Oltre due anni di attese e speranze spesso infrante per vedersi recapitare un farmaco anti cancro innovativo. È il calvario che devono attraversare i pazienti oncologici italiani. Un’attesa lunga in media 806 giorni, l’equivalente che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella prima Regione italiana. Un termine che può dilatarsi fino a tre anni (1.074 giorni) se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione. Non solo. Ai lunghi tempi di attesa talvolta si accompagna la cosiddetta “tossicità finanziaria”, cioè la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure, problema noto da diversi anni negli Stati Uniti e che comincia a interessare anche i malati nel nostro Paese. Questa condizione tocca infatti il 22,5% dei pazienti italiani, che presentano anche un rischio di morte del 20% più alto rispetto alle persone colpite dal cancro, ma senza problemi economici.
Rapporto Favo
La denuncia è contenuta nel IX Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici, presentato giovedì 18 maggio al Senato, nel corso della XII Giornata del malato oncologico, organizzata da Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia).
“La spesa per i farmaci oncologici è passata da poco più di un miliardo di euro nel 2007 a oltre tre miliardi nel 2014”, spiega il professor Francesco De Lorenzo, presidente Favo. “Nel suo complesso, l’oncologia rappresenta una delle voci più rilevanti per il Servizio Sanitario Nazionale: per la prima volta, nel 2014, la spesa per i farmaci antineoplastici si è, infatti, collocata al primo posto. I dati rappresentano una realtà che mal si concilia con le attuali politiche sanitarie di vero e proprio definanziamento del Sistema Sanitario Nazionale. Pur crescendo in valori assoluti, le risorse messe a disposizione, infatti, risultano progressivamente sempre più insufficienti per dare risposte concrete alla domanda di assistenza”.
Sulla stessa linea l’intervento del dottor Domenico Corsi, Segretario Consiglio Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) Regione Lazio, secondo cui l’accesso ai farmaci ultima generazione “costituisce una problematica complessa, che abbraccia non soltanto profili economico-finanziari, ma anche etici e sociali: solo la contestuale considerazione di tutti gli aspetti coinvolti può garantire soluzioni sostenibili, finanziariamente e politicamente”.
Le valutazioni in Ema richiedono, per i farmaci innovativi, mediamente 383 giorni per l’esame delle caratteristiche farmacologiche, cliniche e di sicurezza. A questi si aggiungono i tempi nazionali e regionali. Il successivo processo di rimborsabilità da parte di Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) che rende possibile a tutti i pazienti italiani l’accesso ai farmaci innovativi dura in media 260 giorni. L’attesa però non finisce qui. Vanno aggiunti ancora dai 31 ai 293 giorni, necessari alle Regioni per rendere queste terapie disponibili e gratuitamente presso ospedali e Asl.
Il rischio per l’Italia
“Il rischio concreto – continua il professor De Lorenzo – è che il processo che va dall’approvazione europea alla reale disponibilità concreta del farmaco per i cittadini, particolarmente lento, possa tradursi in una forma di razionamento che penalizza fortemente i malati, specialmente nel caso di farmaci innovativi salvavita. Diventa pertanto di fondamentale importanza, non soltanto per la tenuta economica del sistema, ma anche per la salvaguardia della coesione del tessuto sociale, che si giunga al più presto ad individuare un metodo condiviso e integrato per la valutazione dell’innovazione, che tenga cioè conto di tutti gli aspetti coinvolti nella cura: non soltanto dell’efficacia clinica del farmaco, ma anche del suo costo-efficacia in termini di qualità della vita”.
Le difficoltà economiche per i malati di cancro
In Italia esiste anche un problema di difficoltà economica per chi è colpito dal cancro: si traduce in uno svantaggio nel perseguire un miglioramento della qualità della vita con i farmaci antitumorali. Secondo uno studio condotto dall’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori Fondazione “G. Pascale” di Napoli, pubblicato su Annals of Oncology, una persona su cinque colpita dal cancro subisce un contraccolpo economico, che si riverbera in un peggioramento della prognosi. Si tratta di un dato sorprendente perché questi pazienti avevano partecipato a sperimentazioni promosse e realizzate all’interno del Servizio Sanitario Nazionale e non avevano dovuto in alcun modo contribuire al costo dei trattamenti antineoplastici, tutti forniti gratuitamente dal servizio pubblico.
@PiccininDaniele