Il destino del volo EgyptAir 804 da Parigi a Il Cairo era segnato da tempo. L’attentato contro l’aereo egiziano sarebbe stato pianificato da una cellula di analisti-strateghi dell’Isis stanziati a Raqqa, la capitale del Califfato. Le informazioni, che arrivano da alcune fonti locali, parlano dell’avvio di una vasta campagna di operazioni in larga scala da parte dell’Isis, da compiere nelle principali città europee in occasione della stagione estiva e dei prevedibili esodi per le vacanze. L’alert sarebbe arrivato anche ai governi occidentali, Francia inclusa, nelle settimane precedenti l’attentato del 19 maggio scorso. Questa sarebbe la ragione principale per la quale Parigi e Il Cairo, proprio nelle ore successive al disastro aereo, non hanno escluso la matrice terroristica.
Anche se gli jihadisti non hanno rivendicato il presunto attentato, dalle prime indagini tra le cause dell’incidente è emersa quella di un incendio a bordo, ma questo non ha escluso che il fumo descritto durante i presunti dialoghi avvenuti tra controllori di volo ed equipaggio dell’aeromobile, facesse parte della “catena incendiva” che avrebbe portato alla detonazione dell’ordigno. Proprio sull’eventualità che di una bomba a bordo è battaglia a Il Cairo. Dapprima è circolata la notizia che le condizioni dei resti umani ritrovati in mare, sui quali è stata eseguita l’autopsia, suggerivano la possibilità di un’esplosione. Poi questa eventualità è stata smentita dallo stesso team medico che ha effettuato l’esame.
Le indagini su questa ennesima tragedia, però, sembrano portare al modus operandi di quanto avvenuto il 31 ottobre 2015, quando un aereo di linea russo, in volo sulla penisola del Sinai, precipitò a causa di un ordigno artigianale della potenza di circa 1,5 kg. di tritolo, confezionato da mani esperte e collocato in un bagaglio. L’avvio dell’operazione che ha riguardato il volo dell’Egyptair, quindi, sarebbe stato deciso dai vertici dell’Isis per colpire il Paese delle piramidi reo di essere intervenuto in Libia con forze speciali in supporto a squadre d’elìte statunitensi nelle vicinanze di Tobruk.
L’intenzione dell’Isis sarebbe quella di ritrovare la credibilità e il risalto mediatico che sono stati messi in discussione dalle sconfitte subite in territorio siriano. La leadership del silente Abu Bakr Al Baghdadi non viene assolutamente intaccata dagli eventi nei campi di battaglia, ma probabilmente lo Stato islamico sta attraversando un momento di profonda crisi, sia per quanto riguarda il reclutamento di nuovi miliziani sia per gli approvvigionamenti che cominciano a raggiungere i mujaheddin con sempre minore intensità.
Allo scopo di contrastare le attività del centro di comando dello Stato islamico a Raqqa, quindi, gli Stati Uniti avrebbero da tempo pianificato una sorta di assedio intorno alla città, proprio per impedire che le cellule operative del Califfato si muovessero verso le zone di operazioni a loro assegnate. Il prezzo da pagare per questa strategia a lungo termine intrapresa dall’Occidente, può risultare molto alto se commisurato alla capacità dell’Isis di avere da tempo infiltrato nei paesi europei cellule autonome, già in possesso di piani per le operazioni da compiere e in attesa di un solo cenno per essere attivate. Il rischio di atti eclatanti è reale, soprattutto se proporzionato alla volontà dello Stato islamico di colpire a sorpresa, anche per risvegliare gli animi sopiti dei soggetti già indottrinati, ma tentennanti sulla completa adesione ai progetti di conquista e islamizzazione palesati dai proclami del Califfato.