001, con investimenti in infrastrutture pubbliche, della rete viaria e per l’alta velocità ferroviaria. Proponendo, inoltre, due referendum costituzionali nel 2007 e 2010 che ha vinto.
Tuttavia, negli anni Erdogan ha subito varie critiche per i suoi stretti legami con Fethullah Gülen, e l’omonimo movimento, tutt’oggi designato come organizzazione terroristica, con cui l’AKP è stato accusato di orchestrare epurazioni contro burocrati secolaristi e ufficiali militari. Dopo il fallito golpe del 2016, Erdogan chiese agli Stati Uniti la restituzione di Gulen a suo dire implicato nel colpo di Stato.
Alla fine del 2012, Erdoğan ha avviato i negoziati di pace con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) per porre fine al conflitto curdo-turco iniziato nel 1978. Il cessate il fuoco si è interrotto nel 2015, portando a una rinnovata escalation. La sua politica estera è stata descritta come figlia del neo-ottomanesimo e ha portato al coinvolgimento turco nella guerra civile siriana, impedendo alle forze siriano-curde del Partito dell’Unione Democratica (PYD) e all’Unità di Protezione Popolare (YPG) di guadagnare terreno sul confine turco-siriano durante il conflitto.
Dopo il 2010, Erdoğan è stato responsabile di un processo di arresto e arretramento della democrazia in Turchia, aggravato da un alto indice di corruzione. In seguito alle proteste del 2013, ha imposto una crescente censura sulla libertà di stampa e sui social media, autorizzando blocchi su siti come YouTube, Twitter e Wikipedia.
Ciò ha definitivamente bloccato i negoziati relativi all’entrata della Turchia nell’Unione europea. Uno scandalo di corruzione per un valore di 100 miliardi di dollari nel 2013 ha portato agli arresti di alcuni stretti alleati di Erdogan ed alla sua incriminazione.
Un inasprimento dei suoi rapporti con Fethullah Gülen, lo ha spinto a eliminare i sostenitori di quest’ultimo dalle posizioni giudiziarie, burocratiche e militari. Il tentato colpo di Stato in Turchia del 2016 ha provocato ulteriori epurazioni e uno stato di emergenza durato quasi due anni. Erdogan ha affermato che i leader del golpe erano collegati a Gülen, ma quest’ultimo ha negato il proprio coinvolgimento.
In quanto sostenitore di lunga data di una trasformazione della Turchia da Repubblica parlamentare a Repubblica presidenziale, Erdoğan ha stretto un’alleanza col Partito del Movimento Nazionalista (MHP), schierato con l’estrema destra, così da attuare questo profondo cambiamento nella forma di governo, approvato tramite il controverso referendum costituzionale del 2017. Il nuovo sistema è entrato in vigore formalmente dopo le elezioni generali in Turchia del 2018, dove la coalizione AKP–MHP ha ottenuto la maggioranza.
In forza di ciò, ci si dimenticano, comunque i rapporti di vecchia data intrattenuti dal presidente turco con Gulbuttin Ekmatyar e il leader di Ennahda tunisino, Rashid el Ghannushi, non certo scevri da derivazioni islamiste e filo jihadiste (di cui alla foto).
Questo, forse, non è sfuggito a Mario Draghi che, dimostrandosi, diremmo finalmente, un vero leader, non ha certo perso tempo nel definire il presidente turco come “dittatore”, un attributo che ben calza a Erdogan, che in pochi anni ha trasformato la Turchia da paese teso a intraprendere una strada di liberismo economico e democratico iniziati dal vero padre della Turchia moderna, Mustafa Kamal Ataturk, in quella di una Nazione preposta ad ospitare una neo colonizzazione islamista, a discapito della popolazione oramai diretta all’occidentalizzazione dei propri usi, costumi e tradizioni.
Il nostro Primo Ministro italiano altro non ha fatto che aggettivare Erdogan con ciò che gli è proprio, un dittatore islamista, cosa che i predecessori a Palazzo Chigi si sono sempre ben guardati dal fare.
Che dire….combatti i Draghi?