“Il più potente attore armato non statale del mondo”. La definizione è tratta dal rapporto “Hizballah’s terror army: how to prevent a third lebanon war”, presentato il 25 ottobre dall’International High Level Military Group, un’assemblea di analisti di studi strategici formata da esponenti militari provenienti da 9 nazioni, tra cui l’Italia, che ha voluto fornire un contributo allo studio dei possibili scenari dell’immediato futuro nell’instabile regione mediorientale.
Fino dalla sua nascita nel 1985, il gruppo terroristico Hezbollah, non ha mai smesso di insidiare la sicurezza di Israele e la stabilità della regione confinante tra il Libano e lo Stato ebraico. Nell’arco temporale di 30 anni, l’organizzazione sciita guidata da Hassan Nasrallah, da piccola entità para-militare, è cresciuta a dismisura divenendo, di fatto, “il più potente attore armato non statale del mondo”.
Il panorama dipinto dagli analisti militari sottolinea come una guerra tra Israele e Hezbollah, con il sostegno di Teheran, è inevitabile ma non necessariamente imminente e sarebbe, comunque, estremamente sanguinosa per entrambe le parti.
Il gruppo sciita, con il passare del tempo, ha acquisito la consapevolezza della propria potenza e ad oggi può vantare un enorme peso politico in Libano, un’aumentata potenza di fuoco grazie al sostegno iraniano e un approccio strategico di esperta organizzazione terroristica. L’esperienza maturata in Siria, dove Hezbollah combatte a fianco delle truppe di Bashar Assad, ha di fatto migliorato la preparazione e rinvigorito i ranghi delle sue milizie che constano di circa 25.000 combattenti a tempo pieno, tra i quali 5.000 addestrati specificamente in Iran, ed altri 20.000 riservisti.
Ma i timori legati a un conflitto di Israele con Hezbollah non sono limitati alla sua potenza terrestre. L’esercito di Nasrallah, infatti, è dotato di una non trascurabile potenza di fuoco fornita dai sistemi missilistici e di razzi a corta gittata che caratterizzano l’armamento principale dell’organizzazione. Si ritiene che Hezbollah possieda un arsenale di circa 100.000 testate di varia tipologia con il quale potrebbe sostenere un’elevata cadenza di lancio per un lungo arco di tempo contro il territorio israeliano.
Hezbollah, comunque, non sembrerebbe intenzionato a scatenare un conflitto a breve scadenza poiché ancora impegnato nel consolidamento della sua posizione nei territori riconquistati in Siria e nei preparativi in Libano, ma dal punto della preparazione di una linea difensiva, sta continuando nella sua opera di infiltrazione della popolazione civile libanese meridionale traendone un vantaggio tattico. Tale caratteristica comporterebbe la delegittimazione di qualsiasi attacco preventivo dell’Israel Defence Forces, proprio perché sarebbe condotto contro la popolazione civile dei paesi situati a margine del confine libanese e non contro obiettivi militari, una sorta di scudo umano difensivo posto a difesa dell’interesse degli Hezbollah.
Proprio all’interno di questi villaggi, le stime ritengono che Hezbollah abbia preparato delle posizioni difensive con cui potrebbe affrontare eventuali sortite dell’IDF. A margine di questo panorama, il leader Hassan Nasrallah ha sostenuto che il gruppo terroristico non combatterebbe da solo un’eventuale guerra con Israele, ma avrebbe il sostegno delle milizie provenienti da tutto il Medio Oriente e, non escluso, l’appoggio di Hamas a Gaza che costringerebbe l’IDF a combattere su più fronti.
Le preoccupazioni espresse nel rapporto di 76 pagine dall’International High Level Military Group sono strettamente connesse anche con la “relazione sempre più simbiotica tra Hezbollah e le forze armate libanesi” che configura una visione non distinta tra le infrastrutture militari del Libano-Stato e quelle dei miliziani di Nasrallah in previsione di un futuro conflitto con Israele. La sempre più stretta relazione tra l’esercito libanese e Hezbollah fa trasparire anche una possibile condivisione di informazioni e una reale cooperazione militare e di intelligence che coinvolgerebbero anche le strutture del Vevak, il potente servizio segreto iraniano.
Da qui scaturiscono i dubbi palesati da più fonti israeliane in merito alla distinzione tra il Libano e Hezbollah come due figure distinte, sebbene la maggioranza degli analisti d’intelligence considerino l’organizzazione sciita una parte integrante e non scindibile dello stato libanese, da considerarsi quindi, alla stregua di un obiettivo legittimo nel caso di un confronto bellico.
