“Non mi sono fatto mancare nulla in questi anni, tromboflebiti, parecchi anni fa pure un linfoma, che con una chemio e mezza purtroppo è guarito”. Mauro Spinello, 51 anni, è uno dei 108mila italiani afflitti da sclerosi multipla, una malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Una patologia che può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e colpisce le donne in numero doppio rispetto agli uomini. Una malattia complessa e imprevedibile, che non riduce l’aspettativa di vita ma che rende molto difficile andare avanti, specie in un Paese come l’Italia dove le barriere culturali e quelle fisiche impediscono una piena inclusione delle persone diversamente abili.
La lettera
In una lettera pubblicata sul sito dell’associazione Luca Coscioni, Mauro racconta la sua vita stravolta all’età di 35 anni quando la sclerosi multipla ha iniziato ad impadronirsi del suo corpo. “Dal 2001 muovo solo la testa e riesco a scrivere al pc grazie a un programma fortunatamente gratuito. Questa malattia maledetta si è presa pure la voce, non bastava l’umiliazione di dipendere per tutto dagli altri, è da una settimana che sono in una casa di cura, scelta data dal mio costante ma inesorabile peggioramento”. Mauro è disfagico, mangia solo alimenti frullati, beve solo con addensante, le pastiglie le prende tritate. Le sue parole sono una testimonianza chiara e lucida, una delle tante che la politica ha il dovere di ascoltare per arrivare quanto prima ad una legge sul Fine Vita che garantisca equilibrio e rispetto del principio dell’autodeterminazione ma anche quello del cosiddetto favor vitae.
“Sono anni che ho smesso di fare controlli medici tanto la risposta era sempre la stessa: non abbiamo nessuna cura, continuiamo con le stesse pastiglie”. Frustrante, scrive Mauro, che con grande dignità afferma di non farcela più, di voler chiudere con questo inferno. Per uno strano scherzo del destino Mauro vive a Verbania, a pochi chilometri dalla Svizzera, dove qualche settimana fa dj Fabo è andato a morire accompagnato dal leader dei radicali, Marco Cappato. “Ammetto che se avessi le possibilità finanziarie farei come ha fatto Fabo, ma sono costretto qui. Quello che mi preoccupa di più è che io oggi come oggi sono lucido e in grado di intendere e volere, ma quando arriverà il momento, e non voglio assolutamente continuare a vivere come il povero Fabo, che succederà?”.
Una domanda lecita, da rigirare a coloro i quali, a partire dalla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa per le festività pasquali, si troveranno a decidere se dotare, dopo venti anni di dibattito a vuoto, il nostro Paese di una legislazione sul Fine Vita. “Vi devo ringraziare per l’impegno che mettete per poter far riconoscere il diritto al fine vita e il riconoscimento legale del testamento biologico anche se secondo me in Italia non riuscirete mai a farlo riconoscere, ma la speranza è l’ultima a morire – scrive Mauro che poi chiude con una stoccata ai politici – siamo comandati da un branco di politici bacchettoni e gonfiati di soldi delle case farmaceutiche che si arricchiscono sulle nostre disgrazie”.
Parole ruvide, scritte senza mani, ma attraverso un programma informatico in grado di tradurre in lettere i gesti del volto. Parole che la politica ha il dovere di ascoltare, per rispetto a Mauro e alle tantissime persone che vivono la sua condizione e attendono tra sofferenze e difficoltà una legge che consenta loro di decidere in libertà il destino della propria vita.
@Daniele Piccinin