Il video di Tiziana era stato inviato anche a me tramite Whatsapp, ormai più di un anno fa. Ho riso di quel video, ho scherzato con gli amici, con i quali in vacanza abbiamo fatto persino la parodia al supermercato, con il succo di frutta marca “Bravo”. E come me molte altre persone. Quelle immagini erano note da tempo. Nessuno, però, ha pensato mai neanche per un secondo alle conseguenze.
La vicenda, che ha portato al suicidio la giovane Tiziana, può essere osservata da molteplici prospettive: la potenza della rete e degli smartphone, il ruolo della donna, la pornografia, la virilità dei social network e delle app di messaggistica istantanea, la libertà sessuale. Ci sarebbe da parlare di ognuno di questi argomenti. Il più importante, credo, sia quella frase che ha reso celebre Tiziana: “Stai facendo il video? Bravo!“. Una frase che mischia tutte le questioni insieme e anche il modo con cui ormai si vive il sesso. Il sesso, una delle componenti che dovrebbe essere naturalmente più intima all’interno della nostra esistenza, è diventato ormai un lato di noi stessi da ostentare in pubblico.
Non si gode più soltanto dell’atto sessuale in se stesso, ma di tanto altro che c’è intorno al sesso: compresa proprio l’ostentazione dell’atto stesso attraverso riprese e filmati. Un Grande Fratello dove ognuno vuole non solo godere, ma pure mostrare. E il godimento proviene proprio dalla possibilità che ci sia qualcuno a guardare. Le più remote fantasie sessuali che diventano realtà. Ed è questo il punto, almeno per me. Nel sesso, forse ancor di più per le donne, l’immaginazione e il conferimento di valore a determinati gesti è fondamentale. Ma è come se si fosse rotto qualcosa, all’interno della nostra società, nel rapporto tra sesso e immaginazione. Con la seconda che non basta più, ma va esplicata ad ogni costo compiendo con i gesti quello che vive soltanto nella nostra fantasia.
L’evenienza, poi, che su ogni smartphone ci sia una telecamera incorporata, fa tutto il resto. Oggi la nostra privacy, per le cose più stupide o per quelle più importanti, praticamente non esiste più. Siamo tutti personaggi pubblici. Tutti siamo rintracciabili con il nostro nome, il cognome e il nostro volto, semplicemente perché siamo iscritti ai social network. Siamo tutti vip con le nostre vite, le nostre cene, le nostre compagne e i nostri figli in bella mostra sul web. Nulla è cancellabile perché la rete ricorda tutto, tutto. Siamo pornografici anche quando non facciamo nulla di pornografico. La nostra è una società fondata sugli stilemi della pornografia, basta andarsi a rileggere la definizione su Wikipedia: “Ogni essere umano ha normalmente delle fantasie erotiche, cioè usa l’immaginazione per rappresentarsi delle scene eccitanti eroticamente, senza altro scopo che l’eccitazione in sé: la pornografia è la concretizzazione di queste fantasie in immagini, disegni, scritti, oggetti o altre produzioni. Poiché molte persone hanno fantasie erotiche simili, di solito il materiale pornografico prodotto da un singolo, con le scene della sua immaginazione erotica, risulta eccitante anche per molti altri”. E non è quello che facciamo spesso usando i social network proiettando di noi un’immagine che spesso non corrisponde alla nostra, o almeno non definitiva, ma più facilmente corrispondente alla nostra fantasia o ai nostri desideri?
Oggi scopriamo che neppure la morte è riuscita a far dimenticare le gesta di Tiziana. Non se ne esce, come in una trappola. La lezione morale di questa storia forse non c’è. Perché, per cambiare, dovremmo modificare dalle fondamenta tutto ciò su cui è stato edificato nel nostro vivere quotidiano. Invece dobbiamo solo imparare a conviverci. Scegliendo, di volta in volta, se è opportuno mostrarci, mostrarsi, ostentarsi. Che non significa nascondersi perché dai social non ci si può nascondere. Ma, almeno, delle piccole difese le abbiamo cercando di avere consapevolezza di ciò che mostriamo di noi.