Una intelligence europea al momento non è possibile, ma una cooperazione più stretta tra le polizie degli Stati dell’Unione europea e tra intelligence e law enforcement, è auspicabile per combattere il terrorismo. Oggi, infatti, la necessità è la condivisione delle informazioni. Un tema che è diventato scottante da quando l’Europa è finita nel mirino di terribili e molteplici attacchi terroristici. E adesso, dopo la sconfitta dell’Isis tra Siria e Iraq, il rischio è anche quello dei foreign fighters di rientro in Europa.
E proprio la lotta al terrorismo è stato l’argomento principale della seconda riunione dei capi delle Polizie degli Stati dell’Unione europea dell’area del Mediterraneo-Ermes (European Relationship for Mediterranean Security) che si è svolta questa mattina a Roma, presso la Scuola superiore di Polizia. Presenti, oltre al capo della nostra Polizia Franco Gabrielli, i vertici delle Polizie di Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Malta, Portogallo, Slovenia e Spagna.
Un focus dedicato appunto alla condivisione delle informazioni che l’Italia ha già sperimentato con il Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo. Un tavolo permanente tra polizia giudiziaria e servizi di intelligence, deputato alla valutazione delle minacce terroristiche e all’adozione delle conseguenti risposte operative a supporto delle attività del ministero dell’Interno.
Intelligence europea
L’incontro arriva dopo quello del giugno scorso svoltosi a Lampedusa, durante il quale si era discusso di immigrazione. Questa volta, però, sul tavolo del confronto è stata posta la necessità di uno scambio di informazioni che è alla base delle indagini sul terrorismo internazionale, soprattutto quello di matrice islamista. Ma la tanto evocata intelligence europea è un progetto al momento inattuabile. Lo stesso Gabrielli ha chiarito il punto spiegando che “tutte le volte che in Europa avviene un attentato, quasi come un refrain, si evoca la costituzione di un’intelligence europea. Gli addetti ai lavori sanno che finché non ci sarà una effettiva costituzione di Stati uniti d’Europa, la costituzione di un’unica intelligence é una contraddizione in termini”. Lo sforzo, invece, deve essere quello di creare un sistema di “reti di reti”, ha aggiunto Gabrielli. Cioè “sviluppare, all’interno di ogni singolo Paese, un sistema di effettiva osmosi di informazione tra il law enforcement e l’intelligence, che a sua volta poi diventa rete con tutti gli altri paesi della Ue”.
Nel corso dei meeting tra i vertici della Polizia dei 9 Paesi Ue che si affacciano sul Mediterraneo (o che hanno storicamente interessi nel Mediterraneo, come il Portogallo), si sono condivise le esperienze nazionali e sono stati illustrati i meccanismi che ogni Paese predispone per la valutazione delle minacce terroristiche e l’adozione delle conseguenti risposte operative.
Dichiarazione di intenti
Alla fine i lavori si sono chiusi con un documento che sancisce l’adozione di una collaborazione strategica intesa a delineare i principi e le linee guida che potranno costituire una comune azione di contrasto alle minacce terroristiche.
Nel documento i capi delle polizie hanno quindi convenuto di
- assicurare il massimo impegno per perseguire forme sempre più efficaci di osmosi informativa tra tutti i comparti interessati alla lotta al terrorismo, nella prospettiva che il valore dell’informazione non risiede nella proprietà del dato ma nella sua condivisione;
- contribuire a dare maggiore impulso, in linea con il dibattito in corso nei principali tavoli dell’Ue, all’individuazione di un percorso che possa condurre ad una effettiva interazione tra intelligence e law enforcement a livello europeo;
- promuovere, nel dialogo con i Paesi terzi, la cultura dell’information sharing come elemento chiave dell’azione di prevenzione e contrasto al terrorismo.