Trentacinque interventi chirurgici. Cento ricoveri ospedalieri. Una neoplasia uroteliale pluridistrettuale e plurirecidivante, sottoposta a multiple resezioni endoscocopiche e chirurgiche. Molteplici cicli di chemioterapia. Presenza di multiple metastasi a livello polmonare, intestinale, linfonodale, muscolare e attualmente nuove metastasi anche a livello encefalico.
Questa è la ‘via crucis clinica’ di Antonio Attianese, l’ex ranger del 4°Reggimento Alpini Paracadutisti, inquadrato nel plotone di ricognizione di cui Ofcs.report si è già e più volte occupato. Anche lui ‘vittima del dovere’. Così vengono chiamati i militari che si ammalano (e purtroppo in molti muoiono) per essere venuti a contatto con l’uranio impoverito durante le “missioni di pace”.
La storia di Antonio, 38 anni, originario di Sant’Egidio del Monte Albino, in provincia di Salerno, e ora padre di due figli di 5 e 6 anni, comincia nel 2002, quando partecipa a due missioni in Afghanistan. La prima International Security Assistance Force durò da maggio a settembre, la seconda, denominata Enduring Freedom, da febbraio a maggio. Al suo rientro i primi sintomi della malattia e da lì l’inizio di un calvario che ancora non sembra voler finire.
Dal 2004 (anno in cui è insorta la malattia) ad oggi, Antonio tramite ricorsi giuridici, appelli in televisione e audizioni davanti alla Commissione d’inchiesta per l’utilizzo dell’uranio impoverito, ha cercato di denunciare la tragica situazione in cui si trova, e questo solo per aver servito onestamente il suo Paese.
Ma ancora una volta sembra che la burocrazia medico-legale si faccia beffa di lui e del suo stato di salute, purtroppo sempre più precario, negandogli ancora una volta ciò che secondo lui gli spetterebbe.
Sì, perché nell’ambito militare c’è una normativa pensionistica che prevede la categoria dei ‘grandi invalidi’ come Attianese. Ovvero persone con presenza di menomazioni particolarmente gravi anche da incidere sulla totale autonomia del soggetto.
La casistica della superinvalidità comprende 32 ipotesi normative decrescenti per gravità, e si parte dalla categoria A (il massimo che viene corrisposto a chi ha più di una patologia in corso) a un minimo che corrisponde alla categoria H.
“Sono 13 anni che combatto questa guerra e nonostante 35 interventi e più di 100 ricoveri ancora una volta mi si sta negando ciò che mi spetta – racconta Antonio Attianese – infatti nonostante attraverso il mio medico io abbia fatto richiesta per ottenere l’aggravamento di pensione privilegiata (nello specifico la pensione privilegiata, spetta ai militari che riportano infermità o lesioni dipendenti a causa di servizio in questo caso per esposizione all’ uranio impoverito, ascrivibile a una delle categorie prevista da tabella per gravità ndr), mi è stata negata”.
“E questo per via di errori non dipesi da me. Per via telematica come richiestomi dall’Inps, il sistema mi ha portato a iscrivermi nella domanda di aggravamento all’Inps di Monte Sacro a Roma, ma alla fine si è rilevato che non era di loro competenza. Cosa che io ho saputo dopo quasi un anno e solo e al momento in cui mi hanno avvisato – prosegue il militare – Quindi dopo aver fatto sollecito e diffida dall’avvocato agli uffici competenti, mi hanno detto che dovevo rivolgermi all’Inps di Salerno e ho quindi dovuto rifare la domanda per causa di servizio, per l’aggravamento della pensione privilegiata, a febbraio 2017. Un paradosso visto che tutto questo mi spettava già da maggio 2016, da quando ho fatto regolare domanda. Ma nonostante questo, ripeto, non mi è stato concesso l’aggravamento”.
“L’ennesima beffa? Due settimane fa, quando è venuto a visitarmi il medico legale della Commissione Medica Ospedaliera (CMO) del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Bari, e nonostante l’evidenza dei fatti mi sono visto negare la pensione da tabella A . Ovvero, malgrado l’insorgere di nuove metastasi a livello encefalico (vedi relazione del medico in allegato e anche foto in evidenza) mi hanno confermato lo stesso trattamento economico: pensione di super invalidità, senza però aggiungerne una seconda.
“Il paradosso è evidente nel punto 15 della relazione del medico legale militare (vedi foto), dove nonostante si dichiari che ci siano nuove metastasi cerebrali, e quindi una nuova patologia non mi è stato comunque riconosciuto un secondo indennizzo”.
“Le ingiustizie nei miei riguardi continuano incessanti. Nonostante l’evidenza si continua a negarmi ciò che mi spetta. O i medici non sono competenti come dovrebbero, o qualcuno dice loro di non dare esito positivo alle mie richieste nonostante l’insorgere di nuove patologie a mio carico.
