Storia di un foreign fighter italiano rimasto sei anni in Siria, nelle fila di Jabhat Al Nusra. Quattro figli di cui 3 nati a Idlib, ricettacolo di numerosi combattenti stranieri anche italiani. Poi la decisione di consegnarsi alle autorità italiane, per salvarsi e salvare la propria famiglia. Perché in guerra non c’è scelta tra vivere e morire. È la storia di Stefano Costantini, foreign fighter italiano, andato a combattere laddove i terroristi dell’Isis per anni hanno seminato il terrore e recato solo distruzione. Ora è accusato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, arruolamento, apologia del terrorismo e istigazione a commettere crimini aventi tali finalità.
Martedì 19 gennaio 2021, è stato arrestato dalla polizia di Stato su mandato della Procura de L’Aquila e condotto in Italia, dove adesso si trova in detenzione in attesa del processo. L’operazione, spiegano gli inquirenti, è stata “caratterizzata da una ininterrotta attività di persuasione nei confronti del foreign fighter affinché si consegnasse alle autorità italiane”.
Costantini, ora 24enne, fa parte di quei 146 foreign fighter italiani indottrinati alla Jihad che hanno scelto di andare in Siria durante l’occupazione dello Stato islamico. Il suo percorso verso il jihad è iniziato quando, non ancora 18enne, si è convertito all’Islam e subito si è radicalizzato. L’anno successivo, nel 2014, dopo aver sposato una donna tedesca di origini turche, ha lasciato la Svizzera dove viveva e si è diretto verso il fronte siriano per militare nel gruppo Jabhat Al Nusra, il ramo siriano di Al Qaeda.
Il padre, di origini abruzzesi ma residente anche lui in Svizzera, ha segnalato la partenza del figlio alla polizia. Le indagini sono partite a settembre 2014, quando già il giovane era già in Siria. Di lì a poco anche la moglie lo ha raggiunto. E in quell’inferno di violenza e terrore, hanno vissuto per anni. Qui sono nati anche 3 dei figli della coppia.
Ma quando l’Isis è stata sconfitta militarmente e Jabhat al Nusra ha anch’essa subito un deciso ridimensionamento (la zona di Idlib è demilitarizzata dal 2018), le condizioni di combattenti e miliziani rimasti si sono complicate.
La presenza di Costantini a Idlib è stata rilevata da agenti dell’Aise. Da qui è partita la collaborazione degli investigatori italiani anche con la polizia svizzera e turca riuscendo “ad acquisire importanti riscontri dell’effettivo coinvolgimento del soggetto nei combattimenti sul territorio siriano contro le truppe del presidente Assad” e “riguardo alla sua costante presenza nell’area, al confine tra la Siria e la Turchia, controllata dai gruppi di Jabhat Al Nusra”. Ma, spiegano gli investigatori, “l’operazione, essenzialmente di polizia giudiziaria, ha assunto nei mesi successivi anche una rilevanza di carattere umanitario avendo consentito la messa in sicurezza della nucleo familiare del terrorista, in vista del loro rientro in Turchia, composto dalla moglie tedesca di origini turche e di quattro figli minori (di 10, 5, 4 e 2 anni) di cui gli ultimi tre nati in Siria ma a tutti gli effetti cittadini italiani”. La moglie ha scelto di rimanere in Turchia, mentre Costantini è stato arrestato e condotto in Italia. Martedì mattina, all’aeroporto di Hatay in Turchia, i poliziotti turchi hanno consegnato a quelli italiani il foreign fighter di origini abruzzesi che, una volta terminate le procedure di rito, è stato imbarcato su un volo di Stato diretto all’Aeroporto d’Abruzzo di Pescara dove è atterrato in serata.