Mentre i politici approfittano del weekend lungo per saltare la “prima” del disegno di legge sul testamento Biologico, in piazza i cittadini e le associazioni si dividono tra pro eutanasici, che hanno manifestato lunedì fuori Montecitorio, e i pro vita che martedì hanno organizzato una manifestazione fuori al Pantheon.
Un’iniziativa di forte impatto, quella della Pro Vita Onlus, che ha provato a inscenare un’eutanasia dal vivo, con tanto di finti pazienti su una lettiga a cui venivano iniettati finti sieri mortali. “Uno Stato civile non può obbligare i medici a far morire di fame e di sete i pazienti. No alle Dat mortifere”. Così recitava un enorme striscione issato da una ventina di volontari dell’associazione capitanata dallo storico leader, Toni Brandi.
“Siamo qui per protestare contro il disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento perché noi crediamo che innanzitutto bisogna salvaguardare la vita, che il medico non può essere un mero esecutore di disposizioni altrui ma ha il dovere di salvare la vita e la libertà di vivere”, ci spiega. “Idratazione e nutrizione sono dei sostegni vitali, non possono essere considerate terapie. Per i disabili e i malati la soluzione è la cura”.
In Italia, ricorda Toni Brandi, “ci sono 3.500 pazienti che vivono in stato vegetale e questa legge porterebbe il medico a togliergli l’idratazione e la nutrizione”. Una legge, quella sul testamento biologico che “così come è scritta va assolutamente rigettata ed è vergognoso che su un tema così importante, in Aula si siano presentati solo venti parlamentari”, prosegue il presidente di Pro Vita Onlus, che ha voluto lanciare un appello al leader dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato: “Non credo che la tua campagna acquisti “A.A.A. cerchiamo malati terminali che vogliono essere protagonisti” sia una cosa molto bella. Istigare e aiutare le persone al suicidio è sbagliato”.
In piazza tra i sostenitori alla vita c’è anche Sara Virgilio, 42 anni, biologa e nutrizionista. La sua è una delle tante storie di cui nessuno parla. “All’età di vent’anni – ci racconta Sara – sono stata investita da un pirata della strada e sono entrata in coma riportando diversi danni. Mi avevano data per spacciata e se avessi firmato un Testamento Biologico forse oggi non sarei qui, perché avrebbero tenuto conto della mia dichiarazione e non avrei potuto avere nessun tipo di trattamento”.
Sara ha affrontato un vero e proprio calvario durato sei anni. “Ho vissuto grazie alla ventilazione meccanica e all’idratazione, ma la mia storia deve essere un messaggio per tutti”, dice con orgoglio. “Quando ero in coma ho lottato per esserci e ora sono qui. Oggi esercito la mia professione di biologa e nutrizionista ma questo non significa che sia stato facile. Sono stata in carrozzina per tanto tempo e mi sono sottoposta a diversi interventi, l’ultimo due anni fa. Eppure per me va bene così, perché la vita per me è un dono”.
“Quello che dico ai politici è di ascoltare la testimonianza di quelli come me che ce l’hanno fatta e soprattutto di dare dignità al malato, costruendo delle strutture con delle persone preparate ad accompagnare il malato senza farlo sentire solo. Perché probabilmente è proprio questa solitudine a causare quella depressione che porta alla voglia di morire”, dice Sara.
Malattia, solitudine, depressione. Sono i tre veri mali che per Sara hanno portato Dj Fabo a quella tragica conclusione, anche se, rivolgendo il proprio pensiero a chi come Marco Cappato l’ha accompagnato in Svizzera a sottoporsi all’eutanasia, afferma: “è agghiacciante accompagnare le persone a morire”.
@Piccinin Daniele