I campionati mondiali di sci alpino paralimipico di Tarvisio 2017, l’evento agonistico più atteso prima delle Paralimpiadi di PyeongChang del 2018, hanno coinvolto otto atleti della nazionale italiana e si sono conclusi per gli azzurri con tre medaglie e diverse buone posizioni che lasciano ben sperare per il prossimo anno. A inizio gennaio, noi di Ofcs.report avevamo incontrato Paolo Tavian, allenatore di sci e direttore del comitato organizzativo locale dei campionati, intervistandolo durante una ricognizione lungo la sede delle gare. Guidati da Tavian, avevamo provato anche a immedesimarci in un atleta non vedente percorrendo la pista Di Prampero, che dal Monte Lussari porta fino a valle. Dal 22 al 31 gennaio, siamo tornati a Tarvisio per osservare da vicino una realtà troppo spesso lasciata all’ultime pagine delle cronache sportive.
Qui, l’inverno è arrivato giusto in tempo, con una bella nevicata. Le giornate soleggiate e fredde hanno fatto il resto, creando un’atmosfera cristallina e permettendo alle piste di rimanere intatte. Poi sono arrivati gli atleti, gli accompagnatori, i tecnici, i tifosi, i giornalisti e i fotografi, da 30 nazioni. E infine è stata la volta dei bambini, tantissimi bambini. In una settimana, da queste parti, sono passati circa 2000 studenti. Italiani, sloveni e austriaci. Così, all’estremo nord-est d’Italia, si ha l’impressione che un evento di sport internazionale abbia dipinto tutto di mille colori e sia diventato un crocevia di amicizie e sogni che si consolidano, di umanità che ritrova l’essenza di sé.
Tiziana Nasi, presidente nazionale della Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici, sorride e non ha dubbi: “Certo che puoi intervistarli. Vieni da noi, questa sera, alla casa FISIP!”
Per i campionati mondiali di sci paralimpico, la nazionale italiana ha creato sul luogo un punto di ritrovo. L’hanno allestito per bene, ci si trova a mangiare, a chiacchierare, a scambiarsi le impressioni della giornata. A un passo dall’entrata troviamo la calorosa accoglienza di Antonella Dellachà, della segreteria federale; ci spiega che gli atleti non sono ancora tornati dalle riunioni del pomeriggio. Si lavora duramente e nulla può essere lasciato al caso. I primi ad arrivare sono i più attesi di oggi: Giacomo Bertagnolli e Fabrizio Casal, 18 e 17 anni, hanno vinto la terza medaglia in pochi giorni. Un argento in gigante dopo un bronzo in superg e un oro in supercombinata. La loro storia è già sui giornali. E loro sono amici, molto amici. «La cosa bella è che pur essendo giovani non si sono montati la testa», confida con parole d’affetto qualcuno del team.
«Un’intervista incrociata? Ok!». Jack e Fabri sono coordinati anche nelle interviste, rispondono in modo praticamente identico. Frequentano la stessa scuola, l’Istituto La Rosa Bianca di Cavalese (Tn), a volte si arrabbiano tra di loro ma si fidano moltissimo uno dell’altro, e ritengono che proprio questa fiducia stia alla base della loro attività condivisa. Vogliono dedicare le medaglie alla famiglia e a tutte le persone che li sostengono, team e fan.
A casa FISIP c’è anche Melania. Proprio lei, Melania Corradini, la campionessa. Torino 2006, Vancouver 2010, Soči 2014. Melania della Val di Non. Melania autentica e determinata.
E poi c’è Danilo Rossi che in questi giorni è seguito da un fan club pieno di entusiasmo. Undici amici partiti alle due di mattina dall’appennino parmense con generi di conforto per tutto il parterre ma soprattutto con un forte calore e una grande voglia di esserci.
Il pomeriggio seguente, l’ultimo, l’attenzione della squadra è tutta per altri due giovani compagni: Renè De Silvestro e Davide Bendotti, che stanno per disputare lo slalom finale.
La sera, terminata la cerimonia di chiusura, si rimane in pochi. Eppure Elena e Silvia, 19 e 17 anni, sono ancora qui. Per una settimana si sono date da fare al capannone con altri 50 volontari che in fondo della pista Di Prampero, in dieci giorni, hanno servito 450 pasti. Raccontano con commozione il momento dei saluti agli atleti, con molti dei quali hanno stretto amicizia. Andrea Valenti invece è già partito il giorno prima, mentre Alessandro Varotto è l’ultimo sciatore a lasciare il Friuli. Con la sua auto, in direzione Padova. Perché Alessandro adora viaggiare e vuole continuare a farlo, per tutta la vita.
Nei prossimi mesi intensi allenamenti aspettano gli azzurri, in vista delle paralimpiadi del prossimo anno a PyongChang, in Corea del Sud, dove a breve si recherà una delegazione della squadra italiana. A noi di Ofcs.report rimane la spilla del comitato paralimpico, racchiusa in una confezione che recita una frase di Albert Einstein: “la struttura alare del calabrone in relazione al suo peso non è adatta al volo ma lui non lo sa e vola lo stesso”. All’interno troviamo un piccolo imenottero tricolore di metallo, da attaccare subito allo zaino. Ma i campionati di Tarvisio ci lasciano anche la certezza che in occasioni come questa è facile dimenticare i preconcetti. E lasciar cadere i pietismi, le frasi fatte, il voler catalogare. Sciare a 120 all’ora è sport e chi gareggia a questi livelli è un atleta a tutto tondo. Allora non suoni strano se, nel descrivere i professionisti di Tarvisio 2017, non abbiamo più pensato a raccontare quell’arto, quell’incidente, quella ferita profonda a un corpo ma non allo spirito. Perché i ragazzi della nazionale di sci paralimpico non sono quell’arto, quell’incidente, quella ferita. Sono Giacomo, Fabrizio, Melania, Alessandro, Danilo, Davide, Andrea e René. Come chiunque, ognuno con la propria storia, la propria forza, la propria “struttura alare”. Ma volano, e volano tutti, lo stesso.