“Noi non facciamo una proposta che riguarda l’abolizione del Tso, però non possiamo neanche pensare che in un contesto in cui viene prima la libertà di cura, e quindi il Tso è un eccezione che deve essere l’estrema ratio, ci possa essere una situazione come quella attuale, in cui questa procedura è divenuta la normalità”. E’ quanto ha dichiarato a Ofcs.report Michele Capano, avvocato e tesoriere dei Radicali italiani, a proposito della proposta di legge“Mastrogiovanni” per riformare l’istituto del Trattamento sanitario obbligatorio.
Dottor Capano, partiamo innanzitutto da un fatto: una lacunosità di dati sul numero reale di pazienti sottoposti a Trattamento Sanitario Obbligatorio. Qual è la reale situazione?
“Più che di lacunosità parlerei di discordanza di dati. C’è una statistica riportata dall’Istat, contenuta nel rapporto sulla salute mentale relativa al 2015 che riporta 10.882 dimissioni. C’è un altro dato, invece, proveniente dal Ministero della Salute che rileva 8.777 casi registrati nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc). Il punto sul Tso è anche un altro: abbiamo una serie di casi, mi dicono essere attorno a 1/3, che finiscono in Tso. In pratica avviene quando il ricovero da coatto si trasforma in volontario. Quindi se vogliamo comprendere quante persone vengono ricoverate contro la propria volontà, ad oggi per tutte queste ragioni il dato è sottostimato”.
La situazione presente nella maggior parte delle strutture che ospitano pazienti sottoposti a Tso è la seguente: abusi, maltrattamenti, violenze e soprattutto contenzione. La legge Mastrogiovanni vuole mettere fine a questo?
“Nella nostra proposta di legge abbiamo segnalato, senza entrare nel merito delle cure, che ci sono una serie di pratiche che riteniamo contrarie alla dignità della persona che devono essere abbandonate. C’è il tema della contenzione, che nasce anche dall’esperienza del processo Mastrogiovanni o di altri casi eclatanti passati alla cronaca, come quello di Giuseppe Caso in Sardegna. Dei 320 servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), cioè i reparti ospedalieri dove finiscono i pazienti ricoverati in Tso, una ventina non praticano la contenzione e sono reparti aperti, cioè non hanno condizioni di chiusura per cui sono ammesse le visite dei familiari. Accade, come nel caso della nipote di Franco Mastrogiovanni, Grazia Serra, che un familiare non può far visita al parente con la motivazione che la vista del congiunto turberebbe il paziente. Mi viene da pensare che sono proprio le condizioni barbare del coma farmacologico o della contenzione che non rendono possibile una trasparenza che secondo noi ci deve essere. Noi scriviamo nella legge che le condizioni di apertura del reparto psichiatrico non devono essere diverse rispetto a quella degli altri reparti. Mai più deve essere possibile questa interruzione della comunicazione con i famigliari e mai più ci dovrà essere una impossibilità da parte del paziente di comunicare con l’esterno. Per tutti questi motivi si rende più che mai necessaria una legge che ponga fine a questi gravi comportamenti che ledono la dignità della persona in cura”.
Non è prevista dalla normativa attuale una figura istituzionale o interna all’ospedale che vigili sulle condizioni in cui vengono tenuti i pazienti sottoposti a Tso?
“Oggi secondo la normativa attuale non è presente, ma nella nostra proposta di legge è prevista la figura dell’avvocato. La tutela legale deve essere garantita. Nel momento in cui una persona deve essere sottoposta a Tso, deve conoscere quello a cui va incontro, le deve essere spiegato durata, trattamento, procedura in un linguaggio a lui comprensibile e soprattutto deve conoscere gli strumenti per eventualmente reagire a questa situazione. In questo contesto gli nominiamo un avvocato che il paziente può scegliere di fiducia. Il ruolo di garanzia svolto dall’avvocato è molto importante poichè ritengo che anche il paziente sottoposto a Tso deve avere un momento di verifica della legalità della sua libertà “.
