Fa effetto, bisogna ammetterlo, sentir parlare di Libia in certi termini. Dopo anni di lassismo totale su un dossier strategico per l’Italia, sia a livello economico che di sicurezza, Mario Draghi sembra aver preso in mano la situazione. Durante la sua replica in Senato, in un passaggio il Premier ha pronunciato parole che, forse, non tutti avranno colto fino in fondo a causa delle questioni legate al covid. E del resto, certi argomenti non sono da talk show: “L’Italia difende in Libia e nel Mediterraneo i propri interessi nazionali e la cooperazione internazionale nel campo della sicurezza con i suoi partner strategici – ha detto Draghi – Se vi fossero interessi contrapposti l’Italia non dovrebbe avere alcun dubbio ovviamente nel difendere i propri interessi nazionali, né deve avere timori reverenziali verso qualunque partner. E mi sembra – ha concluso – di aver sempre dimostrato nella mia vita estrema indipendenza nella difesa dei valori fondamentali dell’Europa e della nazione”.
Dichiarazioni che forse hanno fatto tremare i polsi a più di un Ministro, passato e presente, che hanno trattato la Libia come fosse l’Afghanistan. E però non è così. Al netto delle dichiarazioni di intenti dell’ex governatore della Bce, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e mai come questa volta.
Al momento la situazione in Libia è ancora fortemente critica. L’insediamento del nuovo governo, che dovrebbe traghettare il Paese al voto di dicembre, non è certo garanzia di stabilità. E poi, Draghi deve fare i conti con il materiale umano di cui dispone. Per certe operazioni di alta diplomazia ci vogliono politici all’altezza, con grande esperienza internazionale a cui delegare determinate missioni. Qui, al momento, non se ne vedono. Ma tutto può cambiare, certo.
Libia: “L’immigrazione non è un nostro problema”
Luigi Di Maio, nei giorni scorsi, si è scapicollato in Libia sperando di battere sul tempo i colleghi di altri Paesi europei. Il viaggio si è concluso con la solita passerella, tante parole, promesse e tanti cari saluti. Pensava di essere il primo, il nostro ministro degli Esteri. Ma la Francia, sempre veloce su certi fronti e con un interesse fortissimo in Libia, è già molto più avanti. Lunedì, infatti, riaprirà l’ambasciata francese e Macron ha già ricevuto a Parigi Mohamed al-Menfi, il neo presidente del Consiglio presidenziale della Libia. Mentre il Primo Ministro, Abdul Hamid Dbeibah, è un imprenditore, “con la pancia piena” dicono alcuni, che potrebbe fare cose buone per il Paese come campagna elettorale “preventiva”. Ma ha già messo le cose in chiaro. Sulla questione immigrazione, tanto per dire, ha chiarito che non è un problema della Libia e che l’Europa deve rispettare gli accordi. Tradotto: basta giochetti e scaricabarile. Basta disperdere i fondi destinati al Paese attraverso passaggi che ne decurtano l’entità. Alla fine, per esempio, alla guardia costiera libica sono sempre e solo arrivate briciole. Ma a loro, Italia in testa e Europa al seguito, hanno sempre chiesto di fermare i barconi.
E poi c’è sempre la tendenza, tutta della politica italiana, di arrivare in Libia e fare annunci, promesse e non mantenerle. Insomma, i nostri politici (tranne alcune mosche bianche del passato) hanno sempre trattato i libici come sottosviluppati. Ma non lo sono affatto.
E adesso, Al-Menfi è deciso a risvegliare l’orgoglio nazionale libico e ha già promesso di voler riportare il Paese agli antichi fasti. Basta ingerenze straniere, ha detto, i libici devono decidere il proprio destino. Certo, anche qui tra il dire e il fare..Ma probabilmente il nuovo presidente sarà meno “affascinato” da leader stranieri, come ad esempio è stato Fayez al Sarraj.
E a proposito di stranieri, la Turchia in Libia non se la passa benissimo
Erdogan si è preso l’impegno, a parole, di riportare indietro le centinaia di miliziani siriani che ha trasportato per combattere contro Haftar. Ma al momento sono ancora tutti lì. E con l’avvicinarsi dell’estate e del mare calmo, qualcuno potrebbe anche decidere di salire su un barcone e tentare di arrivare in Italia.
La posizione del Sultano, dunque, potrebbe traballare. Il pressing della Francia per vederlo fuori dalla Libia prosegue e il presidente, pare, sia finito all’angolo perché ha tutti contro. Nel tentativo di restare in gioco, ha “riaperto le relazioni” con l’Egitto. Una commissione intelligence, ad alto livello, sarebbe stata formata tra i due Paesi per creare appunto un’apertura. Sugli esiti bisognerà attendere. Erdogan deve portare fuori dalla Libia i mercenari, problema ovviamente anche per l’Egitto.
Nel frattempo, Draghi ha manifestato la sua intenzione di andare fisicamente in Libia tra il 5 e il 6 aprile. Vista la sua esperienza in ambito internazionale e la capacità di relazioni ad alti livelli, si potrebbe confidare nella sua azione. Anche perché, tra gli uomini di spessore che sicuramente lo aiuteranno c’è Franco Gabrielli, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, mentre all’interno dei sevizi segreti può contare su un uomo con grande esperienza in Libia come Giovanni Caravelli, a capo dell’Aise. Questo trio avrebbe tutte le potenzialità per fare bene. Ma poi c’è la politica, con le sue strampalerie.