“Con questa legge convincere a morire i tantissimi malati di Alzheimer, i disabili gravi e gravissimi che si sentono soli o pensano di essere di peso alla loro famiglia, sarà sempre più facile”. A dirlo è la deputata Udc, Paola Binetti, in un’intervista a Ofcs Report.
Dopo nove anni d’attesa il Parlamento finalmente batte un colpo sul tema del Fine Vita. Come giudica il testo approvato a Montecitorio?
“Giudico il testo ambiguo in molti, troppi passaggi, per cui se da un lato spero che il Senato possa intervenire positivamente per modificare alcuni punti chiave, dall’altro mi auguro che la legge inneschi un’intensa e profonda riflessione da parte di tutti sul senso della propria vita e della propria morte, sul senso del dolore e dell’umana solidarietà. Trovarsi alle prese con un grave incidente mentre si va in bici, in moto o in macchina, sperimentare una disabilità acquisita destinata a durare tutta la vita, non sarà mai facile per nessuno. Le conseguenze di scelte, fatte magari in modo inconsapevole, sono molto difficili da accettare in determinate occasioni. Non a caso Dj Fabo prima di morire ha raccomandato ai suoi amici di allacciare le cinture di sicurezza. Forse la legge nel suo complesso potrebbe stimolare, oltre ad una concreta riflessione sul senso della vita e della morte, anche una maggiore prudenza in determinati comportamenti”.
In Aula il disegno di legge ha ottenuto due importanti modifiche. Partiamo dal pieno riconoscimento del diritto del paziente a rinunciare a nutrizione e idratazione. Perché lei è contraria?
“Anche quando assumono una forma particolarmente complessa, non sono mai trattamenti uguali a tutti gli altri. Senza nutrirsi e senza idratarsi si può vivere solo per una manciata di ore. L’uomo ha bisogno di bere e di mangiare per vivere e sopravvivere, anche se è sano. Sospenderle senza nessun’altra precisazione equivale ad esprimere con tutta evidenza una volontà di morte: il desiderio di farla finita, perché la vita sembra non riflettere nessun’altra aspettativa positiva. Assecondare quest’intenzione del malato significa rendersi complici della sua morte, che diverrebbe inevitabilmente una forma di suicidio assistito. Cito il caso più famoso degli ultimi anni: Eluana Englaro, vissuta oltre 17 anni in stato di minima coscienza, presso le suore misericordine di Lecco che se ne prendevano cura, è morta in tre giorni, dopo il trasferimento ad Udine, dove vennero sospese nutrizione e idratazione”.
L’altra novità è la possibilità per il medico di non “staccare la spina” appellandosi all’obiezione di coscienza. Un’opzione che secondo alcuni è frutto di una mediazione politica tra il Pd e l’area cattolica della maggioranza. Cosa ne pensa?
“Il diritto ad agire in scienza e coscienza è un diritto di rango costituzionale che nessuno può togliere ad un’altra persona. Per il medico l’agire in scienza e coscienza ha sempre rappresentato il principale imperativo della morale. Ovviamente lo si può condizionare in mille modi diversi per spingerlo ad agire in difformità con la sua coscienza. E a questo punto entrerà in gioco la sia coerenza, il suo coraggio, la sua capacità di correre dei rischi pur di rispettare la sua coscienza. Il comma 7 dell’articolo 1, proprio su questo punto, è un capolavoro di ipocrisia. Evidentemente il legislatore ha previsto che tra le cose che il paziente può chiedere al medico ci possa essere anche qualcosa che coinvolga la responsabilità civile e penale, e per questo lo assolve in anticipo; basta che abbia assecondato la volontà del paziente. Il legislatore ha ben chiaro che dalla sospensione dei trattamenti, compresa la nutrizione o idratazione e i farmaci salva-vita, può derivare la morte del paziente e offre in anticipo al medico la certezza che comunque vadano le cose, ciò che davvero importa è fare la volontà del paziente e non altro”.
biologico
In Italia quando si parla di temi etici la politica sembra essere alle prese con una sindrome da Peter Pan. In molti paesi non solo europei però il testamento biologico esiste da anni. Perché ci sono voluti dieci anni da noi per fare una legge?
“Non mi sembra che la politica italiana si sottragga alla fatica dell’analisi e dell’approfondimento, della valutazione delle alternative ad una qualche decisione e delle conseguenze che ne derivano. C’è piuttosto un forte desiderio di sviscerare le questioni, anche se alla fine, come in ogni democrazia, la logica dominante è quella dei numeri e non sempre una valutazione rigorosa del rapporto tra principi e valori, o anche tra costi e benefici. In questo caso l’asse Pd-M5S era schiacciante e avrebbero potuto votare qualsiasi cosa avessero voluto. Come lei stesso ha fatto notare i miglioramenti della legge sono tutti da ascrivere ad una opposizione tutt’altro che ostruzionistica dell’area cattolica del Parlamento”.