Il problema che molto spesso affiora è una sempre maggiore superficialità e facilità nel disporre il ricovero coatto. Da trattamento eccezionale diventa quasi una procedura adottata di prassi.
“ Certo, è la verità. Si tratta di una procedura in cui non c’è controllo perché l’attività del sindaco e del giudice tutelare, prevista oggi in assenza di contradditorio, cioè di risposta del soggetto che parla per la persona, si è ridotta a puramente burocratica. Il giudice tutelare attualmente è un passacarte, ma noi vogliamo che in udienza deve porsi il problema del rinnovo del Tso e della verifica di legalità dell’avvenuto trattamento. Questo è sostenuto anche dagli psichiatri. Non dobbiamo pensare solo allo schizofrenico che vuole ammazzare la gente quando una persona viene sottoposta a Tso. Tra le persone che subiscono un ricovero coatto c’è chi si trova in condizioni di vagabondaggio. Il Tso non nasce per questo tipo di casistiche che vanno gestite diversamente sul piano socio-economico. L’avvocato Gioacchino di Palma dell’associazione Telefono Viola, che sostiene insieme a noi la proposta di legge, ci segnala come nella stragrande maggioranza dei casi è la condizione di disagio socio economico a determinare poi questo tipo di deriva. Il Tso è diventato un istituto di prassi, da caso eccezionale procedura di normalità. Pannella nel ’78 prevedeva questo tipo di deriva, diceva che questa sarebbe stata la fine che avrebbero fatto quelli che sarebbero stati sottoposti a ricovero coatto. E’ necessaria una riorganizzazione dell’intero sistema della salute mentale, partiamo dal riformare il Tso per poi rivedere tutto il processo. Non si può in modo burocratico e automatico legare le persone a un letto, cominciamo a non farlo poi vediamo di innescare il circuito virtuoso”.
Un punto chiave delle vostra proposta è un secondo accertamento da parte dello psichiatra dopo la visita di approvazione da parte del medico della Asl.
“Questo è fondamentale. Abbiamo notizia del fatto che spesso certificati che decretano il ricovero coatto sono redatti senza vedere la persona e quindi una adeguata visita medica. La legge Mastrogiovanni prevede invece che obbligatoriamente si debba vedere la persona, effettuando una visita specialistica da parte dello psichiatra”.
Quali saranno i prossimi passi per far della proposta una legge a tutti gli effetti?
“Abbiamo in programma vari appuntamenti. A Parma dal 5 al 7 maggio ci sarà la riunione nazionale dei Radicali. In generale la legge Mastrogiovanni insieme ad altre proposte rientra in un ‘pacchetto’ speciale di iniziative per cui ci sarà una raccolta di firme al fine di farne leggi di iniziativa popolare a partire dalla metà di maggio”.
Ha riscontrato un interesse reale e concreto da parte delle istituzioni?
“Assolutamente si. L’impegno in primis del nostro movimento è presente, ma c’è anche un mondo associazionistico e culturale che vive con interesse questa iniziativa. Quello che è diventato il Tso oggi è questione nota in certi ambienti. Noi stessi abbiamo ricevuto il supporto di avvocati, psichiatri che hanno lavorato sul campo e che hanno elaborato insieme a noi questa proposta e che ci appoggiano nel portare avanti questo progetto”.
Il vostro è un segnale forte. Cosa si augura per il futuro ?
“Noi non facciamo una proposta che riguarda l’abolizione del Tso, però non possiamo neanche pensare che in un contesto in cui viene prima la libertà di cura, e quindi il Tso è un eccezione che deve essere l’estrema ratio, ci possa essere una situazione come quella attuale, in cui questa procedura è divenuta la normalità. Di questo tema, della libertà della persona, della libertà di cura, mi auguro si possa parlare nel Paese e si possa sviluppare un dibattito pubblico adeguato. Questo è il mio augurio più significativo”.
@veronica_poto