Ma a fronte della crescente minaccia da parte di Hezbollah, Israele continua nell’attività di sviluppo di contromisure da adottare nel caso di attacchi da parte delle milizie sciite
E’ il caso dei sistemi avanzati di difesa missilistica e dei droni armati, in continua fase di aggiornamento e potenziamento, che fornirebbero una adeguata copertura a fronte di un attacco proveniente dal Libano anche se, come sottolineato da funzionari militari israeliani, “la protezione non potrà mai essere perfetta e ermetica”.
Lo stato ebraico ha comunque dalla sua parte lo strapotere della sua Intelligence, supportata dal continuo sviluppo dei comparti Sigint (Signal Intelligence) e Imint (Imagery Intelligence) che contribuiscono alla localizzazione e al tracciamento di eventuali ammassamenti di truppe di terra così come di basi destinate a ospitare rampe missilistiche o per il semplice lancio di razzi contro il territorio d’Israele. Proprio il miglioramento della capacità di rilevamento e di infiltrazione dei gruppi terroristici da parte del Mossad e dello Shin Bet hanno contribuito a sanare una carenza di informazioni rilevata già dall’inizio del nuovo millennio, con il sorgere delle nuove minacce terroristiche.
Beirut emargina Hezbollah, sino a quando?
Se il rischio di un nuovo conflitto in Medio Oriente agita gli animi dei militari israeliani e della controparte dei miliziani di Hezbollah, a Beirut l’aria non è poi così irrespirabile.
Se nel mese di agosto l’attenzione dei media era concentrata sull’offensiva dell’esercito libanese contro l’Isis nel nord est del Paese, oggi il clima è disteso e non sembra preannunciare alcuna catastrofe imminente.
I numerosi posti di guardia presenti agli incroci stradali, così come le postazioni di vigilanza presso gli obiettivi ritenuti sensibili, fanno sempre più parte di un paesaggio non dissimile dalle nostre città dove la minaccia terroristica ha snaturato la quotidianità del Continente europeo avvicinandola sempre più a quella del Medio Oriente.
Ma i militari libanesi di servizio, molti dei quali di religione cristiana, sono più preoccupati di qualche blitz dello Stato Islamico piuttosto che di una guerra con Israele. Parlano di Hezbollah come di un esercito sicuramente meglio armato di loro e accennano anche a numerosi “spioni” onnipresenti. La loro postazione è difesa da tre file di sacchi di sabbia e da due cavalli di frisia ai lati, sono armati di un Kalashnikov con un solo caricatore e non indossano alcuna protezione. Raccontano della vita notturna di Beirut e non delle battaglie contro il Daesh e la loro attenzione, in alcuni casi, è rivolta al Papa e alle vicende del campionato di calcio italiano.
Nonostante le vicissitudini trascorse, la capitale libanese offre un panorama stupendo che solo in alcuni scorci fa trasparire i resti delle guerre combattute nei suoi quartieri. La rapida ricostruzione mostra grattacieli ultramoderni edificati a fianco di palazzi squarciati dalle artiglierie, lasciati in memoria dei conflitti che nell’arco di 30 anni hanno più volte attraversato Beirut.
Nei quartieri periferici la realtà è ovviamente stravolta. Le baracche si susseguono, intervallate da alcuni palazzi in costruzione e dai mercatini improvvisati nei quali si trova di tutto. Già, proprio di tutto. Dalle giacche mimetiche agli anfibi, dagli elmetti ai giubbetti antiproiettile, dai cinturoni alle fondine e, se si paga con dollari americani, i gestori possono anche invitare nei retrobottega, se così si possono chiamare delle vere e proprie armerie a cielo aperto dove, appoggiati a terra a formare delle piramidi, si notano i fucili d’assalto M16 americani, alternati ai Beretta SC o ai più classici AK47.
I proprietari dei banchi vendita non sono assolutamente preoccupati del transito delle vetture di polizia e esercito. Chiariscono che, proprio agenti e militari, rappresentano un’importante fetta di mercato e la costante presenza dei vessilli di Hezbollah, alternati alle bandiere libanesi, assolutamente assenti nel centro città, la dicono lunga sul radicamento della fazione sciita in seno alla popolazione libanese e all’opera di controllo che i miliziani svolgono nei quartieri più distanti dalla metropoli mediorientale.
Una realtà non distante da quella disegnata dagli analisti d’intelligence israeliani e occidentali e che viaggia di pari passo con quella che l’ex Califfato di al-Baghdadi intendeva imporre nei territori sotto il suo controllo, nel nome dell’Islam.