Sono benefici che mi spettano di diritto – prosegue – E paradosso dei paradossi lo stesso medico che non mi ha concesso la tabella A, per la nuova patologia è lo stesso che solo oggi mi ha concesso ciò che mi spettava dal 2014, ovvero la pensione privilegiata di super invalidità per cui ho dovuto fare ricorso.
Neanche vedermi su un letto di morte fa sì che prendano coscienza della mia situazione. Non chiedo niente di più di ciò che mi spetta. Giustizia”, conclude Antonio.
Ma a combattere un’altra battaglia per ottenere ciò che ritiene essere un suo diritto c’è anche un altro militare, anche lui un’altra vittima del dovere. Tutto ciò accade quando, appena pochi giorni fa, è arrivata la notizia di in cui si denuncia che già nel lontano 1994, quando ancora non si parlava di sindrome del Golfo, i nostri militari avevano a disposizione proiettili all’uranio impoverito persino in Italia e non solo nelle missioni di pace all’estero.
Parliamo dell’ex caporale maggiore Walter Cecchettin, di anni 46, anche lui sposato con due figli. Apparteneva al Battaglione Logistico Paracadusti “Folgore” con il quale è andato in missione in Iraq durante la Guerra del Golfo, per la durata di 70 giorni, dal 06 dicembre 1990 fino al 19 novembre 1991.
Cecchettin, durante la missione prestava servizio anche come autista per portare i viveri di prima necessità alle persone sfollate nel territorio iracheno. Territorio in cui, come tutti ben sanno, durante la Guerra del Golfo, tra gennaio e febbraio del 1991 (anno in cui Ceccettin prestava servizio) sarebbero state rilasciate 286 tonnellate di uranio impoverito non solo in Iraq, ma anche in Kuwait e Arabia Saudita.
Questo ha di fatto comportato la sua massima esposizione alle micidiali polveri sottili da uranio impoverito. Esattamente come Attianese, anche Cecchettin appena subito il suo congedo dalla missione all’estero, mostra i primi segni della malattia.
Era il dicembre del 1991, quando preoccupato da un’inappetenza e stanchezza persistenti, il militare si reca all’Ospedale Militare di Firenze, dopo aver notato la comparsa di un’adenopatia laterocervicale, sottomandibolare e inguinale bilaterale. La diagnosi ancora una volta non lascia scampo: Linfoma non Hodgkin ad alto grado di malignità.
Da lì, come da copione inizia il calvario sanitario. Nel 1994 insorgeva una nuova recidiva, fino a quando nel 1995 il linfoma da non Hodgkin, diventa a tutti gli effetti un linfoma Hodgkin follicolare stadio clinico tre.
Naturalmente tutte le spese mediche erano a carico di Cecchettin, anche lui sottoposto a diversi interventi chirurgici. Sette per l’esattezza: due sottomandibolari, due ascellari, due inguinali, uno al cavo popliteo della gamba sinistra a cui era ogni volta connesso un ciclo di terapia chemioterapica.
Oltre alla leucemia, che al momento sembra essere regredita, nel 2011 il militare scopre di avere anche un grave scompenso al cuore, dovuto ovviamente alle massicce terapie chemioterapiche. Per compensare la ridotta funzionalità (solo il 23%) gli viene impiantato un peace maker e un defibrillatore che però ha dovuto sostituire nel 2015 causa mal funzionamento dell’apparecchio.
Di pari passo alla sua storia clinica, il militare proseguiva la sua battaglia giuridica e sin dal 2001 aveva presentato istanza di pensione privilegiata ordinaria per l’infermità già riconosciuta, dipendente da causa di servizio ed ascritta a categoria tabellare al Ministero della Difesa. Ma nel 2002 la sua richiesta viene rigettata, dalla Commissione medico ospedaliera dell’Ospedale militare di Milano, nonostante l’infermità . Questo perché la domanda volta a ottenere la pensione privilegiata tabellare non trovava possibilità di accoglimento perché presentata ben oltre i 5 anni dalla data di congedo.
Ma il ritardo della presentazione della domanda di pensione privilegiata per causa di servizio presentata dal militare anche qui era a causa del fatto che Cecchettin, come molti altri, non aveva idea di quali fossero le cause della sua malattia. Cause che ha scoperto solo dopo, e come tutti gli altri militari del resto.
Per questo Walter Cecchettin ha richiesto formalmente di essere audito davanti la Commissione d’inchiesta per l’utilizzo dell’uranio impoverito. Anche lui come Attianese vuole denunciare il completo stato di abbandono medico giuridico in cui versa lui e la sua famiglia. Ancora un appello, ancora una testimonianza ma nonostante questo i vertici militari continuano a negare l’evidenza.