Negli ultimi mesi i casi Dj Fabo e Davide Trentini hanno avuto grande risalto sui media. Crede che questo abbia condizionato il dibattito?
“Ha certamente condizionato una larga parte dell’opinione pubblica schierata dal lato della sofferenza personale dei due protagonisti, ma che non si è affatto chiesta cosa potrebbe accadere ai tantissimi malati di Alzheimer, a disabili gravi e gravissimi che si sentono soli o pensano di essere di peso alla loro famiglia. Convincerli a morire sarà sempre più facile, per alleggerire il costo della società sia sul piano affettivo dell’assistenza familiare che su quello economico-istituzionale. Aiutarli a vivere richiede più generosità, più dedizione, più energie fisiche e morali, economiche e organizzative: basterebbe questo fatto a far riflettere su dove e come meglio si esprime l’amore e l’attenzione per loro”.
Cosa si sente di dire a Mina Welby e a Marco Cappato che hanno accompagnato Fabo e Davide a morire in Svizzera?
“Francamente non ho nulla da dire se non che mi sarebbe piaciuto vederli passare molto più tempo accanto a loro mentre erano vivi, ad assisterli, a battersi per la ricerca nel campo delle patologie neurodegenerative, a lottare per LEA sempre più dignitosi. È più facile far morire una persona, con una decisione definitiva ed irrevocabile, che aiutarla ad affrontare di giorno in giorno la sua vita cercando di aiutarlo a risolvere i suoi problemi piccoli e grandi”.
La Camera ha bocciato la richiesta delle cliniche cattoliche convenzionate con il sistema sanitario nazionale di poter essere “esentate” dal rispetto delle Dat. Perché la volontà del paziente non deve essere rispettata anche in queste cliniche?
“L’articolo 1, comma 10, non parla affatto di cliniche cattoliche convenzionate ma di ogni struttura sanitaria pubblica o privata, cattolica o non cattolica, convenzionata o non convenzionata. Il problema è se tutto il mondo deve girare intorno all’unica volontà del paziente, una volontà di morte in questo caso, o se per caso ci sono anche altre volontà che vanno rispettate e meritano la giusta e necessaria attenzione: medici, infermieri, personale amministrativo, cittadini che hanno sostenuto queste cliniche con offerte a volte minime, ma sempre con la ferma volontà di assicurare le migliori cure possibili anche agli indigenti. Un malato avrebbe potuto scegliere un’altra struttura dove di fatto il suo punto di vista avrebbe trovato la giusta attenzione e sarebbe potuto morire così come preferiva, senza per questo vincolare strutture che hanno la mission specifica di curare il malato stabilendo con lui una relazione positiva di collaborazione”.
Il mondo cattolico parla di deriva eutanasica. Questa legge cosa ha in comune con quella Svizzera?
“In Svizzera l’eutanasia attualmente non è affatto legale, è solo ampiamente tollerata per le ragioni più diverse, che lascio alla sua immaginazione. La Svizzera rappresenta addirittura un caso eccezionale per quanto concerne l’aiuto al suicidio: la diffusione di questa forma di eutanasia, che corrisponde in Svizzera al 4% dei casi totali, è legata alla presenza di organizzazioni, come Exit e Dignitas, attive nell’assistere i malati terminali. La Svizzera figura in prima posizione anche per quanto concerne l’eutanasia passiva (interruzione delle terapie destinate a prolungare la vita, ndr), mentre rientra invece nella media per quanto riguarda i casi di eutanasia attiva. Non so cosa avrà in comune con la nostra legge, la legge che voteranno in Svizzera. La nostra come già detto spero venga modificata in Senato in modo da poter rappresentare davvero un punto di riferimento, come è accaduto con la legge 38 del 2010, quella sulle cure palliative, da tutti considerata la migliore legge in materia”.
Al Senato la maggioranza è molto risicata. C’è chi sostiene che Renzi potrebbe approfittare proprio del Biotestamento per staccare la spina al governo Gentiloni. Pensa che la sinistra è pronta ad arrivare fino in fondo?
“Non so cosa pensi di fare la sinistra, personalmente mi auguro che la legislatura arrivi al suo termine naturale: non amo né l’eutanasia dei partiti né quella dei governi. Stiamo cercando di organizzare un nuovo soggetto politico alternativo sia al Pd che al M5S e abbiamo bisogno di un po’ di tempo per mostrare ai cittadini i disastri fatto dagli uni e dagli altri”.
@PiccininDaniele