“Quando ho provato a chiedere i miei diritti sono stato minacciato. Mi hanno fatto sentire in colpa per essermi ammalato”. Sono parole forti quelle pronunciate dall’ex ranger del 4°Reggimento Alpini Paracadutisti, Antonio Attianese, durante la sua testimonianza a palazzo San Macuto, davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell’uranio impoverito. Il militare, “vittima del dovere”, proprio come aveva fatto parlando a Ofcs.Report, ha raccontato la sua incredibile vicenda umana, giudiziaria e sanitaria. Così ha denunciato le ingiustizie subite e i soprusi, puntando il dito conto chi lo avrebbe minacciato e non lo avrebbe tutelato durante il suo percorso medico sanitario.
Il file audio delle minacce che lo stesso Attianese aveva registrato con il telefonino, è stato consegnato alla Commissione d’inchiesta insieme a tutta la documentazione. E la stessa Commissione, presieduta dall’onorevole Gian Piero Scanu, acquisendo la documentazione e la registrazione ha deciso di approfondire la questione: “Non escludo che la nostra Commissione possa trasferire tutti gli atti alla magistratura per eventuali profili di caratteri penali”, ha affermato il presidente.
Un’affermazione che apre nuovi interessanti scenari sull’annosa questione dell’uranio impoverito, nella speranza che adesso arrivino delle risposte concrete. Già, perché nonostante siano quasi passati 17 anni dalle prime denunce depositate dai soldati italiani (e non solo), le autorità militari continuano a negare non solo il nesso causale tra le morti e il “killer silenzioso”, ma non tutelerebbero a livello sanitario i soldati. In molti preferiscono tacere per timore, altri, come Antonio Attianese, no.
La strada per la verità non è semplice, come lui stesso ha affermato in Commissione: “Quando ho provato a chiedere i miei diritti sono stato minacciato. Mi hanno fatto sentire in colpa anche per essermi ammalato. Sapevo che era vietato parlare di uranio impoverito o di pericolosità ambientale. Anche quando eravamo in missione e chiedevamo conferma di ciò che sentivamo alla televisione o sui giornali, sulla pericolosità dell’uranio impoverito. Ci dicevano di pensare a lavorare e non creare problemi, che erano tutte sciocchezze create ad arte contro il governo italiano e gli americani. Peccato, che io per queste sciocchezze mi sono ammalato (neoplasia vescicale ndr) e ho subito 35 interventi. Ora, con quest’ultima chemioterapia sperimentale, nonostante sembri andare un po’ meglio, le mie possibilità di vita sono ridotte: 25%”.
“Era il 2005 quando, dopo essere venuto a conoscenza della circolare 65/84, che prevede il monitoraggio della malattia e dell’assistenza burocratica ed economica relativa alla grave patologia – continua il militare – decisi di chiedere il rimborso delle spese. Il tutto doveva essere inviato d’ufficio”.
E ancora: “Feci proprio così, riferendo tutto al capo ufficio maggiore del personale militare. A quel tempo era il capitano Crocco Angelo, adesso sarà tenente colonnello. Chiesi il rimborso delle spese, visto che comunque mi spettava di diritto. Gli chiesi ulteriori delucidazioni, ma la risposta fu di recarmi dall’amministrazione, la quale però disse che non c’era nulla da fare”. Il militare non sarebbe stato più in possesso della nota spese e a nulla sarebbero servite le 11 cartelle cliniche, con tutti gli interventi subiti: “Per loro era troppo tardi”.
“A quel punto dissi che mi sarei rivolto a un avvocato – spiega il soldato – e il capo ufficio amministrativo mi rinviò ad altro momento, dicendo che mi avrebbe fatto sapere. Al termine dell’orario di servizio fui però inaspettamente convocato a rapporto dal capo maggiore del personale, sempre il capitano Crocco Angelo. Notai da subito una situazione strana e quindi decisi di registrare con il telefonino la conversazione. Erano presenti insieme a lui altri due ufficiali, il capitano Danieli Davide e il capitano Diomaiuta Giovanni, anch’essi ora tenenti colonnelli”.
Antonio Attianese non ha peli sulla lingua: “Le minacce e intimidazioni ricevute sono tutte riportate nel file voce che vi ho consegnato – ha detto in Commissione – Sono state tantissime e mi hanno devastato e provocato un dolore e un malessere peggio della malattia. Perché in quel momento ho capito di non rappresentare nulla per i miei superiori. In fondo ero un semplice caporal maggiore. Non sono stato monitorato, nè tutelato come altri commilitoni, che intimoriti e impauriti come me da possibili ritorsioni preferivano tacere. I superiori non mi hanno tutelato e mi hanno trattato in un determinato modo. E dalle registrazioni ve ne accorgerete anche voi – spiega sempre rivolgendosi alla Commissione – lasciandomi solo e disperato con la paura del domani. Per il futuro mio, di mia moglie e dei miei figli. Queste incertezze voglio consegnarle a questa spettabile Commissione, non penso infatti sia giusto dopo una vita come la nostra, quella di tutti i militari malati intendo, donata incondizionatamente alla patria, aver paura o dover mascherare delle verità per coprire colpe non nostre. E nonostante questo io credo ancora all’onestà di una parte dei miei comandanti, del governo e delle istituzioni, che sono certo non sanno per intero tutta la verità. Ma vi prego, signori onorevoli e signor presidente, almeno quando moriamo non lasciateci soli”, afferma concludendo così la sua testimonianza l’ex ranger Antonio Attianese.
A seguire c’è stata anche la deposizione della moglie, Maria Forino: “Sono qui per sostenere mio marito, non solo come uomo, ma anche come ranger. Ha svolto sempre con onore e rispetto il suo lavoro, non solo per dovere, ma in primis per passione. Per dovere ha lottato prima con le armi. Oggi a distanza di 13 anni sta lottando la sua battaglia per la vita. Perché se la guerra si fa con le armi, la vita si lotta con il sudore e il sacrificio. Lo fa ogni giorno, nonostante non saprà se potrà veder crescere i nostri due figli, di sei e sette anni. Per questo sono qui oggi, per chiedervi di continuare a ricercare la verità per avere finalmente giustizia per lui e tutti gli altri militari italiani.”
Il calvario sanitario e burocratico dell’ex ranger Antonio Attianese purtroppo non finisce qui. Certamente, però, è stato compiuto un passo in più verso la verità. Si spera quindi in una breve risoluzione del caso e soprattutto in un sostegno economico che di fatto spetta di diritto a questo militare. Un militare con una pensione da 1200 euro. Ecco quanto prende una vittima del dovere. La moglie, infatti, per stargli accanto ha smesso di lavorare e vanno avanti solo grazie ai loro genitori che in ogni modo e come possono cercano di aiutarli.
E nonostante questo, le parole iniziali della testimonianza di Antonio sono state sincere: “Non sono qui a richiedere soldi, benefici o vendetta, ma solo giustizia per come sono stato trattato e non tutelato”.