In Bulgaria il partito conservatore Gerb, dell’ex premier Boyko Borissov, ha vinto le elezioni. Con il 33% dei consensi si è confermato prima forza nel prossimo parlamento di Sofia. I socialisti ammettono la sconfitta. Queste elezioni, meno raccontate di quelle di altri Paesi europei, sono più importanti di quello che si pensa.
Socialisti fuori dai giochi
“Abbiamo la rara opportunità come Paese di ridiventare centrali e di creare un Governo stabile”, ha detto l’ex premier Borissov, che ora torna in primo piano dopo queste elezioni parlamentari anticipate rispetto alla data prevista. La leader del partito socialista, Kornelia Ninova, ha però sottolineato che con il 28% dei consensi il suo schieramento ha comunque raddoppiato i voti rispetto al 2014. In Bulgaria sia i conservatori che i socialisti sono entrambi su posizioni europeiste, è il rapporto con la Russia che fa la differenza. I socialisti infatti sono più morbidi con Mosca e auspicano l’abolizione delle sanzioni economiche contro la Russia.
L’alleanza con i nazionalisti e il Donald Trump di Sofia
In Bulgaria si vota con un sistema proporzionale, accompagnato da una quota maggioritaria e non basta il 33% per governare. I socialisti non vogliono formare una grande coalizione. La prospettiva più credibile per il prossimo governo è quella di una coalizione tra Gerb e i partiti nazionalisti, con l’opzione di coinvolgere anche il più populista dei movimenti: quello di Mareshkim. Il politico è stato definito dal New York Times il “Trump di Sofia”. Con il suo movimento “Volontà”, Mareshki punta a ritagliarsi un ruolo importante come potenziale partner di minoranza di un prossimo esecutivo (viene dato al 5-6%). Dopo aver costruito un impero con una catena di farmacie, Mareshki ha lanciato una sua battaglia personale contro i “cartelli che dominano l’economia bulgara”. La scelta dell’alleanza con questa forza sembra obbligata, ma appare piena di contraddizioni: il sostegno diretto di nazionalisti e populisti potrebbe complicare il rapporto di Borisov con l’Unione europea. Un elemento da non sottovalutare vista l’importanza dei fondi strutturali europei per la Bulgaria.
Le tensioni con la Turchia
Durante la campagna elettorale e il voto, la vicina Turchia ha avuto interferenze con il processo elettorale. Il Governo turco è stato apertamente accusato da Sofia di ingerenza nella campagna elettorale, attraverso la propria influenza sulla numerosa minoranza turca, ovvero il 10% della popolazione presente nel Paese. Dall’introduzione del sistema democratico, il voto dei turchi di Bulgaria normalmente è stato monopolizzato dal Movimento per i diritti e le libertà (Dps), partito più volte al governo, dominato dal suo primo segretario Ahmet Dogan e criticato da più fronti per la sua gestione opaca e oligarchica del potere. In questa tornata elettorale, però, per la prima volta il Dps sembra avere un concorrente nel movimento Dost, creato dall’ex leader del Dps Lyutvi Mestan. Movimento sostenuto direttamente dal presidente turco Erdogan. Il Governo di Ankara ha messo il proprio peso al servizio del nuovo partito, spingendo a votare i turchi bulgari. Un atteggiamento che ha provocato una reazione violenta del governo di Ankara, che ha cercato in tutti i modi di impedire il tradizionale “turismo elettorale” con cui una parte dei cittadini turco-bulgari residenti in Turchia torna, spesso in forma organizzata e pagata, nei propri luoghi d’origine per recarsi alle urne.
Elezioni problematiche
L’Agenzia di stampa “Sofia News Agency” denuncia una limitazione al numero di seggi elettorali nei paesi fuori dall’Ue e la proibizione di usare altri linguaggi oltre al bulgaro come alcuni dei problemi registrati dagli osservatori internazionali durante le elezioni in Bulgaria di domenica 26 marzo. Molte delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa non sono state prese in considerazione all’interno del codice elettorale bulgaro. Durante la campagna elettorale alcuni partiti avrebbero, inoltre, utilizzato una retorica xenofoba e offensiva nei confronti delle comunità Rom e turca. La riflessione da fare è se si possano considerare delle elezioni così corrotte e problematiche veramente vicine a quelle europee.