Nel luglio del 2015 il mondo ha potuto assistere ad una scena agghiacciante, semmai tale aggettivazione potesse bastare a descrivere il video che immortala un bambino, di età inferiore ai 12 anni, ripreso mentre decapita un ufficiale dell’esercito siriano. L’esecuzione del militare è avvenuta nella provincia siriana di Homs, all’epoca sotto il pieno controllato dell’Isis, successivamente alla cattura del soldato nei pressi di un check-point dei miliziani del Califfato, operativo nella zona di al-Bosayri.
Soprattutto nell’ultimo periodo della sua sciagurata esistenza, il Daesh è sempre più ricorso all’utilizzo in chiave mediatica di quelli che sono stati soprannominati i “Cubes of the Caliphate”, i cuccioli del Califfato. Il trend non è limitato ai territori già in mano agli jihadisti.
Insegnante inglese mostra ai suoi studenti video di propaganda Isis
Alcuni giorni fa in Gran Bretagna un insegnante, accusato di aver pianificato attacchi terroristici, ha ammesso, in Tribunale, di aver mostrato ai suoi studenti alcuni video di propaganda dello Stato islamico, adducendo la ragione di voler fornire una visione realistica del Daesh. Durante la sua audizione, nel corso del processo a carico di una cellula composta da quattro persone, tra cui il maestro Umar Haque, 25enne di origine pakistana accusato in concorso con gli altri tre di avere pianificato attacchi nel Regno Unito, avrebbe dichiarato di avere fatto visionare un video dello Stato islamico agli studenti su loro richiesta.
Il procuratore Mark Heywood, nel corso del dibattimento, ha sottolineato che Haque aveva intenzione di effettuare attacchi in Gran Bretagna sulla scorta dell’ideologia jihadista promulgata dall’Isis e, per fare questo, non aveva esitato a indottrinare a scopo reclutativo anche adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 14 anni.
I “cuccioli” di ritorno in Germania
Il 30 gennaio scorso, Heiko Maassen, direttore dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione in Germania, durante un’intervista concessa alla Reuters, ha riferito che i funzionari della sicurezza si stavano preparando per il ritorno dei combattenti dello Stato islamico in Germania insieme a bambini potenzialmente “sottoposti al lavaggio del cervello”. E’ stato valutato che siano circa 1.000 i seguaci dell’Isis che hanno lasciato la Germania per unirsi ai miliziani in Medio Oriente e, a seguito del crollo del Califfato, starebbero ritornando nel Paese di origine insieme ai membri della propria famiglia, tra i quali circa 290 bambini già rientrati e un numero sconosciuto dei quali non si conosce la sorte. Maassen ha aggiunto di ritenere plausibile una revisione delle leggi che limitano la sorveglianza sui minori di età inferiore ai 14 anni, cautelandosi dal rischio di attacchi condotti da bambini cresciuti e educati nelle scuole dell’Isis. Il lavaggio del cervello al quale sarebbero stati sottoposti i minori li avrebbe indottrinati all’uso delle armi, al combattimento e a torturare e uccidere i prigionieri. “Dobbiamo considerare che questi bambini potrebbero essere bombe a tempo”, ha aggiunto Maassen, sottolineando il rischio di attacchi perpetrati da minori “in missione”. Il fenomeno della radicalizzazione in Germania non è stato sottovalutato, anche in considerazione del tentativo di attentato al mercato natalizio di Ludwigshafen nel dicembre 2016 da parte di un dodicenne di origine irachena, attualmente detenuto.
Lo studio
Uno studio presentato alla fine del 2017 dal Centre Soufan, stima in più di 2.000 i bambini cresciuti e indottrinati nei confini del Califfato. Tra questi circa 460 sarebbero quelli di origini francesi, 350 russi, 118 belgi, 81 bosniaci, 90 olandesi, ma le cifre sono approssimative e ricavate in base ai dati su partenze e relativi rientri dei miliziani.
Proprio il rientro dei miliziani è significativamente legato alla crescita della minaccia terroristica in tutto il mondo. Si calcola che siano circa 6000 quelli ritornati nei Paesi di origine, ma il numero è calcolato per difetto. E’ noto che i combattenti “di rientro” tendano a nascondersi sia per sfuggire alle maglie della sicurezza, sia anche per riorganizzarsi e prepararsi a colpire, e tra questi, non si esclude la presenza di adolescenti rientrati in Occidente mischiati alle masse di clandestini che premono ai confini europei.
Il problema primario che si pone è proprio quello relativo all’individuazione dei minori ”indottrinati” di ritorno dal Medio Oriente e dalla successiva rieducazione alla quale dovranno essere sottoposti fornendo loro la speranza di un positivo reinserimento nella società.