“Togliere la ruggine” ad una politica estera fallimentare portata avanti dalla presidenza Obama negli ultimi anni. Questa è la parola d’ordine del neo presidente degli Usa, Donald Trump. Ripristino della legalità a tutti i costi e con ogni mezzo, stop all’immigrazione selvaggia e totale revisione degli accordi internazionali, con la lente d’ingrandimento puntata sul nord Africa e Medio Oriente, dove la politica di esportazione forzata del modello democratico occidentale ha fallito miseramente. I punti affrontati durante la combattuta battaglia elettorale contro la candidata Hillary Clinton sembrano essere chiari e anche se rasentano un eccessivo populismo, rispecchiano effettivamente le reali problematiche degli americani e non solo.
Tra i disastri in politica estera che l’amministrazione Obama ha provocato, Trump nei suoi discorsi ha ricordato che “l’ascesa di Isis è la conseguenza diretta delle decisioni politiche prese dal presidente Obama e dal segretario di Stato, Hillary Clinton”. Ed ancora, trattando dell’ ex segretario di Stato se “esaminiamo il suo curriculum, nel 2009 l’Isis non esisteva sulle carte georgrafiche, la Libia era stabile, l’Egitto in pace, la Siria sotto controllo. Oggi cosa abbiamo?”.
Il neo presidente Usa, proprio in merito alla crisi mediorientale, si è spesso rivolto ad Israele come il più affidabile interlocutore, arrivando ad osservare che se la Nato è ormai uno strumento obsoleto, lo Stato ebraico è, invece, di gran lunga il miglior alleato nella guerra contro il terrorismo. E proprio evocando i rischi legati alla violenza islamista, l’aver stigmatizzato l’atteggiamento troppo buonista della precedente amministrazione in relazione alla gestione dei clandestini, ha fornito a Trump ulteriori consensi soprattutto da parte degli europei che da tempo soffrono della sindrome da assedio dovuta al flusso incontrollato di immigrati. Come più volte fatto rilevare, i miliziani Isis, oltre che dediti alla gestione del traffico di esseri umani, spesso hanno utilizzato le rotte dei clandestini per mimetizzarsi tra loro ed approdare in Occidente, fenomeno colpevolmente tenuto sotto traccia da molti governi europei.
Più in generale, Donald Trump intenderebbe aumentare il budget delle spese militari accompagnandolo a un progressivo ritiro dei militari Usa impegnati in numerose missioni all’estero. L’abbandono degli intenti egemonici della politica americana all’estero, l’avvicinamento politico a Russia e Cina, accompagnato da un netto allentamento delle tensioni con i due Paesi sono argomentazioni che, se effettivamente attuate, porterebbero gli States a ricoprire nuovamente la figura di unica potenza mondiale impegnata realmente a garantire uno standard di sicurezza consono alla realtà moderna.